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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
14/12/2017
(and in 1979 too)
Where were you in 1977?
Nelle avanguardie, ci sono invece – sempre – persone curiose, che non si fermano a ciò che gli viene suggerito.
di Stefano Galli steg-speakerscorner.blogspot.com

Molti anni fa, leggendo la prima edizione della biografia dedicata ad Alessandro Pavolini (ultimo segretario del partito fascista) da Arrigo Petacco, incontrai un passo che sempre mi è rimasto impresso: con il regime già stabile, molti cercavano di ottenere testimonianze per poter essere qualificati come fascisti della prima ora, con i nastrini (rossi?) e le sciarpette (c’era una decorazione chiamata “sciarpetta Littorio”), appartenenti a squadracce come La Disperata[1].

Dopo aver letto quelle righe, pensai: proprio come quelli che a Milano hanno cominciato ad inventarsi appartenenti alla stagione punk del 1977 mentre non c’erano.

Non bastasse, sono poi arrivati quelli che hanno cercato la credibilità fra scooter e parka (naturalmente nel 1979 le posizioni erano invertite: si confondeva la parka con l’eskimo ed ecco che dopo essere stati da punk invisi alla sinistra, ora arrivava la destra…).

In sé il comportamento parassitario (nella accezione giuridica del termine: cioè appropriandosi con diverso grado di buona fede e/o memoria di altrui caratteristiche) appena descritto avrebbe delle modeste ripercussioni.

Modeste se non fosse che il fato ha voluto che mentre i “tardivi” siano vivaci e produttivi con memorie di vario genere, taluni delle avanguardie – tanti anche se pochi, proprio perché primi – siano morti e così procede il falso storico contornato ovviamente di buonismo democratico.

No, proprio non va bene.

Due “vecchi” della scena milanese 1977 ringraziavano le radio “(anti)democratiche” nei crediti di DUDU H.y.n.d.r.o. Punk News.

L’equazione sommatoria fra vecchia e nuova avanguardia artistica (o anche solo intellettuale) sintetizza bene il perché non si voglia che la storia, la nostra, venga riscritta.

La revisione dei fatti, la riorganizzazione delle sequenze per poter dire di esserci stati, la banalizzazione nelle apparenze che fece dei punk dei centri sociali degli hippy o se si preferisce degli hippy che cercano con i segni più banalizzati del punk di costruirsi un’immagine nuova, così come lustri prima la “omologazione parka” che rese i mod britannici post 1963 degli scooter-boy abitudinari, sono tutti fenomeni pericolosi poiché anestetizzano e rendono difficile per i singoli pensare ed approfondire.

Nelle avanguardie, ci sono invece – sempre – persone curiose, che non si fermano a ciò che gli viene suggerito.

Io da anni sostengo, non da solo, che i punk erano i nuovi mod, con il risultato che alla fine del 1978 chi non passò al post-punk/after-punk/növo-punk/no-wave (il perché di queste espressioni tende ad essere classificatorio ma in parte anche difensivo finché resta poco comprensibile all’esterno) guardò indietro (1960-1963) per guardare avanti. Le forze cui attingeva la scena erano quelle degli “ultimi punk” che diventarono altro: i Coventry Automatics, tanto per dire.

E la scena Oi! ne fu un’altra conferma: ancora si guardava indietro per non trovarsi ingoiati dalla omologazione.

 

[1] La storia de La Disperata in realtà comincia a Fiume nel 1919: era la guardia personale di D’Annunzio, composta da Arditi, fondata e comandata da Guido Keller (asso del volo e molto altro). E continua anche con una squadriglia da bombardamento della Regia Aeronautica partecipante, fra l’altro, alla campagna d’Etiopia.