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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
29/05/2020
Vincenzo Fasano
Verso l’acqua che alla vita dà quello che toglie...
“Acquapunk” è un vinile rosso che somiglia ad un paradosso o ad una medaglia, significa amore e significa rabbia, la libertà della solitudine contro la costrizione delle masse omologate, significa il paradosso del tutto che alla fine niente vale, significa la ricchezza della semplicità in luogo della semplicità con cui agognare l’assurda ricchezza…

“L’acqua è la perfezione che mi piacerebbe imitare, so che è impossibile, ma avvicinarsi sarebbe già un grande traguardo” (G. Florulli).

Ho conosciuto anni fa Vincenzo Fasano e ho sempre pensato che sarebbe stato un amico prezioso per la vita di ogni giorno, di quelle anime fatte di porcellana e dipinte lungo il bordo dalle mani di antichi artigiani. Ho sempre sottolineato per mio conto quanto la sua voce avesse un potere di felicità e di speranza per il mio modo di stare al mondo. E penso che in questa intervista, venuta tra i nodi di un periodo così apocalittico, abbia davvero il suono di una soluzione, abbia la forza di illuminare la perfezione dell’acqua… qualsiasi cosa questo significhi per ognuno di noi.

L’acqua è una materia che non ha colore e che paradossalmente alla vita dà quello che toglie.

L’acqua, a vederla, scivola sulla superficie delle cose. Questa per me è una frase chiave per codificare al meglio questo nuovo disco di Vincenzo Fasano dal titolo “Acuqapunk”. Il bene ed il male. Fluttuare verso un alto che significa un fuori, un distante, un luogo da dove prendere tutto con lo sguardo e poterlo capire, finalmente, poterlo in qualche modo codificare. Ho poi pensato che questo suono digitale nasconde in sé il ritmo di questo tempo inutilmente ansioso e obeso di cose e che non sia affatto un particolare estetico da trascurare. È vero che “Acquapunk” ha tanti dettagli che nell’abitudine di correre non abbiamo il tempo di fermarci… di fermarli… di osservarli. Che pecore stiamo diventando…

“Stiamo diventando quello che vogliono le poche famiglie che governano il mondo, stiamo diventando solo consumatori” (G. Florulli).

E dunque “Acquapunk” è un vinile rosso che somiglia ad un paradosso o ad una medaglia, significa amore e significa rabbia, la libertà della solitudine contro la costrizione delle masse omologate, significa il paradosso del tutto che alla fine niente vale, significa la ricchezza della semplicità in luogo della semplicità con cui agognare l’assurda ricchezza… come nella splendida copertina realizzata da Charlie Davoli che mai per una volta è sintesi ed è completezza.

“Acquapunk” raccoglie il testimone di questa scena indie italiana ma è soprattutto qualcos’altro, qualcosa che vive a parte e senza curarsi del contorno.

“Acquapunk” è un disco di società e di bellezza, di amore e di violenza umana. E canta questa voce che non ci sta a mollare la presa, non ci crede che il finale sia così privo di una grandiosa morale. E dietro una produzione magistrale firmata da Matteo Buzzanca canta questa voce a cui io devo un briciolo di speranza, di bellezza e di belle cose in questo mare piatto di omologazione. Canta Gianluca Florulli… che poi nella realtà della finzione discografica lo chiameremo sempre Vincenzo Fasano.

Io vorrei iniziare da un parola evidente di questo disco: acqua. Materia che non ha forma e non ha una solidità come siamo abituati a concepire noi la solidità… Ma per ora dimmi: cos’è per te l’acqua?

Intanto grazie per la tua attenzione, quando mi fanno domande sulla mia vita sono sempre curioso di sapere se conosco la risposta. Acqua, per me, è vita, purezza, verità, quello che mi piacerebbe diventare con la ricerca continua, con la meditazione e un po’ di fortuna, se esiste. L'acqua è la perfezione che mi piacerebbe imitare, so che è impossibile, ma avvicinarsi sarebbe già un grande traguardo.

La seconda parola evidente è punk. Io ho sempre adorato la tua voce, quando grida di rabbia o di amore, quando proprio non ci sta a quello che accade. Tutto questo è molto punk. Questo disco lo è, per quello che dice e per come lo dice e non per come suona… che ne pensi?

In questo caso “punk” nell'album “Acquapunk” vuole indicare il male in contrapposizione al bene dell'acqua. Sì, la mia attitudine nel cantare conferma che vivo sempre tra ciò che ho ascoltato e ciò che ho vissuto. Il suono è quasi in contrasto con le parole, perché è pulito, epico, sognante.

Abbiamo voluto che questo disco sembrasse la colonna sonora di un film e che suonasse in modo profondo, di spessore.

Parliamo di estetica. Il Lato A del vinile ha delle canzoni dal forte peso sociale. Il Lato B non è certo da meno ma la forma sembra essere più morbida, somiglia più ad un’istantanea, visioni sospese, di incertezza e di quel certo modo che hai di cullarci dentro speranze e nostalgie. Ci sono dei frammenti più che delle intere costruzioni dentro questo Lato B. Non so cosa ne pensi, se sei d’accordo...

Hai colto nel segno, abbiamo scelto di fare un disco vero con brani assolutamente istintivi, senza che seguissero schemi pop, che rappresentassero ciò che pensiamo, sentiamo e sogniamo. Altri brani invece sono nati per parlare di quotidianità, di cose tangibili con sonorità quindi più concrete e non sospese.

“Dall’alto”. Te lo dissi anche per telefono. È il momento più alto per me, in questo disco. Guardare dall’alto mi ricorda quanto sia importante avere una visione d’insieme… pensando anche alla vita quotidiana, la visione del tutto, pensi che sia una ricchezza per tornare alla verità di questa società egocentrica ed individualista?

Mai più che in questo momento guardarsi dall'alto potrebbe aiutarci a capire che la nostra vita così come la stiamo vivendo non è più sostenibile. Dobbiamo cambiare il modo di fare la spesa, di mangiare e soprattutto di relazionarci con le persone, occorre gentilezza. Se cambiamo tutti singolarmente, cambierà il mondo e non il contrario.

La musica è di Fabrizio Paterlini, un grande artista e amico; con Matteo Buzzanca scrivere il testo su un brano già composto è stato un viaggio non facile ma bellissimo; è uno dei miei brani preferiti, ogni volta che lo ascolto mi rendo conto che si pone quasi come una preghiera, è un brano che ci consiglia di guardare la bellezza del mondo, delle persone da lontano e nello stesso momento ci invita a guardarsi vicino, è ora di guardarsi dentro.

Lasciami restare su questo brano. Vorrei poterlo collegare alla bellissima copertina di Charlie Davoli. Penso ai delfini che ho visto volare o a due amanti che si confondono col sole… ho molto pensato che la copertina di questo disco sia molto figlia o sorella di questa canzone specifica… ma questo è solo il mio modo di ascoltare… che mi dici?

Charlie Davoli, l'artista perfetto per aiutarmi a rappresentare ciò che avevo in testa con una sola immagine. Nella copertina c'è lo spazio, l'acqua, la spazzatura e la rinascita di una bambino che nuota in un oceano limpido. Questa copertina, questo album parla di rinascimento dopo che è accaduto qualcosa di grave, di sbagliato, un errore personale o se lo vediamo dall'alto, generazionale.

“Dove non ci troveranno” è un’altra canzone di grandissima forza. Le cose ci utilizzano e non il contrario. Chi stiamo diventando secondo te? E qui i romanzi distopici fanno a gara per aggiudicarsi i premi di citazioni…

Stiamo diventando quello che vogliono le poche famiglie che governano il mondo, stiamo diventando solo consumatori. Non rispettiamo il nostro pianeta, gli animali, tutta la natura e le persone. Occorre una conversione verso la consapevolezza che tutti noi siamo legati, uniti... sarebbe ora di “abbassare” le armi, in tutti i sensi e a tutti i livelli.

E non è per niente un caso, penso io, che qui il suono tuo si è fatto urbano, metropolitano, tecnologico forse come mai nel resto del disco...

Sì, esatto, sono felice che tu abbia colto tutto questo; il brano aveva bisogno di essere in linea con la velocità inutile del mondo.

Siamo pieni di oggetti che non ci servono, ci svuotano e non ci fanno pensare.

E sempre parlando di questa canzone, come spesso accade anche nel resto del disco, alludi a qualcun altro che cerchi, a cui chiedi, che vuole qualcosa da noi o che a noi toglie qualcosa. Non vorrei archiviare il tutto banalmente con argomenti d’amore… mi piace pensare invece che in “Dove non ci troveranno” tu stia parlando alla coscienza, all’anima che ci vive dentro e che stiamo accantonando per il consumo becero delle cose…

Cosa c'è di meglio della natura, cosa c'è di meglio di un tramonto e dell'amore. Sì, sono romantico e sorrido mentre dico queste parole perché mi solleva pensarlo.

Una curiosità che appare stupida ma forse, anzi spero, non lo è: i videoclip di “Dove non ci troveranno” o de “L’estate più fredda del mondo” hanno sostanzialmente la stessa faccia. Due scenari a loro modo apocalittici, due modi di vivere la solitudine mentre tu di spalle che cammini e che canti e che ti guardi attorno. E che ci urli contro. E penso che la chiave di lettura sia estremamente legata non solo al messaggio del disco ma anche all’acqua di cui sopra… tu che scorri, scivoli, passi sulla superficie delle cose…

Volevamo solo una persona che parlasse con il mondo, il primo video in mezzo alla natura ed il secondo video in una metropoli. Il senso, comunque, è il medesimo: siamo soli. Ma se vogliamo possiamo stare insieme agli altri, stare meglio, l'uomo è un animale che ha bisogno degli altri.

Citiamo “Le bare bianche”. Non voglio strumentalizzare il momento e ti pregherei di restarne fuori ma quando sento dire che torneremo a credere agli abbracci e agli aeroporti direi che bisogna un attimo fermarsi. Ovviamente non ti riferivi a quello che stiamo vivendo visto che l’hai scritto molto tempo prima. Ma forse questa quarantena di vero ha anche e soprattutto il tornare a prenderci la verità. E come sempre tutto questo è un tornare all’inizio e all’origine. Credi davvero che sia così? Credi davvero che un giorno torneremo a riprenderci la verità delle cose? 

Io voglio, devo crederci, non dirmi che finirà tutto così, senza un grande finale. Siamo qui per essere felici. Non mi darò pace fino a quando non troverò questa dimensione. Abbiamo degli strumenti come la preghiera o se vuoi la meditazione che molte persone stanno “usando” per tornare ad essere più liberi e leggeri; credo che questo periodo storico ci stia dando la possibilità di scegliere da che parte stare. Le informazioni non ci mancano, è il momento di scegliere, se no la natura sceglierà per noi.

D’ufficio devo e voglio citare Matteo Buzzanca e Charlie Davoli (come scritto sopra) che sono forse due tra le più importanti collaborazioni di questo disco. Distanti tra loro ma neanche tanto se ci pensi bene. Nessuno di loro poi è distante dal tuo concetto di canzone e di poesia… e sono sicuro di non sbagliare, vero?

Matteo Buzzanca è uno dei produttori più sensibili del panorama italiano. Scrivere con lui è stato come scrivere un copione per un film, è incredibile come riuscisse a creare la scenografia sonora per le mie idee. Buzzanca è legato al cinema, alle colonne sonore, scrivere testi insieme ispirandosi ad immagini per lui è stato naturale, per me è stata una bellissima esperienza che ho sempre sognato di vivere.

Chiudiamo promesso. Ti lascio con un mio ricordo sperando che ti sia di ispirazione per completarlo, arricchirlo o magari correggerne il tiro. Un giorno ti ho detto quanto mi affascina questo modo che hai di gridare le note. Quel giorno mi hai risposto che ciò che scrivi ha senso e forza solo se lo gridi altrimenti muore, si spegne, diventa inutile. Lo so bene che non è soltanto una voce che vuole così levarsi dall’impasto omogeneo del coro. Lo sono bene che finalmente, questa qui è una voce che ha solo bisogno di essere se stessa… solo così ha senso tutto questo bellissimo disco…

Non smetterò di gridare, potrei farlo anche sottovoce, ma dentro non smetterò di gridare fino a quando non mi sentirò.

Grazie per le tue bellissime domande, grazie per avermi fatto capire che non sono il solo a guardarmi dall'alto. Un abbraccio fortissimo.


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