Quello che differenzia la musica dalle altre espressioni artistiche è il fatto che si può salire di un tono per aumentare il pathos a proprio piacimento, un escamotage sfruttatissimo a Sanremo da tutti coloro che non se la sentono di abbandonare i cliché della canzonetta italiana e che non hanno altre armi a proprio vantaggio per vincere, se non, appunto, quelle degli artifici applicati alle tecniche della costruzione a tavolino della musica, quando da un punto di vista creativo le singole capacità non sono sufficienti.
Come quando un allenatore chiama il time out per stemperare l’entusiasmo degli avversari. Tutta psicologia, tattica, strategia. Le battaglie si vincono anche così. Anche nella narrativa ci sono tecniche per piacere di più al lettore, le scuole di scrittura creative americane hanno inventato l’industrializzazione degli scrittori e non lo dico con un’accezione negativa in quanto sono io il primo a leggerli tutti. Anche il cinema è così, c’è tutto un metodo per strutturare la narrazione in modo che se a un certo minutaggio fai succedere qualcosa puoi star certo che funziona di più.
Ora non ricordo chi ha teorizzato tutte queste cose, ma sono certo che Google lo può fare per voi. Ma tornando al focus di questo post, quando si dice salire di tono applicato a una conversazione, per esempio, una discussione o un confronto, l’espressione probabilmente dev’essere senz’altro presa a prestito dall’omonima tecnica di arrangiamento musicale. Questo significa che Sanremo è preso a modello? Ma che domande mi fate. Certo è che si tratta di un fenomeno proprio delle arti dinamiche, mentre risulta difficile con quelle statiche e plastiche. Non puoi passare da re maggiore a mi maggiore, per fare un esempio, quando dipingi un quadro. Fare una foto in fa diesis che poi modula in sol diesis.
Ma sono sicuro che se siete gente che si esprime con il massimo agio con queste cose, un sistema per vincere il vostro Sanremo personale sugli altri lo conoscete.