Se con il film precedente, La mala educación, il regista spagnolo iniziava a lasciarsi alle spalle alcuni dei temi ricorrenti del suo Cinema, facendolo in maniera parziale e in qualche modo imperfetta, con Volver sembra che questo processo, questa rielaborazione dello sguardo, trovi un compimento andando a sublimare un passaggio da una narrazione più eccessiva, vitale, sanguigna a una più classica ma altrettanto viva e ancor più compiuta, all'apparenza più semplice ma affatto banale e non facile da realizzare e far funzionare al meglio. Un Cinema classico fatto di sole donne che sono luce e vita (e morte e ancora vita) mentre le poche figure maschili sono distruttive, assenti e velocemente tolte dalla scena, un racconto al femminile fatto di determinazione, amore materno, solidarietà, assistenza, contrasto e riconciliazione. Al centro una Penélope Cruz che è semplicemente una favola popolare (o popolana), un sogno.
Raimunda (Penélope Cruz) vive a Madrid con il compagno Paco (Antonio de la Torre) e sua figlia Paula (Yohana Cobo) avuta da un precedente matrimonio. La donna è molto legata a sua sorella Sole (Lola Dueñas) e alla vecchia zia Paula (Chus Lampreave), una signora un po' fuori di testa, unico legame con la precedente generazione, il padre e la madre di Raimunda perirono infatti anni prima in un incendio. La zia Paula vive ancora nel paese d'origine nella regione della Mancha, qui è l'amica di famiglia Agustina (Blanca Portillo) a prendersene cura, molto legata a Raimunda e a Sole come lo era alla loro madre Irene (Carmen Maura). Un giorno, di ritorno a casa, Raimunda trova sua figlia sconvolta, la ragazza ha appena ucciso il patrigno dopo che questi aveva tentato di abusare di lei, la madre senza pensarci due volte cerca il modo di far sparire il cadavere, coprire la figlia e inventare una storia a uso e consumo di parenti e amici. Intanto al paese viene a mancare la zia Paula, iniziano a rincorrersi le voci di strane apparizioni, quelle dello spirito di Irene, superstizioni probabilmente, finché Irene non appare anche a sua figlia Sole con la quale in vita ebbe un rapporto meno tumultuoso che non con Raimunda, figlia amatissima con la quale però sono rimaste alcune cose in sospeso.
In Volver Almodóvar è bravissimo a raccontare in maniera credibile fatti che difficilmente rientrerebbero nell'ordinario delle vite di persone comuni, rendendole invece parte del quotidiano con una naturalezza che non riuscirei a definire se non "popolare". La protagonista, Raimunda, è una donna dall'esistenza semplice ma carica di una vitalità dirompente, portata sullo schermo dalla bellezza genuina di una Penélope Cruz qui meravigliosa, tra lei e le altre coprotagoniste una solidarietà femminile che dà vita a una vicenda piena di colore, di eventi inusuali, affrontati con l'amore dell'amicizia. La trama poi, via via che ci si avvicina al finale, si arricchisce di sfumature e significati e i rapporti tra alcune figure, i non detti, troveranno finalmente una pacificazione di tutti i sentimenti in quello che sembra essere un abbraccio collettivo dal quale gli uomini sono esclusi. Il regista costruisce un film molto classico, senza orpelli né inutili esibizioni, si cura dei personaggi, delle sue attrici, riempie lo schermo di bellezza, colori e sentimenti cercando una via lineare e compiuta e, a differenza di ciò che accadeva nel film precedente, finalmente trovandola.