Non sempre il Cinema di Paolo Sorrentino parla di noi, della gente comune, quella che tutte le mattine deve spegnere la sveglia, alzarsi e andare a lavorare senza ricevere particolari gratificazioni. Ne Il Divo al centro di tutto c'era la classe politica, un'entità che è qualcosa di molto lontano dalla realtà dei comuni mortali, addirittura scollata dall'esistenza del Paese, un dato di fatto alle cui conseguenze (non dell'amore purtroppo) assistiamo ogni giorno. Con La grande bellezza - vero capolavoro - si raccontava di un'élite privilegiata, con emozioni tangenti alle nostre, ma distantissima nello stile di vita. Anche in Youth i protagonisti non sono persone comuni: attori celebri, registi che hanno lasciato il segno nella storia della Settima Arte, compositori di fama internazionale, star del calcio, modelle dalla bellezza accecante, santoni orientali e via discorrendo. Eppure i temi, i sentimenti, i dolori, le riflessioni, le paure, la decadenza, sono gli stessi che attraversano la vita e il cuore di noi tutti; sotto questo aspetto Youth è un film che ci parla, forse più di altri del regista napoletano, o quantomeno lo fa in maniera più diretta.
In Youth, tra gli altri, Sorrentino mette in scena due protagonisti anziani, due attori meravigliosi che si fatica a definire sul viale del tramonto. Harvey Kietel è Mick Boyle, un regista che sta sceneggiando quello che sarà il suo film testamento, condivide una bella amicizia che si protrae da una vita con il compositore in pensione Fred Ballinger (interpretato da Michael Caine), entrambi in vacanza in un lussuosissimo albergo adagiato tra i monti della Svizzera tra i cui ospiti spiccano un Maradona ormai sfatto (o è il suo sosia?), Jimmy Tree (Paul Dano), un giovane attore di talento che viene ricordato dai più solo per il suo film più leggero e meno significativo, un santone in grado di levitare (forse) e Lena (Rachel Weisz), la bella figlia di Ballinger anche sua assistente. Si attende con moderata curiosità l'arrivo della nuova Miss Universo (M?d?lina Diana Ghenea) che potrebbe portare un raggio di sole nelle giornate altrimenti monotone offerte dall'albergo svizzero che trascorrono tra massaggi, visite mediche, cure termali e intrattenimenti da "museo felliniano".
Il sentire che attraversa il film è quello legato all'inesorabile scorrere del tempo, all'ineluttabilità della vita e all'impossibilità di riavere quello che si è perso con gli anni, non solo la giovinezza del titolo, ma soprattutto gli affetti, i momenti, le occasioni andate, la vigoria ("alla mia età mettersi in forma è una perdita di tempo"). Sorrentino ci mostra la malinconia di questi sentimenti attraverso i suoi personaggi, attraverso la scelta decisa di Ballinger di non tornare a suonare, nemmeno per la Regina d'Inghilterra, tramite il confronto impietoso tra Boyle e la sua musa d'un tempo Brenda Morel, attrice ormai disfatta e in maniera significativa interpretata da Jane Fonda, li rafforza mostrandoci i corpi, quelli che si portano dietro il peso degli anni, cadenti, gonfi e incartapecoriti, accostati alle meraviglie di corpi ancora freschi, giovani, emblematica la sequenza in piscina dove i due amici rimirano estasiati la nudità di una Miss Universo più vicina al divino che all'umano. L'ammirazione, ma anche il desiderio ormai impossibile da appagare. Ciò nonostante il senso ultimo di Youth non guarda indietro ma è quello legato al futuro, che è lì da prendere fino all'ultimo giorno della nostra vita, guarda all'esperienza ancora da assaporare e che può dare senso a esistenze che hanno lasciato già molto alle spalle; c'è da dire che prevale però un senso di perdita più che quello della scoperta, un filo doloroso, malinconico e triste che attraversa il film nonostante questo sia scandito da momenti brillanti, frasi memorabili e soprattutto da molte scene ironiche e divertenti capaci di far ridere di gusto.
L'estetica è quella nota di Sorrentino, elegantissima, molto studiata, intrisa di stacchi visionari e simbolici; un parte importante la recita la musica, altro elemento sempre fondamentale per il regista che sa scegliere molto bene come far accompagnare le sue immagini dalle note, qui poi Sorrentino sfoga anche la sua passione calcistica, giusto per non farsi mancare nulla. Ma quel che di più importante c'è da dire su Youth è che tocca il cuore, semplicemente, in una maniera che colpirà più chi ha già qualche anno sulle spalle che non i giovanissimi che per apprezzare a pieno l'opera dovrebbero comunque far correre un poco l'immaginazione o fare un salto avanti nel tempo. Sebbene meno celebrato de La grande bellezza, a mio avviso anche Youth si rivela essere un piccolo grande capolavoro, almeno per chi riesce ad apprezzare il Cinema di Sorrentino che, ancora una volta, si conferma non proprio per tutti i palati.