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REVIEWSLE RECENSIONI
17/07/2024
Mike Campbell & The Dirty Knobs
Vagabonds, Virgins & Misfits
Al terzo disco in quattro anni, Mike Campbell e i suoi Dirty Knobs fanno ormai sul serio. Con un riuscito mix di psichedelia e garage rock, “Vagabonds, Virgins & Misfits” alza ulteriormente il livello di una band nata per hobby e che oggi è una consolidata realtà.

Per Mike Campbell, i Dirty Knobs sono diventati una cosa seria solo dopo la morte di Tom Petty. Chitarrista solista degli Heartbreakers e braccio destro di Petty per oltre quarant’anni (se contiamo anche il loro primo gruppo, i Mudcrutch), Campbell aveva fondato i Dirty Knobs all’inizio degli anni Duemila con il chitarrista Jason Sinay, il batterista Matt Laug e il bassista Lance Morrison. Niente di più che un hobby per dei sessionmen di lusso (Campbell incluso), di giorno impegnati a prestare la loro opera nei principali studi di registrazione di Los Angeles e di sera liberi di divertirsi in qualche club di Santa Monica.

Con la scomparsa di Petty nel 2017 e il successivo scioglimento degli Heartbreakers, prima Campbell ha accettato l’invito dell’amica Stevie Nicks a partecipare all’ultimo tour mondiale dei Fleetwood Mac (che lo ha visto impegnato fino alla fine del 2019) e poi si è dedicato anima e corpo ai suoi Dirty Knobs, che fino a quel momento – paradossalmente – non erano mai entrati in studio di registrazione. Nel primo disco, Wreckless Abandon, uscito nel 2020 in piena pandemia, Campbell e soci in un certo senso hanno ripreso da dove gli Heartbreakers si erano interrotti (Hypnotic Eye, 2014), prendendo il sound dei tanto amati Byrds e delle band della British Invasion contaminandolo con il garage, il power pop e il blues. Per il successivo External Combustion (2022), invece, Campbell ha alzato ulteriormente la posta in gioco.

Il cambio di ragione sociale in Mike Campbell & The Dirty Knobs (è più facile comparire sui cartelloni dei festival e attirare il pubblico se viene evidenziato che nella band è presente il chitarrista degli Heartbreakers) non è stata soltanto una mossa di marketing, ma la presa di coscienza che la band aveva compiuto un’evoluzione: non più un collettivo con un primum inter pares ma un progetto solista con un leader e dei gregari. Ecco quindi che External Combustion è un disco molto più elaborato del precedente (anche se stiamo parlando comunque di una band che suona il rock ‘n’ roll come se fossimo ancora alla fine degli anni Sessanta), con Campbell che decide di sacrificare la quota garage in favore di un suono stratificato fatto di layer di chitarre acustiche, archi, fiati e armonie vocali.

 

In Vagabonds, Virgins & Misfits – arrivato a soli due anni dal disco precedente, a testimonianza del fatto che Campbell ha trovato oramai una discreta confidenza nella scrittura – l’ex Heartbreaker se possibile mette ancora più carne sul fuoco, realizzando quello che è senza dubbio il miglior disco della band. E se è vero che i Dirty Knobs non hanno mai avuto un sound così rock come quello di questo album, è altrettanto vero che il gruppo non ha mai proposto un tale ventaglio di soluzioni sonore come in Vagabonds, Virgins & Misfits.

Molto probabilmente questo è dovuto al fatto che nel corso degli ultimi due anni la lineup della band ha conosciuto un paio di avvicendamenti – il chitarrista originale Jason Sinay è stato sostituito da Chris Holt, che qui fa il suo debutto, così come l’ex batterista degli Heartbreakers Steve Ferrone ha preso il posto di Matt Laug, che ha scelto di andare in tour con gli AC/DC («È l’ingaggio dei suoi sogni», ha detto Campbell. «Una volta era in una band con Slash e hanno aperto per gli AC/DC. Ha sempre sognato che un giorno avrebbe potuto ottenere quel lavoro, e così è stato. Sono molto felice per lui») –, e quando puoi contare su di un polistrumentista versatile come Holt, che oltre a suonare con Don Henley si divide tra i Max Weinberg’s Jukebox (cover band del batterista di Springsteen dedicata ai grandi classici del rock ’n’ roll) e i Live & Let Die (specializzata nel repertorio di Paul McCartney) e un batterista dal curriculum extralarge come Ferrone (Eric Clapton, George Harrison, Brian Ferry, Duran Duran), in pratica puoi fare quello che vuoi. 

 

Ecco quindi che in Vagabonds, Virgins & Misfits i Dirty Knobs introducono nel loro sound una sana dose di psichedelia, come nell’opener “The Greatest”, un brano a metà strada tra i Beatles di Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band e Magical Mistery Tour e i Byrds di Fifth Dimension e Younger Than Yesterday, oppure di glam, come in “Shake These Blues”, caratterizzata da un andamento che ricorda il David Bowie di Aladdin Sane, con un break strumentale che lancia i Dirty Knobs nella stratosfera – prima che l’accento inconfondibilmente southern di Campbell riporti tutti a Terra.

In “Innocent Man” Mike e soci tornano invece a far sentire le loro chitarre jingle-jangle in un pezzo che più Byrds di così non si può, mentre in “So Alive” l’influenza garage blues si sente eccome, tanto che la canzone potrebbe essere scambiata per un outtake del sottovalutato Mojo di Tom Petty & The Heartbreakers. E a proposito di Heartbreakers, una canzone come la bellissima “Dare to Dream” (forse il pezzo più bello del disco, anche grazie ai cori del leggendario Graham Nash) non avrebbe sfigurato affatto in nessuno dei loro dischi prodotti da Rick Rubin negli anni Novanta, mentre la ballata “Hands Are Tied” sembra uscita dal capolavoro Wildflowers, tanto che a un certo punto è davvero facile scambiare la voce di Mike per quella dell’amico fraterno Tom.

E se “Angel of Mercy” sembra un barno dei Travelling Wilburys oppure del George Harrison di Cloud Nine, con una chitarra slide che sembra suonata dall’ex Beatle in persona, “Hell or High Water” è una riuscitissima ballata country, cantata in duetto con la veterana Lucinda Williams, che vi riversa allo stesso tempo tutta la sua tenacia e la sua fragilità. Molto bello anche il pezzo con l’ormai partner in crime Chris Stapleton (ormai le collaborazioni tra lui e Campbell non si contano più) in “Don’t Wait Up”, un boogie rock alla Rolling Stones con l’ex Heartbreaker Benmont Tench al piano, che ci porta a fantasticare a come sarebbe un disco del cantante di Lexington tutto così.

 

Molte delle canzoni di Vagabonds, Virgins & Misfits sono nuove, ma “Dare to Dream”, “Hands Are Tied”, “Angel of Mercy”, “Don't Want Up” e “Hell or High Water” provengono tutte dal vasto archivio di Campbell. «Ai tempi scrivevo canzoni e le davo al mio socio Tom, e non facevo altro», ha racconta Campbell a Rolling Stone. «Gliene ho date così tante che non avrebbe mai potuto usarle tutte. Molte le ho messe nel cassetto, per valutarle in futuro. Ed eccomi qui, nel futuro, a tirarle fuori».

Il disco si chiude con “My Old Friends”, una giocosa ballata country su un alcolista incallito che è costretto a dire addio a tutti i suoi drink preferiti, non prima però di averli elencati tutti un’ultima volta, e “Amanda Lynn”, uno strumentale di 43 secondi con un titolo che fa intuire immediatamente con che cosa possa essere stato suonato. Un finale divertente e leggero che in un certo senso chiude un cerchio e riporta i Dirty Knobs al punto di partenza. Nati come hobby, divertirsi è tutto quello che vogliono continuare a fare.