Quella in atto è un lotta senza quartiere fra i nostri portafogli e i dischi pubblicati da Neil Young, i cui archivi sembrano davvero essere senza fine. Di questo passo, ne sono certo, il nostro amato canadese finirà per mandarci sul lastrico, anche perchè ogni nuova uscita risulta essere una gemma irrinunciabile.
Avevamo appena archiviato l’ascolto dell’elettrico e splendido Way Down In The Rust Bucket, ed ecco uscire un nuovo live, ancora più risalente nel tempo. E’ il 1971, e tre giorni dopo il leggendario show alla Massey Hall di Toronto, Young tiene un concerto nell'ormai distrutto Shakespeare Theatre di Stratford, nel Connecticut.
Una grande serata di musica che fu registrata e, per fortuna, conservata, e che ora vede la luce su questo nuovo Young Shakespeare, che contiene un filotto di canzoni interpretate con il cuore in mano, un'esibizione perfetta nel suo candore e nel suo classicismo, quasi francescana nella sua essenza schietta e genuina, brillante sintesi di sonorità così legate a quell’epoca lontana nel tempo.
Come ogni performance dal vivo da solista pre-Harvest, Young propone versioni grezze di quelle che poi saranno straordinari evergreen, come per le allora inedite Old Man e The Needle and the Damage Done, o come accade per l’intensa A Man Needs a Maid, in medley con Heart Of Gold, in un’emozionante versione per pianoforte che zittisce la platea di un pubblico letteralmente sbalordito.
A essere onesti, non c’è molta differenza con la più celebre performance alla Massey Hall, eppure anche le piccole sfumature, la diversa scaletta, il mood che si respira in sala, fanno di questo concerto un momento storico imperdibile. Young, sempre schietto e sarcastico, scherza amabilmente con la folla, sfotte simpaticamente gli studenti universitari in sala prima di una notevole esecuzione di Sugar Mountain, e canta e suona con una passione tangibile, emozionante.
È questa consapevolezza di sé e quest’onestà intellettuale, per cui l’uomo diventa inscindibile dall’artista, che rendono le sue canzoni così autentiche, e giustificano l’ascolto di un set che è più o meno quello tenuto alla Massey. Perché è come se ogni sua esibizione live possedesse un quid che la rende unica, nonostante quelle canzoni siano state eseguite e ascoltate centinaia di volte.
Ed è esattamente questo che fa Shakespeare, e cioè catturare l'essenza di ciò che tutti noi immaginiamo quando vengono in mente il nome di Neil Young e quei gloriosi anni d’oro: un cantautore dai capelli lunghi, leggermente spettinato e profondamente riflessivo, curvo su una chitarra acustica in un teatro cavernoso, che dispensa emozioni, costruendo, disco dopo disco, concerto dopo concerto, una carriera immensa. Come ogni gran disco dal vivo, Shakespeare scorre meravigliosamente fluido e cataloga un'esperienza musicale intangibilmente magica. Quindi, prendete pure il portafogli e non badate a spese. Si rischia di finire sul lastrico, è vero. Poveri, ma immensamente felici.