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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
29/04/2024
Toots and the Maytals
Unplugged on Strawberry Hill
La dimensione unplugged ben si addice a uno degli eroi del reggae che ha ispirato i gruppi e gli artisti più disparati, dagli Specials a Willie Nelson, dai Clash e i Madness a Keith Richards e Mick Jagger, fino ad arrivare a Amy Winehouse. Riviviamo la storia di questa bella pubblicazione.

Possono dodici titoli e soli trentasette minuti condensare in un album l’universo di Toots and the Maytals? La risposta è affermativa, grazie a un’operazione svolta con il cuore e la passione. In Unplugged on Strawberry Hill ci sono effettivamente tutti gli ingredienti principali di uno dei marchi più resistenti del girone reggae. Facciamo, però, velocemente un passo indietro prima di parlare compiutamente di questo piccolo capolavoro dato alle stampe nel 2012.

 

I Maytals, conosciuti dal 1972 al 2020 come Toots and the Maytals, si formano in Giamaica nei primi anni Sessanta, dapprima come gruppo vocale di genere ska e rocksteady. Dopo aver già piazzato in classifica alcuni successi, ottengono un contratto discografico con la mitica Island Records e cambiano il nome attribuendo così maggiore importanza al loro frontman Toots Hibbert (scomparso nel 2020), membro fondatore del sodalizio insieme a Henry "Raleigh" Gordon e Nathaniel "Jerry" Matthias. Durante gli anni l’ensemble raggiunge la celebrità internazionale in seguito alla massiccia diffusione del reggae, genere a cui viene dato il nome proprio grazie al loro singolo del 1968 "Do the Reggay", ovviamente presente nella tracklist di Unplugged on Strawberry Hill. Si tratta infatti della prima canzone in cui viene utilizzata quella parola, l’iniziazione di un appellativo che a breve diventerà di patrimonio globale.

Il tempo scorre velocemente, portando, tra alti e bassi, Toots and the Maytals oltre la soglia del nuovo secolo con decine di album all’attivo. La scelta di tirare le somme dopo una così lunga carriera avviene in maniera originale e inusuale con un disco “senza spina”, una moda nata nei Novanta e mai tramontata. L’intuizione risulta vincente, e nel 2012 vengono registrate un pugno di canzoni nella casa/studio del patron Chris Blackwell, situata a Strawberry Hill, sulle alture attorno a Kingston. Nella dozzina di brani troviamo tutto il percorso di Hibbert, dall’adolescenza al momento di tale incisione, con perle del calibro di “Sweet and Dandy” e “True Love is Hard to Find”, ritornata celebre nel 1986 grazie a Bonnie Raitt e ripresa dai Gov’t Mule con il suo autore anche molto più avanti, nel 2015.

 

Non possono poi mancare le versioni acustiche di alcuni stralci di storia della musica giamaicana. Ecco dunque le indimenticabili “Time Tough” (opener di lusso dell’opera) “Pressure Drop”, “Reggae Got Soul”, “Monkey Man”, “Funky Kingston” e “I’ll Never Grow Old”, veri e propri pezzi di vita, a cui sorprendentemente giovano gli arrangiamenti asciutti ed essenziali per chitarra e basso, rispettivamente di Toots e suo figlio Hopeton. Ai cori provvedono le due figlie Leba e Jenieve, (meravigliosi i loro vocalizzi nella già menzionata “True Love is Hard to Find”), mentre le percussioni sono preda dell’istrionico Sidney “Billy” Watson.

Altre due composizioni incluse rappresentano con vigore il manifesto dell’esistenza del gruppo e del suo frontman: “Bam Bam”, vincitrice della prima edizione del Jamaican Independence Festival Popular Song Competition (1966) e la mitica “54-46 Was My Number” (1969), nella quale, dopo aver trascorso un anno in prigione, Hibbert racconta la sua esperienza dietro le sbarre e trasforma sgomento e rabbia in eccitazione e redenzione ottenendo uno dei primi successi internazionali.

 

«Quando si viene al mio spettacolo, se si controlla, ci sono neri e bianchi, giovani e persone mature come me. Allora io divento loro. E loro diventano me». Estratto da intervista a Toots Hibbert, indipendent.co.uk, 2020.

La forza di quest’uomo e della sua band si evidenzia pure nelle sue affermazioni, profonde e vicine alla trascendenza. L’artista giamaicano non si è mai fermato, gestendo in maniera oculata il suo mito mantenendo un piede nel glorioso passato e muovendo l’altro nel presente, con attenzione al futuro. “Celia”, ad esempio, arriva da Light Your Light del 2007 e si integra perfettamente con il repertorio storico, a dimostrazione di un’invidiabile continuità.

 

«Toots era una bomba! Una persona irrefrenabile a cui sono stata legata da una profonda amicizia. Registrare con lui rimane un ricordo incancellabile, un picco della mia carriera». Estratto da intervista a Bonnie Raitt, rollingstone.com, 2020.

Un’ultima chicca per gli appassionati riguarda la descrizione del bonus DVD, generosamente allegato all’incisione audio. Si tratta di qualcosa di imperdibile, con materiali d’archivio, interviste, spezzoni live e testimonianze di amici e colleghi, tra cui anche Keith Richards, Willie Nelson, Bonnie Raitt e Jimmy Cliff. Parafrasando uno dei pezzi storici di Toots and the Maytals presente in scaletta, tali canzoni “non invecchieranno mai” e questo è un lavoro che rimarrà fra le più belle opere mai incise dal gruppo, che tra cambi di lineup e tormentate vicissitudini, incarna tuttora la quintessenza del reggae.