Sul finire dell’estate portate mai la mente indietro nel tempo? Quasi in una sorta di malinconico bilancio ripercorrete nella vostra memoria un album di ricordi fatto di amori conclusi, avventure mai vissute, what-if e film mentali di varia natura. Avete quasi la necessità di intristirvi per un attimo, come per rimettere in ordine desideri e pensieri, prima di rialzarvi a testa alta e tornare al vostro presente con una nuova consapevolezza, una corazza rispolverata e un po’ di orgoglio per le sue nuove ammaccature.
A volte serve una colonna sonora per questo passaggio, che per essere meno traumatico ha bisogno di qualcosa che solleciti sì cuore ed emozioni, ma contenga al tempo stesso quella necessità di urlare che si accompagna alla situazione.
Spesso l’emo-punk serve esattamente a questo e l’offerta sul genere è da anni ampia e (negli ultimi tempi) pure in grande spolvero. Trovare qualcuno che la esegua con un buon equilibrio, e che talvolta non disdegni un po’ di sano screamo, non è invece altrettanto facile.
Gli Youth Fountain sono un duo di Vancuver, due ragazzi che suonano insieme da pochissimo tempo e che non riescono a stare senza gli strumenti in mano. Dopo aver pubblicato l’EP di due tracce Grinding Teeth nel maggio 2017, e in attesa di pubblicare l’album di debutto nel 2019, non riescono a fermarsi: scrivono, registrano e producono. E pubblicano questo EP nel luglio del 2018. Il disco porta il loro nome, Youth Fountain, contiene solo 5 tracce per 18 minuti, ed è il loro debutto ufficiale per Pure Noise, l’etichetta che seguivano da tempo e su cui speravano di approdare.
Il tempo per farsi conoscere è quindi arrivato, come anche quello di far ingolosire i nuovi fan in attesa di un primo Long Playing. Il singolo scelto è “Rose Colored Glass”, ma le altre canzoni presenti nell’EP non sono da meno, anzi, possono essere anche più interessanti della bella opzione radiofonica che si è decisa come biglietto da visita. “Complacent” e “Grinding Teeth” sottolineano in diversi passaggi il loro lato più pop-punk e screamo (pur non discostandosi mai dai canoni dell’emo-punk) e la loro capacità di amalgamare con facilità melodico e urlato. Nota di merito a “Blooms”, che apre una finestra sulle loro potenzialità in ambito ballate con l’intro acustico, per poi mostrare forse il migliore scream dell’EP e le ottime capacità compositive di Tyler e Cody.
In attesa di ciò che riserverà il loro primo album di debutto, lasciamo i due al loro tour tra Stati Uniti e Canada e voi all’ascolto. I ragazzi sono genuini e credono con semplicità e competenza in quello che fanno, a volte per un buon lavoro non serve altro.