Alla moda della letteratura del Settecento, Loudd inaugura una nuova rubrica come resoconto di viaggio tra le etichette fonografiche italiane.
Privilegiamo l’aggettivo fonografico che meglio permette di individuare i possibili medium con la quale la musica viene attualmente veicolata, rispetto al limitato termine discografico, oramai desueto, a dispetto dei nostalgici di una immaginifica età dell’oro stante l’assoluta predominanza della musica liquida, che permette una fruizione a “bassa intensità”, ma in teoria quasi onnisciente dello scibile musicale attuale.
La domanda che ci ha spinto ad intraprendere questo viaggio è antica: cui prodest; a chi giova dedicare tempo e denaro per produzioni che rimarranno il più delle volte limitate ad una platea di ascolto di nicchia? Ai di volta in volta intervistati l’ardua sentenza.
Il percorso odeporico parte da una etichetta che risulta rappresentare il perfetto abbrivio tra il passato musicale italico, il presente e anche il futuro, Four Flies Records.
Incontro Pierpaolo, mente pensante della Four Flies Records e buona parte del suo staff, in una calda estate di San Martino. Il quartier generale dell’etichetta (prossimo al trasloco sempre in zona) è in una via del Pigneto, quartiere popolare di Roma, dove è possibile trovare un pino marittimo secolare in mezzo alla strada contornato da edifici di una Roma popolare, con sullo sfondo gli archi dell’acquedotto Felice.
Mi pare che questa istantanea possa descrivere bene il sentiment di quest’etichetta, specializzata nel recupero di produzioni musicali del periodo d’oro di Cinecittà, ovvero tra la metà degli anni Sessanta e Settanta, quando, come già descritto nella recensione del disco Dressel Amorosi (qui), l’indotto della industria cinematografica italiana era molto diffuso e, conseguentemente, vi era una grande richiesta di colonne sonore o comunque di motivi musicali a supporto delle pellicole prodotte: la cosiddetta library music.
Il catalogo dell’etichetta romana, tuttavia, oltre alla riproposizione di album inediti e/o mai ristampati in precedenza, ovvero la produzione di remix di pezzi di Piero Umiliani, Alessandro Alessandroni (musicista legatissimo a Ennio Morricone) anche attraverso delle label sussidiarie, annovera tra le sue fila alcuni musicisti contemporanei.
Così, passando dal vintage all’attualità, abbiamo formulato qualche domanda al gentile Pierpaolo. Come potrete leggere, si passa dal cinema, alla musica, sino al costume sociale, perché la golden age italica è stata anche il frutto di un mondo che è stato ed è tuttora in qualche modo, grazie anche all’operato di etichette come la Four Flies, il nostro.
Ciao Pierpaolo, l’intervista non può non iniziare da una domanda quasi provocatoria: ma chi te l’ha fatto fare di mettere in piedi una etichetta musicale come la Four Flies?
Credo sia stata una combinazione di passione personale e consapevolezza della necessità di valorizzare un patrimonio che rischiava di andare perduto. Four Flies nasce nel 2015 dalla voglia di riportare alla luce alcune colonne sonore italiane degli anni Sessanta e Settanta, di cui ero da sempre innamorato. Non avevo alcun tipo di background come discografico, ma la voglia di mettermi in gioco in un mercato di cui conoscevo bene la storia e le dinamiche era talmente grande da farmi superare più facilmente del previsto qualsiasi tipo di scoglio burocratico. E poi stiamo parlando di un periodo epocale, in cui la qualità delle idee musicali e la lungimiranza di certi autori hanno prodotto opere che, riascoltate oggi, risultano incredibilmente moderne.
Già il nome della label evidenzia il cuore musicale della stessa, ovvero la dimensione cinematografica: per i pochissimi (se mai ve ne siano) a cui è sfuggito, il nome riecheggia il titolo di uno dei film cult di Dario Argento, ovvero Quattro mosche di velluto grigio. Per quale motivo la scelta del nome dell’etichetta è caduta così?
Eh, questa è una storia che racconto sempre perché prima o poi questa domanda arriva. Per molti anni 4 mosche è stato “il film perduto di Dario Argento”. L’unico della sua filmografia di cui sembrava impossibile reperire una copia in 35mm. Ho lavorato a una retrospettiva integrale su Argento nel 2007 per il Festival di Pesaro, e l’unico suo titolo che non riuscimmo a proiettare in pellicola fu proprio questo. Ne circolava solo una vhs registrata, copia di un’emissione da Rete4 che risaliva alla fine degli anni ‘80. Per circa vent’anni, questo è stato l’unico modo per mettere gli occhi su questo film. Parliamo anche di un’opera importante, che incassò incredibilmente bene e che consacrò Argento come il nostro Hitchcock. Poi improvvisamente tutto si sistemò. Venne trovato il negativo in Technicolor, e il film uscì finalmente in DVD e B-Ray. Alla fine lo stallo derivava da una situazione molto complessa dei diritti sul film.
Il nome Four Flies, oltre ad essere un omaggio ad Argento (forse il mio regista preferito ancora oggi), è anche un modo per richiamare la nostra mission, e rimandare alla parabola avventurosa che c’è dietro quasi ogni disco storia: così come il film di Argento è rimasto per anni avvolto nel mistero, prima di tornare nuovamente disponibile, allo stesso modo l’idea che anima le uscite Four Flies è quella di ritrovare, recuperare, rimettere in circolazione un’opera che per molto tempo e per diversi motivi era rimasta invisibile (inascoltabile), dimenticata, riproporla in un nuovo formato (preferibilmente su vinile, con annesso packaging sontuoso) e renderla nuovamente accessibile per il bene di tutti.
Proprio recentemente stavo rileggendo Superonda di Valerio Matteoli, che considero un must per chi è interessato a cosa succedeva musicalmente in Italia negli anni Sessanta e Settanta fuori dal solito canovaccio della “canzonetta” italica. Quello che più mi colpisce è da un lato la limitatezza dei mezzi musicali da poter usare (al di là degli studi di Fonologia della Rai) dall’altro lato la libertà creativa concessa (o che si sono presi) i musicisti impegnati nella realizzazione delle colonne sonore e delle sonorizzazioni (termine italiano che preferisco a quello anglosassone di library) e, soprattutto, alla qualità intrinseca della musica di Trovajoli, Piccioni, Umiliani, Ortolani etc. È un mondo musicale che in un qualche modo è stato sommerso dall’oblio che ha coinvolto quel periodo cinematografico-televisivo ma che, ad inizio anni Novanta, è riemerso sia all’estero sia in Italia (penso soprattutto alla milanese Easy Tempo). A distanza di tempo, mentre molti dei prodotti visivi sono oramai “inguardabili”. la musica che li informava invece mantiene caratteri di attualità. Quindi, al netto di tale fin troppo “ampollosa” prefazione, è questa la ragione principe della nascita di Four Flies Records?
Assolutamente sì. Stiamo parlando di un’epoca in cui i limiti tecnici e produttivi non solo non frenavano la creatività, ma la amplificavano. Compositori dell’epoca come Umiliani, Ortolani o Piccioni hanno saputo approfittare anche del carattere un po’ underground di certe produzioni per sperimentare liberamente con la loro creatività. Era un periodo in cui il cinema italiano produceva 300 film l’anno. La maggior parte delle colonne sonore registrate per questi film è rimasta inedita, quando non è andata completamente perduta. Four Flies nasce proprio con questa idea archeologica di andare a disseppellire quanto più possibile di quelle musiche che venivano considerate semplicemente “di servizio”, accessorie alle immagini. Oggi la loro qualità è sotto gli occhi di tutti, e il loro valore ha superato di gran lunga quello dei film per cui erano state pensate.
Un tema non indifferente riguarda l’individuazione dei diritti d’autore, immagino di fatti che il dover individuare chi sia il legittimo detentore dei diritti delle musiche, trattandosi di prodotti possono avere più di quarant’anni, la ricerca tra fallimenti, cessioni di diritti, acquisizione di cataloghi, possa divenire abbastanza impervia. Come vi muovete a tale riguardo? E c’è qualche cosa che Four Flies avrebbe il piacere di riproporre ma rimane per i motivi di cui sopra “sospesa”?
A volte è molto facile trovare i detentori dei diritti perché magari si tratta di un editore storico che ha conservato e archiviato tutto, e ha un elenco persino consultabile da cui attingere per le tue ricerche. Altre invece gli aventi diritto preferiscono non licenziare il proprio catalogo per i motivi più disparati, e così facendo tengono congelate diverse opere di grande valore, che meriterebbero una divulgazione adeguata. Purtroppo, a parte insistere e sbatterci la testa ciclicamente, non possiamo fare molto in questi casi. Per fortuna capita anche di trovare degli aventi diritto con cui instaurare collaborazioni durature e proficue, che capiscono quanto sia importante non immobilizzare la musica, anche per il proprio mero tornaconto economico. Quanto ai nostri “most-wanted”, sono tantissimi, ma temo ormai la maggior parte sia da considerare ormai irraggiungibile più per la perdita delle registrazioni originali, che per la difficoltà nel risalire ai detentori dei diritti.
Il catalogo dell’etichetta presenta differenti 7 pollici, 12 pollici e LP. Qual è il criterio che guida la scelta del formato?
Personalmente cerco sempre di mettermi nei panni dell’acquirente, mi considero da sempre io stesso uno di loro. Quindi i 7’’ raccolgono i brani che vorrei suonare nei miei dj-set (sono un amante di questo formato, sia come dj che come collezionista). Per i 12’’ vale lo stesso criterio, ma la decisione dipende dalla lunghezza dei brani, che se superano i 4’30’’ richiedono necessariamente un formato diverso, dove usufruire di una certa grandezza nei solchi. Gli LP ospitano le compilation o gli album interi, dunque in un’ottica più da ascolto che da dj.
Accanto alla riscoperta di “gemme” del passato, Four Flies, anche con il tramite di sublabel, propone musiche contemporanee, seppur con termine che non amo molto lounge-oriented, penso ad esempio al disco di Chiara Civello, o quello dei Tonico 70, Banda Maje, Chiaré. Su queste pagine troverete, ad esempio, le recensioni di Dressel Amorosi (qui) e Larry Manteca (qui), artisti che, rispetto ai precedenti maggiormente easy listening, si muovono in una area tipica di colonne sonore (immaginarie) e/o sonorizzazioni. Cosa vi spinge a proporre tali produzioni?
Lavorare con artisti contemporanei è una naturale estensione del nostro progetto. Molti dei musicisti che produciamo oggi sono profondamente influenzati da quel mondo musicale che Four Flies vuole riscoprire. Ci interessa sostenere questa nuova scena che, pur ispirandosi al passato, riesce a creare qualcosa di fresco e originale. Inoltre, ci piace l’idea di costruire un dialogo tra generazioni, mostrando come le radici delle golden age italiana delle musica per immagini possano sempre più nutrire la creatività contemporanea.
Qual è il pubblico di Four Flies? Quali sono i mercati dove vi è più richiesta? Quali sono i dischi che hanno trovato maggiore accoglienza tra quelli prodotti?
Il nostro pubblico è piuttosto trasversale: collezionisti di vinili, cinefili, DJ, semplici appassionati... A livello geografico abbiamo un ottimo riscontro in paesi come Francia, Regno Unito e Stati Uniti, mercati dove la cultura del vinile è ancora forte. Le tirature sono comunque da 500-1.000 copie, raramente raggiungiamo soglie superiori. Sono andati molto bene compilation come Paisà Got Soul, L’uomo elettronico di Piero Umiliani, o EP 12’’ come Afro Discoteca di Alessandroni. Ma anche 45 giri di artisti contemporanei come Agip di Azzurro 80 o Ufo Bossa di Larry Manteca, andati esauriti in pochissimi giorni.
L’ultima domanda: ma Pierpaolo a quale disco/produzione è particolarmente affezionato o fiero di avere realizzato, e, per il futuro, cosa ci aspettiamo da Four Flies?
È difficile scegliere un disco solo, ma sono particolarmente affezionato alle produzioni che ci hanno fatto riscoprire musicisti meno noti ma incredibilmente talentuosi: La Novizia di Berto Pisano, colonna sonora dell’omonimo film con Gloria Guida, è un capolavoro segreto, ancora poco conosciuto, ma che potrebbe diventare un grande classico del futuro. Per il futuro, sul fronte delle produzioni contemporanee, stiamo esplorando nuove collaborazioni internazionali, per ampliare ulteriormente il nostro orizzonte sonoro e creare connessioni tra artisti di diversa provenienza.
Per quanto riguarda il nostro catalogo Vaults, dedicato alle riscoperte di titoli leggendari del nostro passato cinematografico, stiamo lavorando su diversi tesori musicali rimasti finora nascosti. In particolare, la recente riscoperta dei nastri originali della colonna sonora di Rivelazioni di uno psichiatra sul mondo perverso del sesso di Gianfranco Reverberi ha portato alla pubblicazione del disco, di una potenza inaudita. È sempre una gioia poter riportare alla luce dei suoni così incredibili e ultramoderni. È il segno che questa musica vive davvero fuori dal tempo, è “evergreen” e in alcuni casi, non fa che rivelarsi sempre più attuale. Forse perché all’epoca era in un certo senso “in anticipo sui tempi”. Insomma, c’è ancora molto da fare… buon per noi!