Wildlife è un film decisamente maturo che mette al centro della narrazione l'adolescente Joe Brinson ad assistere al progressivo disfacimento del matrimonio dei suoi genitori e di conseguenza al deflagrare del nucleo familiare. L'approccio di Dano è contenuto, consapevole, le scene in cui i protagonisti esplodono sono pochissime, anche la regia, studiata e calibrata, asseconda il ritmo di questa narrazione, giocando molto con gli spazi e la distanza tra i personaggi, la loro posizione all'interno del quadro che di volta in volta assume significati diversi: guardate per esempio le inquadrature frontali della casa dei Brinson, dopo una discussione ogni personaggio trova il suo posto, ognuno una distanza dall'altro, l'occhio dello spettatore e quindi la camera una distanza da tutti. E sono le distanze a farla da padrone in Wildlife, quelle fisiche, ma anche quelle mentali, sentimentali e di punti di vista, di aspettative e di obiettivi, quelle degli stati d'animo. Torneranno anche nella triste sequenza finale, in una foto, distanze siderali racchiuse in uno spazio ristretto, distanze che per l'occasione Joe, colui che più soffre la situazione, tenterà di comprimere forse per un'ultima volta.
Siamo tra la fine dei 50 e l'inizio dei 60 nel Montana, la famiglia Brinson ci si è trasferita da poco in seguito alle traversie lavorative di papà Jerry (Jake Gyllenhaal), impiegato in un golf club. La moglie Jeanette (Carey Mulligan) è un'ex insegnante che ha deciso di dedicarsi alla casa e al figlio Joe, costretto ad ambientarsi nella nuova scuola e nella squadra di football, sport che il ragazzo pratica più per compiacere il padre che per un suo reale interesse. A un'occhiata superficiale tutto sembra andar bene, i Brinson sembrano una famiglia felice, Jerry è un uomo gentile, dai modi pacati, molto affezionato al figlio che ama in maniera sincera, rispettoso della moglie, eppure qualcosa cova dentro di lui, quasi un malessere, una punta di depressione. Quando Jerry perde il lavoro ottiene tutto il sostegno della famiglia, però i conti vanno pagati e alla fine saranno Jeanette e Joe a trovare qualche fonte di reddito mentre l'uomo si chiude in sé stesso rifiutando di accettare lavori che non soddisfino le sue aspettative. Quando Jerry decide di allontanarsi da casa per andare a spegnere gli incendi al confine con il Canada, forse per la preoccupazione per questo lavoro pericoloso, forse per altri motivi, qualcosa in Jeanette si spezza, la donna subirà un cambiamento profondo ponendo Joe in uno stato di confusione, lontano dal padre e con una madre che fatica a riconoscere e che lo sottoporrà a situazioni dolorose e imbarazzanti.
Wildlife si regge su un'ottima scansione dei personaggi, splendida l'interpretazione di Joe da parte del diciassettenne Ed Oxenbould con all'attivo già una manciata di lavori, suo lo sguardo sulle dinamiche che si vengono a creare tra i suoi genitori, quasi inspiegabilmente, l'incedere degli eventi dona una vena molto triste al film che Dano asseconda e guida in maniera molto limpida, si avvertono i germi di una frustrazione che una società come quella dei 50 americani tendeva a mantenere sotto la cenere, ma che inevitabilmente continuava a bruciare, quella di Jerry andrà verso il fuoco in un concatenarsi di incendi reali e metaforici, quella di Jeanette scombinerà la vita e l'indole della donna, forse repressa per troppo tempo, per Joe tutto dovrà divenire per forza di cose occasione di crescita. Ottimo esordio per Paul Dano, i meriti del regista sono stati riconosciuti anche qui da noi, Wildlife è stato infatti premiato come miglior film al Torino Film Festival.