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REVIEWSLE RECENSIONI
21/05/2021
Treatment
Waiting For Good Luck
Quinto album in studio per i britannici Treatment, che tornano sulle scene più in forma che mai con un disco di vibrante hard rock classico.

Originari di Cambridge e formatisi nel 2008, i Treatment tornano con il quinto album in studio, prodotto da Laurie Mansworth, secondo lavoro che vede Tom Rampton alla voce e il primo con Andy Milburn al basso.

Il disco è stato registrato in modo diverso rispetto alle precedenti produzioni: causa pandemia e lockdown, il gruppo ha tagliato i ponti col mondo, si è ritirato in una sorta di bolla e ha composto e suonato queste dodici canzoni con un approccio che più live non si può. Il risultato è un vibrante disco di hard rock classicissimo, che sostituisce la mancanza di originalità con massicce dosi di ardore.

La prima traccia, Rat Race, è l’emblema dell’intero album, una tirata con ritornello molto catchy, che sembra rubata dal songbook degli Ac/Dc, seguita a ruota, poi, dal riff contagioso e dai cori travolgenti di Take It Leave It.

Lightning In A Bottle è contagiosa fin dal primo ascolto, con quel riff rubato impunemente agli Aerosmith e il groove che tira a cento all’ora. Uno dei migliori brani del lotto, che si gioca la palma d’oro con la successiva Vampress, che sgomma via con le sue influenze rock blues sudiste, trasportata da un riff potentissimo e da una serie di assoli brevi ma ficcanti. Dopo il pesante hard rock blues di Eyes On You, che vede Tom Rampton protagonista di una grande performance, le citazioni continuano con No Way Home, sorniona e ondeggiate, ponte temporale con la fine degli anni ’70, periodo in cui dominavano gli Status Quo e il loro bad boy boogie.

Potente e molto melodica anche Devil In The Detail, che trasforma la band in un ibrido fra Ac/Dc e Def Leppard, seguita da Tough Kid, introdotta dal basso di Andy Milburn, che apre a un saliscendi emotivo fra graffio e melodia.

Hold Fire ritorna a schizzare alla velocità della luce (provate ad afferrarla se siete capaci), mentre Barman si veste inaspettatamente di blues, con un tocco di colore honky tonk.

La rabbiosa e lunatica Lets Make Money e la più radiofonica Wrong Way chiudono la scaletta con un tiro pazzesco, evidenziando la capacità della band di plasmare tra melodia e sportellate elettriche un suono capace di appiccare il fuoco alle casse dello stereo.

Non c’è dubbio che questo sia il miglior lavoro dei Treatment, che pur non rivoluzionando il proprio patrimonio genetico, sfoggiano una forma fisica incredibile, hanno migliorato il livello di scrittura e hanno trovato nell’ugola di Tom Rampton un tratto distintivo insostituibile.

Se anche voi vi sentite come l’uomo in copertina, sfinito da questi giorni tutti uguali, destabilizzato da una vita passata fra le pareti domestiche ad aspettare un po' di fortuna, ingannate l’attesa ascoltando il disco dei Treatment: non sarà l’album dell’anno, ma vi restituirà un po' di sana energia vitale.


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