Premessa: il verso “Morirò con la faccia al vento” mi piace molto. È tratto da “My My Generation”, canzone che apre e traina Noblesse Oblige, terzo album dei Decibel con in formazione Enrico Ruggeri, uscito nel marzo 2017.
Però negli anni, avendo imparato da autodidatta a usare anche internet per le informazioni, controllo e trovo: “Lui che offrì la faccia al vento/la gola al vino e mai un pensiero/non al denaro, non all’amore né al cielo”, canzone di Fabrizio De Andrè, “Dormono sulla collina”1.
Ma la strofa decibeliana – per intero: “Morirò con la faccia al vento/Mai contento/Soddisfatto mai” – è una chiamata alle armi, non invece il riposo eterno del guerriero, come conferma il name dropping nella stessa lied di artisti influenti per il gruppo milanese2.
Curioso rapporto quello fra il pubblico di Enrico Ruggeri (in accezione solista e non) e lui, l’artista (gli artisti).
Conosco abbastanza, almeno per adiacenza urbana e coincidenza generazionale, questo signore che a sessant’anni si esalta scalciando alto in aria sul palco. Egli non ha mai avuto le ambizioni esibizionistiche da rock ‘n’ roll star, sebbene si sia concesso anche la citazione autocritica in “Una fine isterica”3.
Conosco personalmente un pochino altri due Decibel; non i due che hanno condiviso con lui le luci del 2017, e cioè Silvio Capeccia e Fulvio Muzio.
Che dire? Erri Longhin ebbe una carriera artistica come parte di un duo in ambito “dark” (banalizzo), mentre Pino Mancini da circa un quarto di secolo preferisce gestire, anche come pizzaiolo, un piccolo locale in un quartiere storico di Milano.
Il concetto di coerenza esistenziale è inafferrabile, persino il concetto, perché cercarne anche solo una nozione sarebbe tempo perso.
Ricordo la presentazione di un libro narrativo di Ruggeri: gli chiesi a margine perché non ristampassero i dischi dei Decibel, lui mi rispose, circa, che era cosa vecchia e che probabilmente non sarebbe accaduto per molti anni ancora. Era il 16 novembre del 2012. Ecco.
Cosa è accaduto? Al di fuori delle versioni ufficiali, intendo, e anche di certi gangli giuridici che quasi tutti (cioè coloro che la musica la ascoltano e basta) ignorano.
Il titolo di queste righe nasceva per stizza di acquirente4, ma forse ha acquisito altro significato (senza però guardare ad altro5).
Provo a sintetizzare.
Ci siamo noi: che siamo andati avanti, ma senza rinnegare nulla, e che abbiamo fatto tesoro di quel che scoprivamo man mano. Lo spirito del punk: da una canzone arrivi a un libro perché lo cita un artista che ti piace.
Poi ci sono gli altri: innanzitutto, e purtroppo per noi, quelli che contrariamente alle nostre sensazioni non erano come noi, bensì semplicemente erano della nostra stessa generazione (di cultura, passioni, consumi) e basta6. Per noi sono invecchiati male.
Seguono quelli che mantengono una passione come àncora andare avanti: se non sono monomaniaci, appaiono come tutte le persone che indossano un costume o una tenuta sportiva, e poi tornano agli abiti normali.
Sono certo che i fedelissimi di Enrico Ruggeri facciano almeno parte della seconda categoria degli “altri”; ovviamente non mi spingo più in là, non conoscendoli.
Ma che fatica devono fare! Ovvero: quelli che al concerto milanese 20177, invecchiati (in fondo erano formalmente 40 anni dopo), sono accorsi sotto il palco (secondo istruzioni?), cosa hanno in casa di The Sparks? Cosa conoscono degli Ultravox con John Foxx8? Riconoscono lo stile – riprodotto in modo pedissequo – del tastierista Dave Greenfield (The Stranglers) nei Decibel di quest’anno?
E le figlie – orrore i genitori con i figli: tutti amici e nessuna tensione generazionale positiva – non comprendono che dopo aver ascoltato “Fashion”9, tornate a casa dovrebbero buttare via il loro vestiario?
Dunque?
Consci del tempo che passa, ci diciamo, noi i “noi”, che almeno abbiamo vissuto da re o quasi, e che non ci sentiamo molto diversi da allora.
Se è così, allora rinnegare il proprio passato sarebbe stupido e infatti non lo facciamo, e mostrare che una parte di noi è quella di quarant’anni fa10 va bene, senza forzare troppo le cose e il nostro aspetto.
NOTA CITAZIONISTICA: la canzone “Vivo da re” è contenuta nel secondo album dei Decibel, che porta lo stesso titolo. Di essa esistono numerose versioni (anche dal vivo) nella discografia solista di Enrico Ruggeri; altra e più recente versione è inclusa in Noblesse Oblige, il quale comprende in edizione “deluxe” anche una versione in lingua inglese (così fu composta) dal titolo “Leaving Home”. Una sorta di citazione (di canzone e album) si rinviene nella già ricordata canzone “Una fine isterica”.
1 Molto Spoon River nello stile, dall’album Non al denaro non all’amore.
2 Pratica che ricorda quella di “Thank You” dei Chrisma contenuta nell’album di esordio Chinese Restaurant.
3 Parte del suo primo album solista Champagne Molotov.
4 La versione “deluxe” di Noblesse Oblige
5 Mi riferisco a When We Were Kings: film dedicato a Cassius Clay.
6 Scopri decenni dopo che certi amici erano poca cosa; magari fuochi di paglia travestiti da fini pensatori. Sbadigli assicurati se li rivedessi. Ed allora – inciso fuori tema (ma non troppo) – che senso hanno le cene con i vecchi compagni di scuola?
7 Teatro della Luna, 10 aprile 2017. Ovviamente scrivo di ciò che ho visto.
8 Con e senza punto esclamativo …
9 Non quella di David Bowie.
10 38 e ½ circa: i due concerti dell’ottobre 1978 in cui i Decibel aprirono a Milano per Adam And The Ants.