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TRACKSSOUNDIAMOLE ANCORA
Voice Of The Soul
Death
1998  (Nuclear Blast)
METAL
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17/04/2018
Death
Voice Of The Soul
Chi avesse voglia di provare ad avvicinarsi alla musica dei Death sappia che non sarà una passeggiata tra i campi elisi...

Faccenda complessa, quella dei Death. Al di là dei luoghi comuni che fioccano con metallica ridondanza, soprattutto quando si parla di Scream Bloody Gore, da sempre ritenuto il primo disco death-metal (il che è pure vero se non consideriamo Seven Churches dei Possessed), la parabola artistico-esistenziale di Chuck Schuldiner è a dir poco strabiliante.

Talentuosissimo chitarrista e tra i pionieri del growl, Chuck ha avuto l’incommensurabile merito (assieme ai Napalm Death) di sdoganare il metal estremo, portando a livelli di popolarità impensabili un genere che non ha mai ceduto, salvo casi rarissimi, a compromessi mainstream.

Dalla devastante brutalità dell’esordio, il già citato Scream Bloody Gore (1987), ai forbiti arrangiamenti di The Sound Of Perseverance (1998), i Death hanno di fatto inventato un genere, sviluppandolo poi passo dopo passo con lucidità e consapevolezza e convogliandolo infine alla piena maturazione senza mai abbandonare il template originario.

Se oggi l’ascolto dell’album d’esordio può a tratti far sorridere con la sua violenza parossistica e l’immaginario grandguignolesco tipici del periodo e dell’età dei componenti, opere come Human (1991) o Individual Thought Patterns (1993) sono da oltre due decenni la cartina di tornasole per chiunque voglia solcare il mare magnum del metal. Gli intricatissimi e maligni riff della sei corde di Schuldiner, i cambi di tempo improvvisi che provocano vertigini, il dipanarsi degli arrangiamenti con certo gusto quasi (ho detto: quasi) progressive, sono diventati elementi standard del metal e dei millemila sottogeneri che lo contraddistinguono. La cosa forse più sorprendente dei Death è la loro capacità di mantenere elevatissimo il tessuto melodico e perfettamente stabile l’intelaiatura armonica senza perdere una sola oncia della brutale ferocia che caratterizza la loro musica.

Faccenda complessa e tormentata, si diceva all’inizio, poiché complessa e tormentata era la personalità di colui che dei Death fu creatore e leader maximo. Probabilmente sarebbe più corretto dire che Chuck Schuldiner era i Death. Anche perché i cambi di formazione non si contano: di fatto si tratta di sette band diverse, una per album, e si sarebbe tentati di definirle session band non fosse che i contributi di volta in volta apportati dai musicisti succedutisi alla corte di Re Chuck sono di una bellezza e di una perfezione tali da risultare parte integrante del processo compositivo.

Chi avesse voglia di provare ad avvicinarsi alla musica dei Death sappia che non sarà una passeggiata tra i campi elisi, e troverà forse lo scoglio più duro da superare nel “cantato”, che alterna fraseggi growl e lancinanti urla luciferine. Eppure, con un po’ di pazienza e allenando l’orecchio, si riconosceranno, almeno da Human in poi, un certo gusto melodico e una sorta di lirismo davvero unici. Tuttavia, cominciare da questo magnifico strumentale tratto da The Sound Of Perseverance (opera ultima del combo) può mettervi nel giusto stato d’animo per affrontare il resto del percorso. Su un dolcissimo fraseggio di chitarra acustica, Schuldiner fa cantare – letteralmente – quella sei corde che fino a un attimo prima ha sfibrato i nervi e fatto sanguinare i timpani con calcolata, metodica e chirurgica efferatezza. È forse il loro brano meno rappresentativo ma la sua bellezza non può non colpire.

I Death furono (e rimangono) una spezia rarissima nel panorama metal: possiamo trovarli repellenti e disgustosi oppure sublimi e magnifici; di certo, non è possibile rimanere indifferenti di fronte alla devastante intensità e alla passione impetuosa che trasuda da ogni singola nota della loro produzione.