Originari della Luisiana, da oltre 30 anni, i Crowbar rappresentano una vera e propria istituzione del metal, che si è incarnata, fin dagli esordi, nella figura di culto del frontman, chitarrista e cantante, Kirk Windstein, un uomo che ha contribuito a ridefinire il genere sludge/doom, creando un percorso che è stato d’esempio per molti giovani band. Attraverso i decenni e la pubblicazione di undici album, Windstein e i suoi compagni di brigata hanno rilasciato alcuni classici del genere (su tutti, "Time Heals Nothing" e "Planets Collide") plasmando un suono potente, monolitico, sferzato da riff iconici, linfa vitale per lo stato di salute del suono sludge.
Sempre fedeli a loro stessi e inaccessibili alle mode del momento, i Crowbar tornano oggi con un nuovo disco, Zero And Below, che non sposta di una sola virgola i termini di una proposta musicale immodificabile nel tempo. Il che, tutto sommato, è quello che i fan si aspettano, visto che gli ingranaggi della macchina continuano a essere perfettamente oliati: non servono aggiustamenti o novità, cure o ritocchi, dal momento che la formula continua a funzionare maledettamente bene.
L'opener "The Fear That Binds You" impiega pochi secondi a mettere le cose in chiaro, trainata dai muscoli delle chitarre di Windstein e Matthew Brunson, che colpiscono duro con riff contundenti e un sovrastante senso di urgenza.
Una potenza sprigionata ad altezza uomo, che pervade molti momenti di Zero and Below: "Chemical Godz" e "Her Evil is Sacred" ti prendono a pugni in faccia, lentamente, con metodo, mentre "Bleeding From Every Hole" è devastante come un’armata hardcore che non fa prigionieri. Ma questa non è l'unica velocità di marcia dei Crowbar, perché nel disco ci sono anche momenti di grande atmosfera, come “Denial of the Truth”, costruita su uno splendido riff di basso del nuovo arrivato, Shane Wesley, e come la title track, posta a fine scaletta, che è una delle chiusure più cupe che Windstein abbia registrato fino ad oggi.
Il pregio di questa musica, è però anche il suo limite, e sebbene non ci siano brutte canzoni in Zero and Below, non c'è nemmeno uno scarto, un tentativo di variazione sul tema che differenzi la scaletta da quanto abbiamo già ascoltato nel corso dei decenni. Un suono famigliare, certo, ma anche strutturalmente monocorde, che finisce per avvolgere il disco da un senso anestetizzante di deja vu. Il tema è proprio questo: da un lato, desiderare qualche cambiamento, per vedere che effetto fa uscire dal solco profondo tracciato dalla band in trent’anni di attività, dall’altro, la consapevolezza che la formula dei Crowbar funziona benissimo così com’è e che basta una lucidatina alla carrozzeria perché l’aura della band continui a brillare di luce propria. Sono pronto a commetterci che è questo ciò che davvero conta per i fan di lunga data della band, i quali ritroveranno in Zero And Below tutto quello che hanno sempre amato.