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REVIEWSLE RECENSIONI
17/06/2018
Parquet Courts
Wide Awake!
Giunti al sesto album, o ottavo lavoro in studio se consideriamo anche i due EP che completano la loro discografia, possiamo definitivamente ridurre le aspettative sui Parquet Courts.

Giunti al sesto album, o ottavo lavoro in studio se consideriamo anche i due EP che completano la loro discografia, possiamo definitivamente ridurre le aspettative sui Parquet Courts o, talvolta, Parkay Quarts. Non che non sia una band interessante. Ma, a ogni uscita, già ai primi ascolti dalla prima all’ultima traccia si esaurisce la speranza non dico di una hit ma almeno di un guizzo, una trovata, un moto di orgoglio per rilanciare se stessi verso un livello superiore, una tacca più in alto. La sfida è canticchiare un loro ritornello sotto la doccia oppure mescolare i brani del loro vasto repertorio e tentare di ricomporre la tracklist di ogni disco. Le canzoni sotto pressoché intercambiabili e tutte sorprendentemente neutre.


Quello che emerge anche da “Wide Awake!” è che i Parquet Courts sanno due o tre cose in croce di musica. Quanto basta per i loro standard perché, ascoltandoli, non si direbbe che abbiano grosse pretese. Quello che suonano lo sanno suonare bene e il loro punto di forza è la capacità di raccattare tutto quello che trovano per strada, passatemi la metafora, e di riciclarlo. Danno sempre l’impressione di essere un incrocio tra una band che ha appena iniziato a suonare e un gruppo di hipster che vivono alla giornata restituendo il lustro agli scarti dell’arte altrui.

Se consideriamo i Parquet Courts sotto questo punto di vista, l’approccio è punk allo stato puro. Il punk inteso non tanto come violenza e aggressività quanto come opportunismo dovuto a uno stato di indigenza di persone che non vogliono adattarsi alle regole della società e dello show business. E con “Wide Awake!” è ancora la stessa storia. Con i rimasugli degli Strokes fanno le cose alla Strokes, se capita un riff di organo rimettono in sesto il garage rock, basta un brandello di synth scovato una discarica ed ecco un tema sci-fi, un paio di all star sformate per comporre una canzone indie e il gioco è fatto.


E, in fondo, questa varietà stilistica di risulta è il loro punto di forza. Dal 2011 a oggi hanno già pubblicato materiale a iosa e se non ci fosse questa eterogeneità stilistica ci sarebbe da suicidarsi. Ma se siete di quelli a cui i Parquet Courts piacciono tantissimo (cosa più che lecita, ci mancherebbe) è perché probabilmente fino a qui avrete apprezzato il loro non-stile, ogni volta. Individuate in loro una di quelle band terribilmente cool che si impegnano per non dare quel qualcosa in più che li renderebbe orecchiabili, meno di nicchia, radiofonici e persino distinguibili. Ma noi facciamo recensioni e alla fine siamo tenuti a dare giudizi con la nostra spocchia da esperti di musica. E se, oltre a un voto, potessimo dar loro un suggerimento, gli diremmo che, come milioni di studenti al mondo, sono bravi ma non si applicano. “Wide Awake!” è la conferma di questo approccio e a noi resta inalterato il dubbio se i Parquet Courts, come si dice, ci sono o ci fanno.