Con le scimmie del Fantasma Rosso ben ancorate sulla schiena i Marvel-zombie si sono buttati a capofitto su WandaVision lanciandosi in elucubrazioni preventive, contemporanee e postume alla messa in onda del serial che come ogni cura che si rispetti verso una sana disintossicazione dalla dipendenza viene elargita un poco alla volta, una piccola dose a settimana (ma il piano è subdolo perché da questa dipendenza non uscirete mai, buaaaah ah ah ah - risata malvagia dei capoccia Disney). Per chi mastica un po' di Universo Marvel su carta e conosce i due personaggi protagonisti della serie non era difficile, alla luce dei primi trailer, farsi un'idea almeno di massima su quello che sarebbe potuto essere il filo conduttore della serie, come è stato già detto altrove la chiave di lettura stava già nel titolo che può essere visto come una crasi dei nomi di Wanda (Elizabeth Olsen) e Visione (Paul Bettany), riflesso di una romantica unione di coppia, o come il più letterale "la visione di Wanda", scelta indubbiamente più azzeccata alla luce di quanto narrato nella serie e leitmotiv, questo si, facilmente intuibile fin dalle prime puntate di WandaVision.
La ripresa delle trasmissioni da parte della Disney/Marvel vanta almeno due ottimi spunti sviluppati in maniera molto valida nel corso di questa serie che a tutti gli effetti apre la fase post serrata delle sale; il primo è quello legato al discorso metatelevisivo che va ad omaggiare la storia della serialità statunitense dagli anni 50 in avanti con puntate che richiamano lo stile estetico e narrativo di capisaldi del piccolo schermo quali Lucy ed io, Vita da strega (o Strega per amore se preferite), The Dick Van Dyke show, fino ad arrivare con l'andare avanti delle settimane a strutture che ricordano le sit-com degli anni 80 (Casa Keaton) e via via prodotti più moderni. E non solo per seguire un'ideale storia della televisione si torna indietro agli anni 50 ma anche perché quel decennio è ancora visto come uno dei più felici per lo sviluppo dell'american way of life, quale periodo migliore a cui tornare quindi per costruirsi da zero un mondo ideale? La seconda linea narrativa di interesse è quella dedicata al dolore di Wanda per la perdita di Visione avvenuta nella lotta contro Thanos, è questa l'occasione sia per approfondire i due personaggi che finora avevano avuto i riflettori puntati addosso solo in maniera marginale non avendo mai goduto di un film dedicato, ma ancor più per narrare l'elaborazione di un lutto da parte di una donna dai poteri vastissimi ma, come ben sa chi conosce la sua controparte cartacea, dall'equilibrio instabile. Sotto questi due punti di vista si è fatto un gran lavoro, i primi episodi sono spiazzanti per chi è abituato all'azione dei cinecomics se non si ha l'idea (e ormai credo di non fare più un grande spoiler) che la realtà anni 50 di Westview, il paesino dove vivono Wanda e un Visione celato in sembianze umane, è una costruzione finzionale creata dai poteri di una Wanda Maximoff distrutta dal dolore e dalla perdita e che si ricostruisce letteralmente una vita, una di quelle idilliache, riportando indietro (non diciamo come) il suo Visione e pian piano ampliando la portata dell'inganno in primis verso sé stessa con tanto di generazione di prole e assoggettamento di vicini resi forzatamente gaudenti. I primi episodi sono pura sit-com d'altri tempi, con tanto di risate finte, bianco e nero, momenti stucchevoli lacerati però da qualche increspatura che lascia intuire come non tutto stia filando proprio per il verso giusto. Tra un accenno al mondo Marvel e l'altro, tramite spot televisivi che interrompono la trasmissione di questa WandaVision (piccolo tocco di genio), il mondo al di fuori di Westview inizia a far capolino, si introduce lo Sword, un'organizzazione dall'identità ben poco definita (in realtà nel Marvel Universe è l'ultimo baluardo di controllo e difesa dalle minacce aliene guidato dalla carismatica Abigail Brand) e l'asticella si alza fino ad arrivare all'introduzione del velocista Pietro Maximoff interpretato da Evan Peters che va a creare un cortocircuito con il mondo dei mutanti Marvel finora non ancora introdotto nell'MCU. Il percorso di elaborazione del lutto da parte di Wanda è esemplare e va a sfociare in un dittico finale dove vengono tirati i fili e dove la narrazione inizia purtroppo a scricchiolare tra lunghi spiegoni per bocca della cara Agnes (e mi tengo per me gli spoiler per chi non avesse visto la serie), vicina di casa e baby sitter dei bimbi finti di Wanda, e lo scontro tra due versioni dello stesso Visione che preannuncia un ritorno del character nei prossimi film della Marvel.
Un bell'esperimento questo WandaVision, interessante per buona parte, mostra come con questi personaggi si possa andare anche in direzioni inedite, poi tutto viene ricondotto alla normalità con tanto di scene dopo i titoli di coda, personaggi da altri film (torna Monica Rambeau con un ruolo centrale, così come l'agente Jimmy Woo e la Darcy Lewis interpretata da Kate Dennings), botte da orbi e intrighi in puro MCU style. Elizabeth Olsen mostra un'ottima predisposizione per i toni comedy con le sue facce buffe e le sue mossette, molto ben sorretta da un Paul Bettany in gran forma. Forse la cura è servita, un'esperienza (a tratti) appagante ma non si sente più il bisogno di averne ancora... ma come sul finale riecheggiano le voci dei piccoli Maximoff, allo stesso modo odiamo in lontananza la risata malvagia di quel capoccia Disney (altro che Mephisto) che ha ormai terminato di sintetizzare la droga The Falcon and the Winter Soldier (questo come nome non mi convince) ed è pronto per immetterla sul mercato.