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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
28/08/2024
Live Report
Yves Tumor, 27/08/2024, Castello Sforzesco, Milano
Sean Bowie, l’uomo che sul palcoscenico veste i panni di Yves Tumor, si è esibito al Castello Sforzesco di Milano nell'ambito della programmazione estiva. Al netto di qualche piccolo dettaglio, un live piacevole, con la band che è stata perfettamente in grado di riprodurre le atmosfere bizzarre e a tratti malsane degli ultimi due dischi.

È da un po’ di anni che si dice che Sean Bowie, l’uomo che sul palcoscenico veste i panni di Yves Tumor, viva a Torino. Non mi sono mai preoccupato di indagare più a fondo (non che mi interessi particolarmente, in realtà) anche se ricordo di averlo visto per la prima volta proprio al Club To Club, quando Safe in the Hands of Love era appena uscito e lui si esibiva ancora da solo, con un semplice laptop contenente le basi strumentali. Di sicuro c’è che, a meno di sviste da parte mia, a Milano non aveva mai suonato prima d’ora.

Il Castello Sforzesco è apparentemente la location meno adatta ad ospitare una proposta del genere, specie se si guarda la programmazione che ogni anno viene imbastita qui nel periodo estivo. Allo stesso modo, stupisce vedere come l’affluenza sia più che discreta e che l’età media dei presenti sia piuttosto bassa.

D’altronde, Yves Tumor si è progressivamente spostato dalle sonorità Electro e Vapor Wave degli esordi, verso un eclettismo che fonde la Black Music con il Glam ed il Rock tradizionale, mantenendo bene intatta la componente Urban, e mescolando tutto in maniera fluida, con una totale assenza di confini e paletti, in quella che appare in tutto e per tutto una sperimentazione continua. Originalità, senza dubbio, se è lecito utilizzare ancora questa parola nel 2024, ma anche una buona dose di immediatezza Pop, cosa che ha senza dubbio giocato il suo ruolo nell’aumentare la fan base.

 

Sia come sia, Praise a Lord Who Chews but Which Does Not Consume; (Or Simply, Hot Between Worlds), il suo quinto lavoro, ha portato ulteriormente avanti quella trasformazione iniziata con il pur ottimo Heaven to a Tortured Mind ed ha senza dubbio incrementato il valore della scrittura, contribuendo a consolidare la fama dell’artista originario di Miami, ormai una vera certezza all’interno della scena musicale contemporanea.

Alle 22, dopo un’attesa più pesante del solito, causa assenza di un opening act, le luci si spengono e parte una scurissima ed ossessiva intro elettronica che va avanti per parecchi minuti, mentre il palco si riempie di fumogeni. Poi sale sul palco il chitarrista Maro Chon, ultimo entrato nella backing band di Sean, che si accosta all’amplificatore e comincia a lavorare di feedback e rumori, prima di essere raggiunto dagli altri due (per la cronaca, il batterista Rhys Hastings e il chitarrista e tastierista Yves Rothman).

Sean Bowie arriva per ultimo, un taglio di capelli inedito e un face painting bianco a stravolgerne completamente la figura. Si parte con “God is a Circle”, brano di apertura dell’ultimo disco, ed è subito chiaro che non tutto funziona. I volumi sono bassissimi (il solito problema dei concerti estivi a Milano) ma anche la voce non esce benissimo, a volte eccessivamente debole e quasi forzata, quasi coperta dagli overdub.

Questo è poi un altro problema, ovvero la massiccia presenza di tracce preregistrate (voci e parti di tastiera soprattutto) che vanno a rinforzare quelle suonate dal vivo. Vero che ad andare in giro in cinque costerebbe di più, vero che nel suo mondo di provenienza (e ormai non solo in quello) si tratta anche di una scelta artistica e che io sono un vecchio che non riesce ad abituarsi ad altri modi di intendere il live. Dite quel che volete, ma io, che pure avevo già visto questa band in azione più di una volta, l’ho trovato davvero fastidioso. È un problema che diventa poi particolarmente grave nel momento in cui vengono eseguiti brani che contengono il featuring di altri artisti: “Lovely Sewer” vede infatti la base con la parte vocale di Kida uscire dagli speaker e questo mi è sembrato inficiasse non poco la qualità della performance.

 

Al di là di questo, è Yves Tumor stesso ad apparire stanco e fuori forma. Non saprei dire se i colpi di tosse tra un pezzo e l’altro fossero un artificio scenico (se sei raffreddato e devi tossire, normalmente non lo fai nel microfono) ma di sicuro in altre occasioni l’ho visto molto più scatenato sul palco.

Tolti questi difetti, il concerto, nella sua brevità (poco più di un’ora, in linea con gli standard di questo tour) è stato molto piacevole, con la band che è stata perfettamente in grado di riprodurre le atmosfere bizzarre e a tratti malsane degli ultimi due dischi (gli unici due ad essere proposti, oltre all’EP The Asymptotical World, i primi tre lavori sono stati del tutto ignorati), con l’aggiunta di assoli di chitarra piacevoli quanto anacronistici, ed un buon tiro complessivo, nonostante i volumi.

 

“Echolalia”, “Gospel for a New Century”, “Jackie”, con un mood quasi da ballata gotica, le potenti “Operator” (qui un po’ di stizza perché il pubblico non ha cantato abbastanza forte il ritornello) e “Secrecy is Incredibly Important to the Both of Us”, le inedite “Misbehave” e “Operator”, più o meno in linea con il resto del repertorio, sono tutti tasselli di una scrittura di alto livello, a tratti geniale, che anche dal vivo, grazie anche all’aggiunta di una forte componente teatrale, non manca di affascinare.

I bis sono due, la bombastica “Kerosene!”, dal disco precedente, ed “Ebony Eyes”, anch’essa anthemica e ricca di tastiere. Una chiusura eccessivamente frettolosa ma, ripetiamo, non è un artista che è mai stato sul palco a lungo, in fin dei conti va bene così.

Attendiamo gli sviluppi futuri di una carriera ormai lanciata a briglie sciolte e speriamo di rivederlo presto, possibilmente in una migliore forma fisica: avendolo visto in altre situazioni, so che Sean e la sua band sono in grado di fare molto di più.