È davvero difficile inquadrare un regista come Takashi Miike o anche solo ipotizzare cosa possa passargli per la testa quando decide di girare un film.
Il regista giapponese, classe 1960, può contare su una filmografia quasi sterminata che, prendendo in considerazione i soli lungometraggi prodotti per cinema e televisione, inanella qualcosa come una novantina di opere alle quali vanno aggiunti cortometraggi, serie e miniserie tv e anche un paio di spettacoli teatrali, una mente iper prolifica per valutare l'ingegno della quale si dovrebbe analizzare un monte ore di girato proibitivo, cosa che chi scrive non ha fatto nemmeno in minima parte avendo all'attivo giusto qualche titolo e la sua incursione nei Masters of Horror di qualche tempo fa (2005).
In qualche modo però i film visionati, il Dead or alive del 1999 ad esempio, non mancano di attitudini comuni che possono divertire lo spettatore così come lasciarlo perplesso e spaesato se non addirittura infastidito.
Yakuza Apocalypse è un miscuglio di elementi che vede Miike unire il gangster movie con uno scenario dove la Yakuza la fa da padrona all'horror (blando) a tema vampirico, il grottesco e il fantastico con personaggi surreali e spiazzanti a un piglio citazionista che arriva a riecheggiare da lontano temi e personaggi del western revisionista che fu, con un occhio di riguardo al nostrano Django di Sergio Corbucci. Ad ogni modo...
Genyo Kamiura (Lily Frank) è un boss della Yakuza che gestisce con mano ferma ma giusta il suo territorio; l'uomo rispetta e fa rispettare ai suoi sottoposti un codice d'onore per il quale i civili del suo territorio non vanno toccati, anzi, il boss tenta quando possibile di dare una mano agli abitanti della zona che è caduta in una seria fase di recessione economica.
Quando il giovane Akira Kageyama (Hayato Hichihara) incontra per la prima volta il boss e vede in un bagno pubblico il suo tatuaggio di appartenenza all'organizzazione, decide di voler diventare anche lui uno yakuza e si mette a servizio di Kamiura.
Un giorno, dopo un periodo lungo il quale Kageyama ha preso confidenza con il suo ruolo, un'organizzazione che arriva da fuori territorio manda due strani individui a intimare Kamiura di rientrare nel giro e lasciar perdere il suo buonismo. Questi sono Bateren (Tei Ryushin), una sorta di prete ottocentesco che gira con una piccola bara (omaggio a Django?) contenente un fucile ad impulsi elettrici (?), e Kyoken (Yayan Ruhian), un letale combattente dal look improbabile.
Nello scontro viene fuori che Kamiura è una sorta di vampiro che ha abiurato la sua sete di sangue, nel momento del bisogno contagia il suo discepolo Kageyama per dargli una possibilità di sopravvivenza e vendetta. Inizierà uno scontro senza quartiere dagli sviluppi imprevedibili e molto lontani dall'avere il più blando sentore di senso compiuto.
C'è poco da dire, il film in sé non avrebbe nessun motivo di essere, eppure alcune sequenze sono demenzialmente magnifiche. La prima comparsa dell'uomo rana (un tizio in un costume da rana tipo quello del Gabibbo) che si rivela essere un combattente con i fiocchi è impagabile, così come quella dello scontro tra il ranocchio e Kageyama, semplicemente da applausi seppur senza senso alcuno. Miike, come già fatto in passato, sembra non darsi nessun confine né limiti, mischia arti marziali, folklore giapponese con tocco demente, sequenze grottesche e completamente libere da freni, personaggi surreali e situazioni assurde.
Come poter dimenticare il folletto kappa con l'alitosi o quella sorta di prete becchino che si porta la cassa da morto sulle spalle come fosse uno zainetto, il capo yakuza interpretato da Reiko Takashima alla quale si scioglie il cervello che di tanto in tanto spruzza fuori dalle orecchie o il ragazzino imbestialito munito di ascia.
È un cinema di pura anarchia, una commistione di generi che non va, e probabilmente non a interesse ad andare, da nessuna parte; Miike gira bene, è consapevole di quel che realizza e ha tutte le carte in regola per costruire dell'ottimo cinema che è però troppo fuori dagli schemi, almeno in questo come in altri casi, per essere preso sul serio, alla sensibilità di ogni spettatore quanto il cinema di Miike, che è sicuramente fuori dai fogli, possa calzargli a pennello.
Probabilmente Miike (e per fortuna) non lo si può addomesticare, Yakuza Apocalypse è probabile non rientri nella lista dei top film di nessuno, eppure è possibile che, con il taglio di qualche minuto, il film avrebbe potuto anche rivelarsi una piacevole visione per una fetta di pubblico abitualmente uso ad altre suggestioni. Per chi ama le cose fuori da ogni schema.