Con Vincoli si torna a Holt, anzi si va alle origini di Holt, a cavallo tra Ottocento e Novecento nel primo romanzo che ha imposto Haruf all’attenzione del pubblico americano. Un viaggio nella storia di una famiglia delle pianure americane, narrata dalla voce della loro vicina, Sanders Roscoe. Un romanzo corale e travolgente, intenso e poetico, con cui Haruf inizia il suo viaggio nell’America rurale, teatro delle sofferenze e metafora della tenacia dello spirito umano, anticipando tutti gli elementi che rendono unica la sua poetica.
Vincoli è ambientato nella cittadina di Holt, che però non è ancora la Holt che abbiamo conosciuto negli altri romanzi dello scrittore americano. E’ una terra aspra e di conquista, metà di pionieri in cerca di fortuna, disposti a qualsiasi sacrificio per colonizzare un pezzo di terra polveroso e arido, per guardare al futuro con un briciolo di speranza negli occhi.
E’ questa, dunque, la cornice in cui si inserisce la saga famigliare narrata da Haruf: l’epos della colonizzazione del west, l’America rurale selvaggia e refrattaria al progresso, la lotta per la sopravvivenza, il duro lavoro dei campi che spezza la schiena, l’alcool come lenimento a giornate interminabili, faticose e tutte uguali. Un mondo crudele e spietato, in cui la perseveranza umana e la forza fisica sono le uniche risorse per sopravvivere a una natura aspra e ostile.
In questo quadro d’insieme, si inseriscono anche elementi noir, che sono poi lo spunto iniziale e l’abbrivio del corpus della narrazione: un’anziana donna si trova in un letto di ospedale piantonata da un agente di polizia. Quale sia il motivo, ovviamente, sarà svelato solo alla fine del racconto, che ha inizio alla fine dell’800 e si sviluppa fino ad arrivare alla primavera del 1977 (pochi anni prima della stesura del romanzo, che è del 1984).
Le vicende narrate da Haruf sono quelle della famiglia Goodnough e parallelamente della famiglia Roscoe, di cui fa parte Sanders, che è la voce narrante e uno dei protagonisti principali del libro. Centrale, però, è la figura di Edith Goodnough, giovane, esuberante e intelligente, di cui si innamora il padre di Sanders. L’amore, però, dovrà fare i conti con i “vincoli” di sangue, quelli che legano Edith al padre despota e violento, e al fratello Lyman, inetto e psicologicamente fragile.
La storia, dunque, di un’ostinata solitudine, di una vita di privazioni in nome di un senso del dovere a cui è impossibile non obbedire, di occasioni perdute e di felicità rimandate a oltranza, in cui le continue privazioni e i costanti dinieghi non lasciano mai a Edith spazio per “qualcosa che assomigli a un infinito si”.
Un romanzo epico, violento e struggente, in cui Haruf riesce a esprimere concetti universali e sentimenti profondissimi in sole due righe, grazie alla distanza dalla materia e a quella prosa asciutta, semplice e lineare propria di quei grandi scrittori che, come suggeriva Hemingway, evitano di usare parole da un dollaro e scelgono invece quelle che valgono appena un centesimo. Una scrittura scarna e al contempo potente, e un romanzo che vi spappolerà il cuore.