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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
09/09/2024
Ludovico Einaudi
Una mattina
Libertà, voglia di raccontare le proprie emozioni e condividere le piccole cose. Tutto questo affiora in uno dei dischi intramontabili di Ludovico Einaudi, Una mattina. Andiamo a riscoprirlo esattamente a vent'anni dalla sua pubblicazione.

«Nel periodo in cui mi sono avvicinato al blues ho dovuto per forza abituarmi all'improvvisazione. Poi, verso la fine degli anni Settanta suonavo con un mio gruppo sulla scia del Miles Davis elettrico. Ora, per Una Mattina, la mia idea si plasma su altre fonti, comunque sempre riconoscibili. Sono stato a contatto con il virtuoso di kora Ballake Sissoko e ho riscoperto forme diverse di improvvisazione, tuttavia come un circolo virtuoso tutto si ricollega agli inizi».

Estratto da classicfm.com, 2004

 

Una mattina è un lavoro caldo e pulito di stampo minimalista del compositore e pianista Ludovico Einaudi, pubblicato esattamente vent’anni fa e meritevole di un nuovo approfondimento.

Allievo di Luciano Berio nei primi anni ottanta, amante della contaminazione tra classico e moderno, Ludovico è un artista a tutto tondo, sensibile e curioso. Memore delle esperienze passate e della circolarità temporale, in questo album vuole raccontare il presente, le piccole cose che scandiscono la quotidianità: l'incrociarsi in una stanza con i figli Jessica e Leo (al quale è dedicata una canzone), lo sfogliare i libri, il sedersi al piano, soprannominato Tagore, e ancora il vedere le nubi cambiare impercettibilmente aspetto (a tal proposito è davvero emozionante l'accoppiata "Nuvole nere" e "Nuvole bianche").

 

Einaudi si concentra sul particolare, lo esamina, lo descrive nel suo lento evolversi naturale, quasi lo sviscera in modo maniacale. Se ci si sofferma sui titoli dei pezzi ci si accorge dell'oggetto dell'osservazione e si comprende con quanta tenerezza il musicista venga affascinato dal microcosmo che lo circonda e riesca a creare, unicamente con la magia di un pianoforte, affreschi di rara intensità, dipingendo con le sue dita ispirate umori, passioni, memorie e attimi di contemporaneità da vivere profondamente.

Scorrono così la title track, "Ora", "Dolce Droga", "Dietro casa" e “Come un fiore” ed è difficile in realtà distinguere tra minimalismo, ambient o classico, tutte denominazioni che sono state date allo stile del pianista torinese. La certezza è una sola: si tratta di composizioni che scavano un tunnel e si insinuano nel profondo del nostro cuore facendo scaturire ricordi ed evocando la bellezza del momento, dell’istante da vivere con consapevolezza per stare bene.

 

Una mattina si colloca tra i migliori dischi dell’artista, insieme al noto Le Onde (1996), al successivo Divenire (2006) e al recente Underwater (2022), e piace anche per la semplicità e umiltà con cui si collega al noto violoncellista Marco Decimo nel trittico "Resta con me", “A fuoco” e “DNA”, momento clou di un’opera affascinante, fresca come una sorgente d’acqua pura di montagna. I tre brani mostrano una perfetta intesa fra i due strumenti che a volte si alternano e altre si intersecano armonizzando e sostenendosi a vicenda.

Non v’è, comunque, alcun punto debole nell’album, mai noioso pur se, ovviamente, strumentale e monotematico. Anche la celestiale “Questa volta” e la lunga suite conclusiva "Ancora" lasciano con il fiato sospeso per la bellezza delle melodie, ove si evidenzia il suono caldo e intenso del pianoforte.

 

«Se qualcuno mi chiedesse di questo album, potrei definirlo una raccolta di canzoni legate insieme da una storia. Una mattina parla di me adesso, della mia vita, delle cose attorno a me. Racconta del mio amato strumento, dei miei figli, e poi c’è il tappeto kilim arancione, luce del mio salotto, vi sono le nuvole solcanti lentamente il cielo. Una mattina, inoltre, racconta la luce del sole che entra dalla finestra, la musica che ascolto, i tomi che leggo e quelli che non leggo, i miei ricordi, i miei amici e le persone che amo». Estratto dalle note del booklet.

 

Una sorta di ricerca di estasi senza fine nelle “piccole cose”, un carpe diem sotteso a intravedere la felicità in lontananza. Una serenità forse impossibile da raggiungere, ma a volte tanto vicina da sembrare di lambirla, come quando una nota e una musica toccano le corde dell’anima.