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TRACKSSOUNDIAMOLE ANCORA
Unsatisfied
The Replacements
1984  (Twin/Tone Records)
ROCK
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22/04/2024
The Replacements
Unsatisfied
Una delle più belle canzoni scritte da Paul Westerberg, una malinconica resa esistenziale di fronte alle promesse non mantenute dell'esistenza

Non è certo questa la sede per affrontare un capolavoro, per cui sono già stati spesi, e a ragione, fiumi di inchiostro. Basti sapere che Let It Be (1984), terzo album dei Replacements, band originaria di Minneapolis (Minnesota) è stato un album rivoluzionario, non solo perché ha segnato un cambiamento drastico nel modo di scrivere canzoni di Paul Westerberg, il talentuoso leader della band, e nel suo ruolo decisivo nel dare una direzione al suono del gruppo, ma anche perché è oggi considerato uno dei dischi più influenti degli anni ’80 e della storia intera, diventato nel tempo vero e proprio oggetto di culto di molti appassionati, oltre che riferimento di un’intera generazione. Tanto che, per quanto i Replacements non abbiamo mai scalato le classifiche e non abbiamo mai raggiunto il successo commerciale che avrebbero meritato, si può affermare, senza rischiare di esagerare, che la band sia stata una delle più importanti in assoluto per lo sviluppo di quello che definiamo indie rock.

Let It Be, insieme al successivo Tim (1985) può essere definito, sic e simpliciter, un capolavoro, un disco che, cito Piero Scaruffi, “meglio equilibra il fremito adolescente del punk con l'anelito proletario della giovinezza matura”, e che “trasformò i Replacements da semplici icone generazionali ad artisti universali”.

In un filotto di canzoni imperdibili, compare come settima traccia Unsatisfied, dichiarazione di perpetua insoddisfazione e, probabilmente il brano più bello mai scritto da Westerberg.

A voler giocare un po’ coi rimandi e gli accostamenti, si può considerare Unsatisfied un aggiornamento anni ’80 della frustrazione giovanile cantata negli anni ’60 in (I Can't Get No) Satisfaction dai Rolling Stones. Anzi, in un certo senso, è una versione più seria, forse più matura, del tema che condivide con il brano degli Stones, quell’essere incompreso, quell’essere incapace di inserirsi nel tessuto sociale, quel sentirsi fuori tempo massimo, quel dolore provocato dal misurarsi con le perpetue bugie dell’esistenza umana. Satisfaction degli Stones, come direbbero i giovani oggi, spacca, è una canzone che spinge l’ascoltatore a muoversi, ad alzarsi in piedi e saltare, a gridare a squarciagola, trasportato da innodiche vibrazioni. In un certo senso, è inclusiva e “soddisfacente”.  Unsatisfied, invece, invita alla stasi, a crogiolarsi nella riflessione malinconica. C’è un’immensa bellezza, ma non è la bellezza con cui si balla; è più voluptas dolendi, prendere atto del fallimento e disperarsi in esso.

Il cinismo nel cuore della canzone è, infatti, implacabile, senza alcun raggio di sole: Tutto quello che sogni È proprio di fronte a te, e tutto è una bugia”, canta Westerberg dopo una serie di domande retoriche. Non c’è un filo di speranza, nessuna possibilità, nessun futuro plausibile. Unsatisfied, in tal senso, è differente dalle altre canzoni dei Replacements, che anche nella loro forma più cupa erano divertenti in modo caotico e punk. Questa, invece, sembra più una riflessione rabbiosa di un uomo di mezza età, che ha perso ogni afflato vitale, che un brano scritto da un ragazzo di venticinque anni, che suona rock’n’roll e a cui si stanno aprendo le porte del successo.

Nel retroterra letterario di Unsatisfied, quindi, non è difficile individuare il disgusto totale per l’inautenticità dell’esistenza umana che si poteva trovare in Albert Camus (Lo straniero), in Jean – Paul Sartre (La Nausea) o, per restare in terra d’America, ne Il Giovane Holden, capolavoro transgenerazionale di J.D. Salinger.

Non solo. Nell'innocente e cruda confessione di Unsatisfied, vediamo una prefigurazione del grunge degli anni '90, un movimento imbevuto di esistenzialismo e di una dolorosa presa di coscienza del fallimento di un’intera generazione. Non sorprende, quindi, che Dyslexic Heart, brano di Paul Westerberg, datato 1992, compaia nella colonna sonora di Singles, uno dei film più importanti e rappresentativi della cultura di quel decennio. Non un caso, ma quasi una necessità: la depressione armonica e il malcontento di Westerberg unirono il punk degli anni '70 e il grunge degli anni '90 in un unico, doloroso e tormentato abbraccio di una gioventù senza speranze.