Kit è una fallita. O un'eterna Peter Pan. O un'artista incompresa. O una figlia incompresa. Lei che è stata cacciata dalla scuola d'arte, lei che torna a vivere dai genitori motivatori per adolescenti in difficoltà, lei che resta una bambina, senza amici, con solo i suoi peluche ad ascoltarla. La depressione è in agguato, sotto le vesti di un lavoro che la trasformerà nell'ennesimo numero di grigio vestito abbandonando gli abiti arcobaleno che la caratterizzano. Ma dal cielo piove la sua salvezza. O forse solo dal quel suo lato fanciullesco che non vuole cedere all'età adulta: un unicorno, tutto per lei, che l'aspetta nel negozio di unicorni. Un negozio di unicorni? Un unicorno? Sì, proprio come quello che Kit e migliaia di bambine nel mondo hanno sempre desiderato. Come averlo? Dimostrando di potersene prendere cura economicamente, domesticamente, amorevolmente. E allora, Kit dovrà rimboccarsi le maniche, per guadagnare abbastanza, per costruire una stalla come si deve, per fare pace con quella famiglia invasiva.
Il tema non è nuovo: quello dell'eterno Peter Pan che non ci sta a crescere, non crede agli scotti che la vita gli mette davanti. Un pizzico di magia in cui avere fede. Un percorso che aiuterà, con e senza magia, a stare bene. Di diverso in questo caso ci sono toni assurdi, un umorismo esagerato che parla tramite spot televisivi, fogli da fotocopiare, commessi isterici e soprattutto presentazioni glitterate di aspirapolvere. Di meno, c'è però da sottolineare che manca una caratterizzazione a definire Kit per quello che è. Un background che giustifichi l'impossibilità a comunicare con quei genitori e a essere adulti. Ma la magia Brie Larson ce la mette lo stesso. Al suo esordio alla regia, mette a frutto i guadagni di un Oscar e il passaggio ai blockbuster (King Kong, Captain Marvel - anche se questo girato dopo la realizzazione del film) tornando a quel mondo indie in cui si era fatta le ossa. Si contorna poi dell'amico Samuel L. Jackson divertito e divertente, e di un Mamoudou Athie sempre più onnipresente. Ne esce un film strano, fanciullesco e che rischia sempre di andare oltre: oltre il possibile, oltre l'arcobaleno. Ma per fortuna la luce e i colori sono di quelli magici.