Abbandonate le atmosfere morbide che avvolgevano l’ultimo, e ottimo, El Dorado, Marcus King torna con questo Young Blood, un disco di rock blues ad alto voltaggio con vista sugli anni ’70, decennio che è la fonte primaria dell’ispirazione per le undici canzoni in scaletta. Se nel lavoro precedente il ragazzo della Carolina del Sud aveva tenuto sotto coperta l’impeto della sua sei corde, in questo nuovo lavoro, King torna a vestire i panni del virtuoso che avevamo imparato ad amare fin dai suoi esordi, sfornando una serie di riff e assoli infuocati, corroborati da una ritrovata spavalderia rock’n’roll.
Uscito per l’etichetta American Recordings del grande Rick Rubin, e prodotto nuovamente da Dan Auerbach, Young Blood è probabilmente il miglior disco della ancor breve, ma intensa carriera di King. Il quale, non ha mai nascosto le sue influenze (The Jimi Hendrix Experience, ZZ Top, Grand Funk Railroad e The Allman Brothers e, nello specifico, anche Free e Cream) rileggendole, però, con accenti moderni e avventurosi. Clamorosamente vintage, eppure così inaspettatamente fresco, Young Blood evita però l’operazione nostalgia, spingendo sulla velocità d’esecuzione, su una voce intrisa di soul e sul suono scintillante costruito dall’ottimo Auerbach, che ha restituito, modernizzandolo, il tiro infuocato del più classico dei power trio, costruendo un surplus di energia intorno alla Gibson Les Paul del fenomenale chitarrista.
Un disco vibrante, registrato tutto in presa diretta in pochissimo tempo, che si è avvalso in fase di scrittura del contributo dello stesso Auerbach, ma anche di Desmond Child, Greg Cartwright e Angelo Petraglia, e che è servito al giovane King per fare il punto su una periodo assai difficile della sua vita, segnato dalle dipendenze e da quelle perdite che, inevitabilmente, le dipendenze provocano.
Apre la scaletta "It's Too Late", un brano che parla di un amore al capolinea. La ritmica saltellante, il riff urticante e la voce roca di King, raggiungono vette altissime. Si parte a tavoletta con quel tipo di canzone che King sa costruire con grande consapevolezza, un brano tutto sangue e sudore, che spalanca con un calcione le porte sul mondo di Young Blood. Tutti in piedi ad applaudire per la successiva "Lie, Lie, Lie", un altro pezzo straordinario, con retrogusto Free, sorretto da un riff di chitarra orecchiabile, e dal basso e la batteria legati stretti da una scalpitante interconnessione sincronizzata. Al centro la chitarra di King vola alta con un assolo, nella parte finale, che lascia letteralmente senza fiato. Una canzone, questa, che fa comprendere la grandezza di un artista che possiede quel quid speciale che pochi altri hanno. Non è solo il virtuosismo alla chitarra, o la voce carica di fumante soul e la capacità di scrivere grandi canzoni; ciò che colpisce davvero è la passione, la capacità di padroneggiare lo strumento, senza perdere un solo grammo della sua incredibile urgenza espressiva.
Young Blood, come dicevamo, potrebbe essere descritto come un album blues rock dal sapore vintage anni '70, ma sarebbe un offesa a tutta la verace bellezza che troverete in scaletta e a una freschezza espositiva, a cui Auerbach ha contribuito, e non poco. Nessun filler, ma una sequenza di groove trascinanti e di spietati assoli di chitarra, tra i quali, come accennato, si nascondono anche disperazione e oscurità. E’ il caso di Pain, canzone spinta da un riff e da una ritmica adrenaliniche, in cui King riflette sul male di vivere ("I got the pain written all over me… I got the pain, it won't go away") o di "Blood On The Tracks", il cui groove sinuoso evoca i Creedence Clearwater Revival, mentre il chitarrista auspica una possibilità di fuga dalla vita di tutti i giorni, immaginando l’arrivo di treno, sul quale salire o, forse, buttarcisi sotto.
"Blues Worse Than I Ever Had" chiude l'album con un numero country rock che evoca l’amato Sud, ed è un brano così carico di sentimento, che arriva dritto al cuore e lo colma di sincera emozione.
Young Blood, inutile girarci intorno, è un gioiello, un disco che non ha un secondo di cedimento e che farà letteralmente impazzire tutti coloro che amano la chitarra elettrica. Se il precedente El Dorado, per quanto bello, aveva portato King fuori dalla sua usuale comfort zone, con Young Blood il ragazzo della Carolina del Sud si riappropria di un territorio, nel quale, il gioco di parole è inevitabile, regna come sovrano incontrastato. The King is back.