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THE BOOKSTORECARTA CANTA
Vita Breve Di Un Giovane Gentiluomo
Jean Teulé
2011  (Neri Pozza)
LIBRI E ALTRE STORIE
7,5/10
all THE BOOKSTORE
05/09/2017
Jean Teulé
Vita Breve Di Un Giovane Gentiluomo
Una lettura, in molti passaggi, fisicamente insostenibile: della via crucis a cui è sottoposto De Moneys, non ci vengono risparmiati nemmeno i particolari più efferati (agghiaccianti il tentativo di squartamento e il successivo autodafè)

E' martedì 16 agosto 1870 quando Alain de Monéys, giovane aristocratico del Périgord, esce da casa dei genitori diretto alla fiera di Hautefaye, il villaggio più vicino. Alain è un uomo di buon cuore, intelligente e gentile. La visita al mercato ha lo scopo di acquistare una giovenca per una vicina indigente e di trovare i pezzi per riparare il tetto del granaio di un altro vicino, altrettanto privo di mezzi. E con l'occasione Alain intende trovare interlocutori per il suo progetto di bonifica delle paludi della regione. Alle due del pomeriggio arriva all'ingresso della fiera. Due ore più tardi, la folla impazzita lo avrà linciato, torturato, bruciato vivo e, addirittura, mangiato. Come è stato possibile un tale orrore? Come può una popolazione pacifica - per quanto angosciata dalla guerra contro la Germania e minacciata da una carestia eccezionale - diventare preda in pochi minuti di una tale barbara frenesia? Con il pretesto di un'affermazione equivocata e di un'accusa di spionaggio totalmente infondata, seicento persone qualunque si dedicano per due lunghe ore alle peggiori atrocità, sottoponendo la povera vittima a una via crucis che termina quando il sindaco - quasi un Ponzio Pilato - dichiara alla folla: «Se volete, mangiate pure il suo corpo». Pochissimi, il curato e qualche amico del giovane, cercano di strappare la sfortunata vittima dalle mani della folla inferocita e solo Anna, una ragazza innamorata di Alain, rischierà la vita per salvarlo. In seguito, incapace di condannare seicento persone in blocco, la giustizia ne punirà solamente ventuno, tanti quanti i posti disponibili nella prigione di Périgueux. Quattro saranno condannati a morte, gli altri verranno inviati ai lavori forzati. Il giorno dopo il crimine, i partecipanti non sapranno dire altro che: «Non so cosa mi sia preso».

Jean Teulè, dopo aver recuperato e studiato gli atti processuali dell'epoca, ricostruisce, romanzandolo, un episodio minore e oscuro della storia francese, il linciaggio da parte della folla inferocita del povero Alain De Moneys, figlio di una ricca famiglia di notabili della Dordogna. Vita breve di un giovane gentiluomo è un'opera che, nella sua cruda brevità, abbina la minuziosa ricostruzione storica dei fatti allo sviluppo classico della tragedia greca: lo svolgimento temporale hic et nunc (il tempo presente della narrazione), il destino segnato dell'eroe tragico (Alain), il coro (la folla), i deuteragonisti (gli amici che cercano in tutti i modi di salvare lo sfortunato giovane). Un romanzo che si sviluppa in 140 pagine di dolorosa bellezza: bellezza, perché la scrittura di Teulè, ancorché snella e veloce, è ricca di immagini e ricercata nel lessico, senza che ciò appesantisca in alcun modo la lettura; dolorosa, perché la trama, a eccezione della parte finale dedicata al processo dei carnefici, altro non è che il crudo resoconto di un martirio che ricorda, in un crescendo simbolico, quello di Gesù. Una lettura, in molti passaggi, fisicamente insostenibile: della via crucis a cui è sottoposto De Moneys, non ci vengono risparmiati nemmeno i particolari più efferati (agghiaccianti il tentativo di squartamento e il successivo autodafè), mentre l'abominio di questo delirio collettivo, che si concluderà con un atto di nauseabondo cannibalismo, è reso, grazie alla prosa evocativa di Teulè, in tutta la sua accecante brutalità. Due essenzialmente i protagonisti: da un lato il muto grido di dolore di De Moneys, incarnazione tragica dell'umanità pensante, brutalizzata da un'ingiustificata e immotivata ferocia; dall'altro, il coro assordante della folla, mille voci in una sola, che, come in una trance collettiva,r ipete meccanicamente la litania dell'odio. Ed è proprio sull'alternarsi tra le riflessioni della vittima (che anche nelle fasi più concitate del martirio, poggia lo sguardo innocente sulla fragile bellezza della vita) e l'afasia etica di una baraonda umana di belluina stoltezza, che Teulè sviluppa la propria riflessione sociologica e sonda, con distaccata e macabra ironia, le pieghe oscure dell'animo umano, la cui unica salvezza, si vedrà nel finale, risiede nell'amore. Un piccolo, ma imperdibile, gioiello.