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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
04/11/2024
David Gray
White Ladder
Raffinato e coinvolgente, dopo una lunga gavetta David Gray riesce finalmente a toccare il cielo con un dito grazie a “White Ladder”: con il nostro Re-Loudd stavolta torniamo a inizio secolo, ma per questo disco il tempo non sembra essere passato. Rigodiamocelo, facendo scendere una lacrimuccia, in queste malinconiche giornate autunnali.

«Ci sono voluti due anni e mezzo per arrivare al n. 1, ma sono molto orgoglioso che un album fatto in una camera da letto sia il 26° più venduto di tutti i tempi nel Regno Unito. È la prova che non c'è bisogno di molto per creare qualcosa che duri nel tempo».

Estratto da theguardian.com, 2020.

 

Quando nel Novembre 1998 esce White Ladder, David Gray è poco più che trentenne, con alle spalle tre album praticamente sconosciuti. Dopo un primo successo in Irlanda, non vi sono altri scossoni e il clamore per l’opera si ferma fino alla sua ripubblicazione quasi due anni dopo, nella primavera del 2000. L’etichetta fondata da Dave Matthews, la ATO Records, si interessa infatti di questo “figlio apocrifo della vena dylaniana” e recupera un piccolo capolavoro che rischiava di rimanere sommerso nel fitto sottobosco discografico di fine/inizio secolo. Ora, cinque lustri avanti, è un piacere “premere play” lasciandosi ancora una volta incantare dal singolo “Babylon”, grazie al quale White Ladder ha re-ingranato la marcia arrivando a vendere oltre sette milioni di copie in tutto il mondo.

 

«L'album non è sempre autobiografico, ma quel “Let go your heart, let go your head” presente nel testo di Babylon è il mio discorso a me stesso. Avevo trent’anni, avevo perso il mio slancio giovanile e mi stavo guardando dentro. Dal punto di vista finanziario, ero un disastro. Mi ero sposato e poi i miei genitori si sono separati, il che mi ha portato a sondare tutto in profondità. Volevo che ogni secondo del disco fosse il migliore possibile». (Estratto da theguardian.com, 2020).

Comunque, non è solo questa hit, orecchiabile, raffinata e immortale a risvegliare i sensi, a pungolare di malinconia spingendo a fischiettare un poco nostalgici: Gray è un personaggio ammaliante che colpisce e intriga fin dal primo ascolto nelle intense, passionali e disarmanti “Please Forgive Me”, “My Oh My e “We’re Not Right”,  fino ad arrivare senza accorgersi alle tracce conclusive.

Il merito di tanto fascino saranno forse quel canto svogliato, quelle tematiche amorose al limite dell’esistenziale? Sicuramente il cantautore mette tutto se stesso senza farlo pienamente accorgere e questo è il suo punto di forza. Sembra rendere tutto semplice anche quando non lo è, così ogni composizione è evocativa, sempre in bilico tra un mood crepuscolare e una spruzzata di allegria.

 

“Nightblindness”, “Silver Lining” e la title track scorrono mentre ci si domanda come il talentuoso songwriter sia riuscito a sorreggerle con armonie così dolci ed eleganti, che ben si prestano al ricordo e alla celebrazione dei tempi andati. Chitarrista, tastierista e buon vocalist, David Gray ha composto i dieci brani dell’album in parte da solo e in parte insieme all’amico polistrumentista Craig McClune, un personaggio divenuto fondamentale per il nuovo corso dell’artista inglese. Un musicista imprescindibile anche nella produzione (insieme a Yestin Polson) di un lavoro volutamente registrato nello studio personale dello stesso David, costruito nella camera da letto della propria abitazione. Il sapore del casereccio si sente e finisce per qualificare positivamente l’atmosfera di questo gioiellino di folktronica, ove a piano e chitarra acustica spesso si sovrappongono programmazioni e drum machine.

«Ho iniziato a registrare nella mia camera da letto a Stoke Newington, Londra, con un kit di base: computer, campionatore, tastiera. Phil Hartnoll degli Orbital mi ha dato un piccolo mixer e mi ha consigliato la drum machine Roland Groovebox». (Estratto da theguardian.com, 2020).

 

Una delle vette di White Ladder è sicuramente la romantica “This Year’s Love”, nota per essere stata inclusa a quei tempi nel film omonimo (ove David fa una breve apparizione eseguendola) e, un poco più avanti, in The Girl Next Door (2004). Dolce senza essere straziante o stucchevole, la composizione vive delle armonie vocali e melodiche di Gray, con un incipit lirico di grande intensità, “L'amore di quest'anno deve durare, Il cielo sa che è giunto il momento. Ho aspettato da solo troppo a lungo. "Sail Away" segue a ruota inserendo il concetto di fuga dalla realtà vissuta per continuar a sognare, “Naviga via con me, ciò che sarà, sarà. Voglio abbracciarti ora. Ora, ora”.

Non vi sono cali di tensione, tutta l’opera è coesa, pure quando si sceglie come finale un pezzo non autografo. La cover dei Soft Cell “Say Hello, Wave Goodbye” è resa con classe e delicatezza e cita testualmente a sorpresa in conclusione “Into the Mystic” e “Madam George”, palesando in un attimo due grandi influenze, Marc Almond e Van Morrison.

 

White Ladder è un lavoro cantautorale intelligente ed elegante, che impressiona per la qualità dei testi e per il modo esistenziale di proporli. Anche un quarto di secolo dopo è bello come il primo giorno. David Gray non è più riuscito nei dischi seguenti a ricreare questa magia, tuttavia i successivi A New Day at Midnight (2002) e Life in Slow Motion (2005) presentano alcuni momenti altrettanto intensi. Dopo una lunga parentesi poco incisiva, nel 2021 è uscito l’ottimo Skellig, che si stacca dalle precedenti produzioni e apre un varco verso territori sonori più frastagliati, dalla Irish Music al minimalismo.

Il 2025 dovrebbe portare subito a Gennaio un nuovo album, Dear Life. Vedremo presto, pertanto, se l’autore di “Babylon” è ritornato sulla strada giusta, quel percorso da lui iniziato che a mano a mano ha visto aggiungersi sulla stessa strada Hozier, Ed Sheeran e Adele, tutti e tre suoi grandi fan.