Dice Anna B Savage che sua madre le aveva raccomandato di non innamorarsi mai. Consiglio evidentemente non seguito, anche perché non è che siano cose che si possano decidere a comando. Negli anni è stata probabilmente poco fortunata, almeno a giudicare dai suoi primi due dischi, cupi e ruotanti spesso attorno a temi come l’amore tossico.
Poi è successo che nel 2020, durante la pandemia, si è trasferita a Dublino per seguire un Master e lì ha conosciuto quello che è il suo attuale compagno. Una relazione che sembra funzionare al punto che, trasferitasi nel Donegal, una regione rurale nota per i suoi meravigliosi scenari naturali, per vivere con più serenità il periodo del lockdown, si trova lì tuttora e pare proprio averla eletta a sua dimora definitiva.
You & I are Earth è dunque, come lei stessa ha dichiarato, una lettera d’amore all’Irlanda e all’uomo che ama. Il titolo viene da una scritta incisa su un piatto del 1600, recuperato per caso in una discarica. Ha detto che le è sembrato un concetto così bello che valeva la pena scriverci sopra una canzone, che poi è divenuta addirittura la title track dell’album.
Insomma, pare davvero che ci sia una ritrovata serenità, anche a partire dalla copertina, col volto dell’autrice parzialmente ricoperto dalla vegetazione, a suo dire un sogno ricorrente, che la sua terapista avrebbe interpretato come la prova che ormai lì si sente a casa sua.
Tutto questo lo ritroviamo in queste dieci canzoni (nove in realtà, perché una è solo un brevissimo interludio strumentale) che lasciano da parte sia le urgenze a tratti disperate dell’esordio A Common Turn (qui la recensione), sia le asperità e le scomposizioni elettroniche del successivo in/FLUX (qui la recensione), per approdare ad una dimensione più aperta e rilassata, recuperando quelle sonorità Folk che hanno plasmato l’identità musicale della sua patria d’adozione, ma aggiornandole al gusto contemporaneo.
In effetti nel disco compare un bel gruppo di ospiti, esponenti della scena contemporanea come Kate Ellis e Caimin Gilmore (Crash Ensemble), Kate Ellis, che oltre a cantare su “Agnes” ha suonato anche il clarinetto, l’harmonium, il bouzouki e un po’ di altra roba; e poi Cormac MacDiarmada dei Lankum, una band che al momento pare molto in alto nelle preferenze di Anna, che non a caso ha deciso anche di farsi produrre da John “Spud” Murphy, produttore e “sesto uomo” del collettivo irlandese.
Siamo ben lontani dal Drone cupo e ossessivo che ammantava un disco come False Lankum. Eppure, a un ascolto attento, oltre alla evidente linearità e semplicità delle strutture, il lavoro di Murphy emerge sotto forma di una costruzione sonora densa e stratificata, con i molteplici strumenti a formare un Wall of Sound che non è poi così diverso, almeno nell’essenza, da quello di Ian Lynch e compagni, seppure declinato in maniera aperta e solare.
Il risultato è dunque il disco più immediato e, allo stesso tempo, il più complesso fin qui realizzato da Anna B Savage; in questo senso risulta sensato il paragone con Diamond Mine, il capolavoro di King Creosote e Jon Hopkins, che lei stessa ha dichiarato essere il riferimento principale di queste nuove canzoni.
Canzoni senza tempo, che si muovono su un territorio al confine tra il sogno e la contemplazione, incentrate sulla chitarra acustica ed impreziosite da un’interpretazione vocale come sempre di altissimo livello, con l’aggiunta di provenire, questa volta, da un’artista finalmente in pace con se stessa.
L’iniziale “Talk to Me” col violino in sottofondo, “Lighthouse” coi suoi vocalizzi ed un pianoforte solista bellissimo nel ricamare fraseggi; l’urgenza innamorata di “Donegal”, che ancora una volta insiste sui giochi vocali; lo splendido ritornello di “I Reach You in My Sleep”, senza dubbio la più bella melodia del disco. E ancora, il mood cameristico e vagamente nostalgico di “Mo Cheol Thú”, che significa “Tu sei la mia musica” ma che è il modo con cui in Irlanda si dice “Ti amo”. E poi “Agnes”, che è l’episodio più ritmato e vivace, così come la title track è quello che più risente del “trattamento Spud”, specialmente nel chorus.
Siamo al cospetto di un lavoro meraviglioso ma non è una sorpresa, considerato quanto realizzato da Anna B Savage negli (ancora) pochi anni da quando si è affacciata sulla scena.
Semmai, possiamo dire che You & I Are Earth sia la prova che non è per forza vero che tutta l’arte nasca dalla sofferenza.