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REVIEWSLE RECENSIONI
03/07/2024
Grand Slam
Wheel Of Fortune
Nell’enciclopedia del rock, l’ultima band del leggendario Phil Lynott non sono stati i Thin Lizzy, bensì una neonata realtà chiamata Grand Slam. Il nuovo gruppo del bassista e cantante irlandese non ha lasciato tracce discografiche nella prima fase della sua storia, per la morte prematura di Lynott, ma nel 2016 due membri originali rimettono insieme la band e siamo ancora qui, a parlare di questo “Wheel Of Fortune”, come di un commovente e sorprendente capolavoro del rock.

La penna e la voce di Phil Lynott erano uniche e hanno creato un sottogenere nel rock decisamente originale, che ha ispirano miriadi di musicisti e generazioni di amanti della musica buona, ruspante e intensa.

La sua eredità discografica è immensa, anche se ovviamente vive in noi il rammarico che Phil se ne sia andato veramente troppo presto, schiacciato da un’anima fragile e troppo sensibile, e da come ha rivelato il suo fraterno amico Gary Moore: “Phil aveva un lato oscuro che lo costringeva in un vortice, lo allontanava dai suoi cari e dai suoi amici rendendolo sempre più malinconico e solo e di conseguenza lo portava sempre più giù lungo la strada di autodistruzione che si era consapevolmente scelto.”

 

In questa storia collaterale non parleremo dei Lizzy, anche se ci sarebbero libri interi da scrivere, ma di una band che nasceva nel 1984 e che doveva rappresentare una nuova possibilità di riscatto per Lynott, accompagnato da musicisti molto giovani e semisconosciuti come il chitarrista Laurence Archer e il tastierista Mark Stanway (che successivamente entrerà nella storia del rock melodico, grazie agli immensi Magnum).

Probabilmente però, era oramai troppo tardi per recuperare il lato umano e fisico di Phil, che ci lasciò nel 1986, senza rilasciare nemmeno una pubblicazione ufficiale dei Grand Slam, a parte qualche bootleg di concerti, o canzoni poi recuperate in raccolte varie e spesso, male realizzate.

Il racconto offre una svolta inaspettata, perché nel 2016 i due ragazzi citati qui sopra decidono di riformare i Grand Slam, chiamando nel gruppo musicisti esperti come Neil Murray al basso e Stefan Berggren alla voce, per qualche concerto speciale e una apparizione allo Sweden Rock Festival.

La mossa definitiva è però di due anni dopo, e vede il chitarrista Laurence Archer rifondare di nuovo gli “Slam”, con l’amico Mike Dyer al microfono e Stanway come supporto esterno, per lavorare e pubblicare finalmente un album in cui raccogliere tutta la musica scritta con Phil Lynott e altri brani inediti scritti per l’occasione.

Hit The Ground arriva nel 2019 e piace tanto a chi riuscirà ad ascoltarlo, ma a causa di varie sfortune e del solito covid, non otterrà l’attenzione che merita. Fortunatamente, il disco viene ristampato in questi giorni, grazie anche alla spinta del suo successore, questo nuovissimo Wheel Of Fortune, in cui gli Grand Slam si presentano con questa solida e collaudata formazione: Dyer alla voce, Archer alle sei corde, Rocky Newton al basso e Benjy Reid alla batteria.

 

Le dieci tracce contenute in Wheel Of Fortune sono tutte inedite e scritte da Archer e Dyer, anche se si vocifera di una parte del testo di “Come Together (In Harlem)”, attinta da alcuni scritti di Lynott. Che sia così oppure no, è innegabile che lo stile di questa band si ispiri al songwriting del bassista e cantante irlandese, a partire da una musica diretta e schietta, sincera e vibrante e decisamente analogica e imperfetta.

La magia di questo disco sta proprio in una produzione che riesce ad essere moderna ma anche sanguigna e decisamente rovente ed emozionante. Troviamo quelle chitarre così tipiche del sound dei Thin Lizzy e una chitarrista di grande talento, che riesce a rielaborare la lezione dei grandi maestri, regalandoci anche una serie di assoli sempre di grande intensità, gusto e cuore. Anche Mike Dyer alla voce si pone su di un tono medio molto simile a quello di Lynott, ma dà la sensazione di poter cantare qualsiasi cosa, e anche lui non replica ma decostruisce e reinventa.

Tutto sempre così semplice quando ci sono delle grandi canzoni, come le dieci proposte in Wheel Of Fortune, che vanno anche ben oltre alla mera riproduzione di una formula vincente e Lizzyana, per un disco che è commovente da quanto sia avvincente, sincero e liberatorio, come i grandi capolavori del passato. Nulla di nuovo forse, ma nel panorama di oggi è davvero un pezzo raro e da ascoltare e vivere sulla propria pelle. Non vi parlerò delle singole canzoni, in un lavoro mai banale, che riesce ad essere sia compatto che felicemente eterogeneo.

Se amate il rock puro e viscerale, andate e ascoltate.