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Savant
Jøn Mirko
2018  (Lupieditore)
LIBRI E ALTRE STORIE
all THE BOOKSTORE
20/09/2018
Jøn Mirko
Savant
Un caleidoscopio giallo ricco di sfumature...

Parliamo di un giallo. Parliamo di un thriller. Parliamo di un romanzo esteso, lungo, per lunghi tratti infinito. Parliamo della dedizione ai particolari, anche quelli cruenti. Però parliamo anche dell’aria che si apre e quasi si sospende quando la rincorsa contro il tempo si permette un attimo di pausa. E incontreremo la morte e non solo dei cattivi, incontreremo la soluzione e non solo quella meno scontata, incontreremo la violenza e non solo quella didascalica. Questo libro si intitola “Savant” e come autore leggo Jøn Mirko. Che poi ho scoperto, addentrandomi in questo giallo, giallo anch’esso, che le mani sono 4: Giovanni Angelo Jonvalli: fotografo, informatico. Mirco Filistrucchi: paroliere, autore. Amici. Ma forse anche colleghi di “crimine” e di “reati”, colleghi di fantasia e di indagini, colleghi di penna, quello sicuramente. Jøn Mirko, lo pseudonimo, pubblica un romanzo dal taglio assai cinematografico, dalle visioni che a tratti disturbano e che incollano in una lettura che arriverà a sciogliere ogni dubbio… forse…

Parlare di un giallo non è mai facile perché ovviamente devi sempre restare sul vago, in superficie. Mai allontanarsi onde evitare di svelare l’arcano. E quindi vorrei iniziare parlando proprio di estetica di un giallo. Questo “Savant” ha una trama fitta e articolata. Secondo voi dunque rendere il racconto assai esteso e intriso di colpi di scena favorisce l’efficacia del mistero e del fascino della risoluzione? O addirittura possiamo dire che risulta necessario avere un approccio simile per la buona riuscita di un thriller?

Non sono sicuro che esista una ricetta ma, personalmente, amo i libri che ti rapiscono, che pagina dopo pagina ti obbligano a rimandare il sonno e finire il capitolo, ed è quello che abbiamo cercato di realizzare con Savant. Questo è un libro che vive anche di personaggi e a tutti e ciascuno abbiamo cercato di restituire dignità e profondità. Non so se si possa definire necessario, ma è ciò che ci piace trovare quando leggiamo. Ogni autore scrive il libro che vorrebbe leggere, sperando che fuori esista un pubblico che condivide i suoi stessi gusti.

Sempre interessante la scrittura a 4 mani. Inevitabile chiedersi: chi ha deciso cosa?

Il nostro metodo di lavoro rende difficile rispondere perché, al di là del plot nudo e crudo in cui è facile ricondurre la paternità di una idea all’uno o all’altro, durante la stesura ci concediamo spesso delle licenze dalla trama condivisa, sorprendendoci l'un l’altro con invenzioni e deviazioni che poi vengono discusse, a volte ri-editate dall’altro e infine condivise. Potrei dire ad esempio che il carattere di uno dei protagonisti è completamente cambiato dal plot iniziale alla stesura, semplicemente perché il personaggio, ci siamo resi conto, aveva una voce diversa e ci chiedeva altro. In casi come questi, l’unica scelta è assecondare la storia.

Sarei molto curioso di capire la dinamica del finale. Ma ovviamente non possiamo farlo. Di certo, restando sempre in un efficace “vedo non vedo”, vi chiedo: da dove nasce il bisogno o l’idea di un savant?

Quando abbiamo cominciato a scrivere questo libro eravamo affascinati dall’idea di una trilogia che affrontasse, sotto le spoglie del genere, alcuni temi fondamentali, come la natura di Dio, la teologia del denaro e la natura della realtà. Affrontando il primo tema ci siamo agganciati alla teoria del punto Omega per costruire un antagonista che fosse allo stesso tempo affascinante e ripugnante, un protagonista che, per le caratteristiche richieste, doveva per forza essere un superuomo. Il Savant, o meglio, questo particolare Savant, ci è sembrata l'unica scelta possibile senza imboccare la strada del sovrannaturale.

E ancora: secondo voi esiste sempre una qualche forma di genialità dietro ai grandi crimini che la storia ci insegna? Per questo l’avete ricercata anche voi in questo romanzo?

Dietro ai grandi crimini c’è sempre, credo, una tara mentale che rende incapace di percepire la realtà umana dell’altro da sé ed è molto raro che a questa si associ una intelligenza ad alta funzionalità. Ci sono eccezioni, come Goebbels ad esempio, che ha teorizzato tutta la comunicazione moderna, anche se lo ha fatto al servizio di una ideologia genocida come quella nazista, o come Ted Bundy, che è sempre stato descritto come un uomo brillante. Ma nella maggioranza dei casi, se si vanno a leggere le imprese descritte nei trattati di criminologia, a prevalere è la demenza di individui come Jeffrey Dahmer. Ma in un romanzo il “male" ha sempre una funzione archetipica e catartica, per cui è necessario riconoscergli almeno la stessa dignità e intelligenza che attribuiamo al “bene”.

Un altro aspetto interessante che spesso ricorre è la geografia. Mai (o meglio dire raramente) gli eventi sono localizzati in zone circoscritte. Anche in questo romanzo scoprire la necessità di spostarci altrove, assai distanti dal punto di partenza. Questo secondo voi che ingrediente è? Per voi è stata una necessità o una semplice scelta di gusto?

Il protagonista, Hank, è un uomo senza radici, è cresciuto seguendo il padre nei suoi spostamenti e non ha legami familiari. Il viaggio che compie nel libro è molteplice: c’è un percorso da una condizione di salute ad un’altra e quindi un’altra ancora, un percorso sociale fuori e dentro alle istituzioni che rappresenta, un percorso umano alla ricerca di sé e del significato della propria vita e infine un percorso verso una dimensione affettiva. Ci è sembrato che dare a questo viaggio anche una dimensione fisica, di distanze da percorrere, fosse necessario e arricchisse il lettore di una geografia a cui associare i vari momenti.

E poi il tempo. Scopriremo con questo romanzo che il tempo sarà una componente determinante. Il futuro quanto il passato…

Il tempo è sostanzialmente un punto di vista e la ricerca scientifica ci sorprende ogni giorno con nuove teorie su cosa sia davvero. Alcuni esperimenti di fisica quantistica sembrano suggerire che sia il futuro a determinare il passato e non il contrario. Ci sono persino ipotesi, come quella teleologica, che fanno perdere ogni significato a tali definizioni. Tutto ciò è affascinante, ed è divertente usare il genere per affrontare argomenti come questi.

Chiudiamo con uno sguardo d’insieme a questo vostro primo romanzo. Pro e contro della scrittura condivisa? Certamente la lettura per quanto impegnativa si fa afferrare e si lascia gustare. Continuerete su questa strada?

Stiamo completando il nostro secondo romanzo, ancora una volta un giallo, e un terzo è in lavorazione: uno dei pregi più grandi della scrittura condivisa è quello di avere sempre di fronte il proprio lettore di riferimento, il che aiuta a non perdere troppo di obiettività. È anche uno stimolo perché dal confronto nascono continuamente nuove idee e nuove storie che, a volte, chiedono di essere raccontate. Al momento abbiamo materiale per una decina di romanzi, oltre a un paio di soggetti: l’obiettivo è di vederli tutti trovare la propria strada: speriamo che il tempo, nella sua inafferrabilità, ci sia amico.