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Un film un disco vol. 2
Faust/F.W. Murnau - Nosferatu (1922-1997)
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24/11/2017
Faust/F.W. Murnau - Nosferatu (1922-1997)
Un film un disco vol. 2
Murnau troverà la perfezione con Aurora e L’ultima risata, fuori da ogni eccentricità e deformazione espressioniste, lontane dalle sue corde. Il Nosferatu del 1922, non riuscito, trova però, nel 1997, la complicità dei Faust che donano un’aura nuova alla pellicola: non a caso è titolato Faust Wakes Nosferatu. Disco da ascoltare, anche in disparte dal film.
di Vlad Tepes

Togliamoci subito il dente: preferisco il Nosferatu di Herzog a quello di Murnau. Se non credete ha chi ha la casa mattonata di VHS di film muti credete almeno a uno dei migliori critici del dopoguerra, Francesco Savio[1]: “[Murnau] conobbe una crescita lenta, un tirocinio difficile e cauto … Inspiegabile … è il credito che, per moltissimi anni, gli esperti hanno accordato a Nosferatu, elegante, ma evanescente anticipazione del miglior Dreyer tedesco (Vampyr[2]) … il film ha qualcosa di duro, ed insieme esitante: tra i pochi di cui si possa dire senza scandalo che è invecchiato per cattiva stagionatura o, più semplicemente, per difetto di autorità (penso, soprattutto, alla desolante mediocrità della recitazione)”. Anche la lettura psicanalitica del film di Murnau aggiunge poco al valore estetico e, soprattutto, non convince: “ … il viaggio di Hutter – che, insoddisfatto delle convenzioni borghesi, si avventura in un mondo vietato e libera col suo atto trasgressivo le potenze delle tenebre – è un vero itinerario iniziatico al centro dell’inconscio … [un] appuntamento col proprio doppio demoniaco[3]. Non è così: lo Hutter del film, uno sciocco, sembra soddisfattissimo della propria vita; il viaggio è un mero accidente; la figura del male, il conte Orlock, puramente meccanica, i riferimenti esoterici e demonici da trovarobato.

La lettura profonda anzidetta pare, quindi, una sovrastruttura impressa dai critici posteriori e sembra lecita se la riferiamo ai simboli di Stoker che si rinvengono nella sceneggiatura di Henrik Galeen. Solo un certo clima espressionista (le scene sulla nave, la piazza di Knock) consentono la sopravvivenza estetica della pellicola in ambito alto. Herzog riutilizza parecchie inquadrature del film del ’22, ma le trasfigura alla luce della propria visione romantica (titanica e tragica) dei rapporti fra Cultura e Civilizzazione, fra individuo e società, una dicotomia simbolica talmente potente da permettere interpretazioni profonde, sociologiche, politiche, antropologiche. Il mondo di Nosferatu, freddo, tenebroso, ancestrale, basato sullo ius sanguinis – il mondo di Hutter-Harker, caloroso, luminoso, sancito dalla legge positiva, cosmopolita. Il secondo universo, però, sublima dal primo attraverso un processo storico di civilizzazione di cui abbiamo occultato le radici; l’irruzione di Nosferatu, fatale, ce le svela nuovamente: la costruzione sociale, basata sulla dimenticanza, le stragi, le menzogne, crolla miseramente. La peste dilaga, ma è una peste ideologica. Il vampiro, diverso e mortifero, è, però, anche una figura solitaria, lacerto d’una cultura residuale e destinata a soccombere (come sempre in Herzog): gli aborigeni australiani, i candidi Bruno S. e Kaspar Hauser, gli indios de Il diamante bianco e Fitzcarraldo combattono battaglie già perse. L’Occidente, il capitale, la tecnica dominano il mondo. Da questo punto di vista la scena finale del film herzoghiano con Harker-Hutter che, vampirizzato, fugge sui Carpazzi, è una insolita nota di speranza…

Murnau troverà la perfezione con Aurora e L’ultima risata, fuori da ogni eccentricità e deformazione espressioniste, lontane dalle sue corde. Il Nosferatu del 1922, non riuscito, trova però, nel 1997, la complicità dei Faust che donano un’aura nuova alla pellicola: non a caso è titolato Faust Wakes Nosferatu. Disco da ascoltare, anche in disparte dal film.

[1] Francesco Savio, Visione privata, 1973, ppg. 226-227.

[2] Se Nosferatu è ispirato dal Dracula di Bram Stoker, Vampyr è foggiato, molto liberamente, su Carmilla di Joseph Sheridan Le Fanu.

[3] Ermanno Comuzio, Dizionario universale del cinema, I, I film, 1984.