“Hai fottuto la generazione sbagliata”. Una dichiarazione di intenti, un inno, una non molto velata minaccia. Un’intera generazione (e non solo) sta guardando il mondo bruciare intorno a sé, in molti più modi di quanti non si potrebbe immaginare, ma forse ha capito che può reagire, in particolare se parliamo del razzismo e la diseguaglianza sociale, un tema di fronte al quale Jason Aalon Butler e i suoi Fever 333 si battono da sempre, anche se mai con la violenza, la concretezza e la determinazione dimostrata in questo EP. E sì che i Fever 333 sono gli stessi che sin dal primo EP Made An America (2018) hanno sorpreso e scandalizzato discografia e fan con i loro testi senza compromessi, una dichiarata rivoluzione sotto l’egida delle tre parole chiave “Comunità, Beneficienza e Cambiamento” e una collezione di live chiamati amichevolmente “dimostrazioni”.
Se con il primo premiato EP il processo rivoluzionario era decisamente promettente e con il primo album, Strength In Numb333ers (2019), hanno semplicemente confermato i meriti, mettendo forse troppa carne al fuoco tutta insieme, con l’odierno Wrong Generation hanno finalmente superato le aspettative. Questa piccola bomba da poco più di 18 minuti non solo unisce magistralmente rap e hardcore, ma porta con se un messaggio chiaro e incazzato, diretto e definito, focalizzato e vincente soprattutto nella produzione, che riesce a racchiudere in soli 8 brani tutta la rabbia, la verità e la determinazione che cova dentro l’animo dei Fever 333, realizzando delle tracce che sono varie ma organiche, al contempo musicalmente senza compromessi e hit.
Quando Butler ha visto alla televisione la morte di George Floyd per mano della polizia mentre era in casa ad occuparsi dei suoi figli, si è ricordato una volta di più di tutte le volte che ha incontrato il razzismo nella sua vita: suo padre che gli dava istruzioni su come comportarsi con la polizia mentre stavano guidando in uno dei sobborghi di Los Angeles, o la volta in cui ha avuto la sua prima macchina ed è stato fermato e ammanettato mentre tutti i suoi amici bianchi erano rimasti in auto.
Chi conosce il lavoro dei Fever 333 sa che sono temi di cui Jason ha sempre parlato e che ha sempre denunciato con forza, ma questa volta allo shock e alla rabbia si è aggiunta una nuova consapevolezza: per la prima volta ha visto che molte persone della sua generazione erano davvero disposte a dedicare tempo, partecipazione attiva e sacrificio per cambiare ciò che tutti avevano visto su quello schermo.
Poco dopo l’evento, Butler ha deciso di partecipare a tutti i 13 giorni di proteste, pacifiche e ribelli, che si sono svolte in tutta Los Angeles. Il 14° giorno è tornato a casa e ha iniziato a scrivere i brani di Wrong Generation, registrando tutto, senza sosta, per 8 giorni, con l’aiuto di John Feldmann e Travis Barker. Ogni giorno Jason andava in studio, scriveva e rimaneva lì tutto il giorno o tutta la notte se era necessario. Feldmann era stato chiaro: “Devi finire oggi. Qualunque cosa dirai deve essere fatta oggi”. E così ogni giorno si concludeva una nuova canzone e un’emozione diversa che veniva distillata e messa nero su bianco, e su nastro.
Il resoconto che ne è stato fatto ha la violenza e la poesia di un bollettino di guerra, perché quei 13 giorni sono stati di una protesta che è stata sì pacifica, ma non sempre da entrambi i lati. In una recente intervista, Jason sottolinea come: “Ci hanno sparato, ci hanno colpito con i fumogeni, ci hanno spinto in giro. Guardare così tante persone combattere ed essere così frustrate e fottutamente stanche, disposte a stare di fronte e spingere contro qualcuno che è autorizzato a uccidere come omicidio autorizzato dallo stato”.
Butler è uscito di casa con la consapevolezza che se qualcosa fosse andato male, avrebbe potuto non tornarci più e non rivedere più i suoi figli. Con quale coraggio ha potuto farlo comunque? Jason non ha dubbi: l’amore per i suoi figli è così grande che è convinto che se una guerra simile la combatterà lui, e grazie a questo ci sarà anche solo una possibilità di un mondo migliore e più giusto in cui i suoi figli potranno vivere, è un sacrificio che vale la pena di fare, affinché non abbiano bisogno di combatterla loro. “È un atto di equilibrio”.
“Bite Back”, “Block is on Fire”, “Wrong Generation”, “You Wanted a Fight” e “Walk Through the Fire Together” sono il cuore pulsante della rivolta. Arrabbiate, dense e determinate, sintesi di tutta la violenza che può regalare l’hip hop e l’hardcore di periferia, ma con dei testi che non lasciano adito a incomprensioni. Un incrocio tra i Rage Against The Machine e i Beastie Boys, ma più hardcore e più combattivi. E la quota hardcore si conferma anche nei fatti, visto che la sesta stupenda traccia, “For The Record”, vede la collaborazione di Walter Delgado dei Rotting Out (band hardcore losangelina di cui abbiamo parlato anche tra le pagine di Loudd), per la felicità di tutti gli hardcore kid che sono fan della band, o inizieranno a esserlo dopo questo EP.
Tra le tracce dell’album, però, c’è spazio anche per la dolcezza, con la penultima bellissima “The Last Time”, cantata al pianoforte con visibile emozione e vibrante passione, e per quella che è probabilmente la vera hit da classifica di Wrong Generation, “Supremacy”, che chiude l’esperienza di ascolto con inequivocabile stile e combattivo ottimismo. Quello distillato dalle cicatrici di chi lotta ogni giorno per ciò in cui crede e nonostante tutto è ancora in piedi, dandoti la forza di cui hai bisogno per sapere che puoi alzarti e combattere anche tu, qualsiasi sia la tua battaglia. Ma se la tua battaglia è anche questa, sei in eccellente compagnia.
«Quando il tempo diventa storia, la storia che racconteremo sarà di quando stavamo marciando per le nostre vite.» “Supremacy”