Nonostante sedici anni di carriera alle spalle, Jon Batiste si è imposto all'attenzione del grande pubblico soprattutto lo scorso anno, avendo vinto il premio Oscar per la colonna sonora del film d'animazione Soul. La punta dell’icerberg, almeno per quanto riguarda la notorietà, di una discografia che ha prodotto autentici gioielli, quali Hollywood Africans del 2018 e Meditations with Cory Wong del 2020, solo per citare gli ultimi usciti.
C’era dunque molta attesa per il nuovo We Are, un disco che riconferma il talento straordinario del trentaquattrenne songwriter, cantante e pianista originario della Louisiana, musicista legato alle tradizioni più nobili della black music, capace però di rileggere il genere tenendo lo sguardo ben rivolto al presente. We Are, in tal senso, riveste nell’involucro di un suono moderno e scintillante una miscela di soul, r'n'b, hip hop, jazz, rock, gospel e pop, dentro la quale batte un cuore old style irrorato dal sangue blu della devozione filologica.
Il disco si apre con la lussureggiante title track, in cui compare il contributo del St. Augustine High School Marching 100 e Gospel Soul Children: un'affermazione identitaria e sonora positiva che suona come una boccata d'aria fresca, specialmente quando la prima parte funky della canzone sfocia in un outro bandistico e dai cromati accenti gospel. Un inizio fulminante, che racconta di un songwriting capace di scartare dall’ovvio e di arrangiamenti spiazzanti che rendono ogni singola canzone dell’album un mondo da scoprire.
Così il funky della successiva Tell The Truth suona al contempo modernissimo e antico: il groove travolgente, il tiro della batteria e della sezioni fiati, la voce roca di Batiste a evocare il fantasma di James Brown. E siamo solo all’inizio di un viaggio breve, ma che rapisce grazie a un fascino e a un carisma che solo pochi eletti possiedono.
Cry è un ballatone strappa mutande dal retrogusto malinconico, che fonde soul e rock in quattro minuti di assoluta perfezione. Roba da tenersi stretti ai braccioli del divano per non cedere al capogiro emotivo. I Need You è puro bop, rimbalzante e trainato da una melodia effervescente, in cui cantato rap, ritornello irresistibile e il call e response, a evocare la tradizione gospel, creano un unicum che stordisce. Whatchutalkinbout, con Batiste che rappa come un califfo è divertimento allo stato puro (qualcuno ha detto Outkast?), Boy Hood (con PJ Morton e Trombone Shorty) parla alle nuove generazioni con un caldo abbraccio fra hip hop e soul, Adulthood (presente la Hot 8 Brass Band ) è una caramella miele e liquerizia che accarezza il palato, Show Me The Way, con il featuring della scrittrice Zadie Smith, apre la finestra con vista su un pop soul acchiappone che non avrebbe sfigurato in un disco degli Style Council. E potremmo continuare senza sosta a raccontare tutta una scaletta che non ha un punto debole, ma possiede un armamentario emotivo e un’intrigante intelligenza che lascia a bocca aperta per la sorpresa a ogni singola nota.
We Are è un album stellare, capace di fondere un ricco bagaglio tradizionale a sonorità modernissime, dimostrando che Batiste conosce a menadito gospel classico, soul, jazz e funk, tanto quanto il pop e l'hip-hop degli ultimi due decenni. Un livello di semplicità disarmante, poi, e un sublime genio tecnico trasformano We Are in un disco che dovrebbe essere ammirato sia per la sua musicalità e l'intricato songwriting che per la capacità di adattarsi perfettamente alla musica contemporanea di oggi, a dimostrazione che Batiste è impareggiabile nella sua creatività, che lo rende artista senza tempo, anello di congiunzione fra epoche e sensibilità diverse. La stessa classe di Kendrick Lamar, Black Pumas, Fantastic Negrito e Gary Clark Jr., con una marcia in più. Capolavoro.