Opera in due atti, “Babes in Arms” narra la storia, ambientata nell’epoca della grande depressione, di un ragazzo e una ragazza di venti anni che insieme ai loro amici cercano di mettere su uno spettacolo per raccogliere fondi per un centro giovanile locale, nonché per badare a sé stessi dopo che i loro genitori se ne erano andati via da casa per cercare fortuna, abbandonando i due ragazzi alla sorte. La stesura originale del musical era composta da forti connotazioni politiche, si parlava di Nietzsche, di discriminazione razziale e un personaggio della commedia era comunista. “Babes in Arms” fu rappresentato dal 14 Aprile al 18 dicembre del 1937, ne verrà realizzato un film nel 1939 con Judy Garland e Mickey Rooney a cui sarà stravolta la trama lasciando soltanto la traccia principale e con soltanto due canzoni delle cinque presenti.
Nel 1959 George Oppenhaimer ne trarrà una versione de-politicizzata adatta al periodo neo-maccartista, cambiando la sequenza delle canzoni e l’orchestrazione, e diverrà questa la versione più conosciuta. Se nel musical sono presenti due canzoni monumento come “My Funny Valentine” e “The Lady Is A Tramp” è però a “Where or When” che andranno da subito i favori del pubblico; una ballata struggente che come ha ben definito il critico Richard Corliss sul Time evoca “uno stato di estasi malinconica che fonde passato e presente, il sognatore e il sogno, l’amante e tutti i suoi amori reali e immaginari”. Rodgers e Hart ci guidano attraverso una melodia dolcissima al punto che la versione cantata da Peggy Lee con l’accompagnamento al clarinetto di Benny Goodman incisa la vigilia di Natale del 1941 ad appena due settimane dall’entrata in guerra dell’America, sarà ricordata dal critico musicale Benjamin Schwarz come una delle versioni jazz più toccanti che siano mai state realizzate, dandone una nuova lettura riguardante l’incertezza piena di incognite per il futuro di quel preciso momento storico.
“Where or When” sarà ricantata da tutti, e quando dico tutti intendo proprio questo: dalle versioni doo-wop di Dione and The Belmonts, a quelle più “standard” di Ella Fitzgerald e Frank Sinatra, al soul delle Supremes, alla versione stentorea di Jane Birkin, al jazz di Sonny Rollins fino alla versione bossa nova di Diana Krall.