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REVIEWSLE RECENSIONI
23/07/2024
The Radicant
We Ascend EP
We Ascend è un buon ritorno ma allo stesso tempo è un po’ troppo poco perché si possa esprimere un giudizio esaustivo. Vincent Cavanagh, uno dei fondatori degli Anathema, inaugura il suo progetto solista in un mare di loop ed elettronica pronti a evocare paesaggi e atmosfere.

Il percorso degli Anathema è stato uno dei più interessanti e coerenti in tutta la storia della musica. Partiti dal Metal ad inizio anni Novanta (il frutto più maturo di questa prima fase è senza dubbio The Silent Enigma, del 1995), dove hanno esplorato quelle sonorità Gothic Doom che andavano per la maggiore all’epoca, si sono via via spostati verso il Rock più tradizionale, dapprima prendendo ad ispirazione la psichedelia dei Pink Floyd (Eternity, del 1996, ma anche Judgement, del 1999), trovando in seguito una dimensione il più possibile personale, sfociata nei capolavori A Natural Disaster (2003)e We’re Here Because We’re Here. (2010).

In generale, comunque, non hanno mai sbagliato un disco, e la loro progressiva evoluzione stilistica è stata l’unica credibile, in mezzo ad una marea di band amiche che avevano iniziato a fare lo stesso nel tentativo di allargare il proprio bacino d’utenza, ma che non avendo raggiunto risultati altrettanto brillanti, negli anni successivi sono tornate forzatamente al loro sound originario (i casi di Paradise Lost, Amorphis, Tiamat e Moonspell sono di per sé parecchio esplicativi).

Gli Anathema, al contrario, non sono mai tornati indietro, e sono stati forse l’unica band di quella generazione di talenti ad avere davvero conquistato un nuovo pubblico, e allo stesso tempo a non avere perso del tutto chi li seguiva agli inizi. Peccato solo che la favola sia terminata nel 2017 con The Optimist, per chi scrive unico tassello debole della loro corposa discografia, al quale sono seguiti i problemi finanziari patiti durante gli anni del Covid, che hanno portato il gruppo alla decisione di sciogliersi.

 

Di loro non abbiamo saputo più nulla fino ad oggi, quando Vincent Cavanagh, uno dei tre fratelli che hanno fondato e portato avanti la band sin dagli esordi, è tornato sulle scene con The Radicant, il suo nuovo progetto solista, realizzato col contributo del produttore francese Ténèbre.

Per la verità il cantante e chitarrista britannico non era stato fermo, in questi anni: è dal 2017 che lavora con diversi artisti visivi, tra cui Sarah Derat, con la quale ha realizzato Gymnopaedia Exercises 1 & 2 ed altri titoli particolarmente acclamati. Al momento è inoltre impegnato assieme a Georgia Tegou e Kristina Pulejkova, con un lavoro che debutterà a teatro nel 2025. Un’attività piuttosto frenetica, insomma, sebbene lontano dagli ambienti che era solito frequentare.

We Ascend, l’EP che inaugura il cammino di The Radicant, è per certi versi un prodotto di queste precedenti esperienze: si tratta di mezz’ora in cui la forma canzone compare solo a tratti, sommersa da un mare di loop, elettronica, campionamenti e quant’altro, come se la cosa più importante fosse evocare paesaggi e atmosfere, piuttosto che scrivere canzoni in possesso di una qualche linearità.

 

L’ispirazione non manca: nella title track ritroviamo il timbro vocale che ben conoscevamo, mentre “Zero Blue”, seppure ammiccante a certe sonorità radiofoniche, mette in evidenza una scrittura di buon livello, stilisticamente improntata ad un rock alternativo convenzionale ma piacevole.

Meglio “Anchor”, con la voce accompagnata da un Synth leggero ed una mutazione repentina nella seconda parte, con un vestito sonoro decisamente più pieno. Anche “Wide Steppe” rinuncia alla forma canzone: c’è una certa rarefazione Ambient, con suoni decostruiti, vocalizzi di soprano su di un tappeto di sintetizzatori che crea una vaga inquietudine.

Per noi orfani degli Anathema, invece, “Stowaway” costituisce una sorta di premio di consolazione: ballata pianistica con qualche effetto leggero in sottofondo, un crescendo di intensità che emoziona, sebbene l’effetto déjà vu sia più che evidente.

 

We Ascend è un buon ritorno ma allo stesso tempo è un po’ troppo poco perché si possa esprimere un giudizio esaustivo. Per quanto ci è dato di intuire da queste poche composizioni, Vincent Cavanagh sembra ormai avviato su un’altra strada e va benissimo così, è giusto che il passato rimanga tale. Aspettiamo comunque un prossimo full length per poterci esprimere compiutamente.