2 luglio 2022, due ladri rapinano una importante gioielleria di Ginevra. Ma questo non sarà un colpo come tutti gli altri. Venti giorni prima, in un elegante sobborgo sulle rive del lago, Sophie Braun sta per festeggiare il suo quarantesimo compleanno. La vita le sorride, abita con il marito Arpad e i due figli in una magnifica villa al limitare del bosco. Sono entrambi ricchi, belli, felici. Ma il loro mondo idilliaco all’improvviso s’incrina. I segreti che custodiscono cominciano a essere troppi perché possano restare nascosti per sempre. Il loro vicino, un poliziotto sposato dalla reputazione impeccabile, è ossessionato da quella coppia perfetta e da quella donna conturbante. La osserva, la ammira, la spia in ogni momento dell’intimità. Nel giorno del compleanno di Sophie, un uomo misterioso si presenta con un regalo che sconvolgerà la sua vita dorata. I fili che intrappolano queste vite portano lontano nel tempo, lontano da Ginevra e dalla villa elegante dei Braun, in un passato che insegue il presente e che Sophie e Arpad dovranno affrontare per risolvere un intrigo diabolico, dal quale nessuno uscirà indenne. Nemmeno il lettore.
Ormai, parlare di caso editoriale a ogni uscita di un romanzo di Joel Dicker, è quanto mai riduttivo. Nonostante il nuovo corso, inaugurato con Il Caso Alaska Sanders, romanzo a partire dal quale lo scrittore svizzero è diventato editore di sé stesso, Dicker è una vera e proprio macchina da guerra, vende milioni di copie in tutto il mondo e i suoi lavori sono attesi con trepidazione da schiere di fan adoranti.
Per un semplice, quanto evidente motivo: è dannatamente mainstream. La sua prosa è accessibile a tutti, non si perde in descrizioni paesaggistiche e non indugia mai nella descrizione psicologica dei personaggi, che si perdono nell’oblio appena chiusa l’ultima pagina di un suo romanzo. Una scrittura che procede sempre in orizzontale, nella quale non c’è spazio per il ragionamento e la riflessione, e tutto è diretto, immediato, immediatamente assimilabile. In Dicker, ciò che conta davvero, è l’azione, l’hic et nunc del colpo di scena, l’intreccio narrativo a incastro, questo sì, complesso, almeno fino a quando tutti i nodi vengono al pettine.
Un Animale Selvaggio ne è l’ennesima conferma: i fatti si affastellano uno sull’altro, in un continuo alternarsi tra presente e passato, per produrre un accumulo di tensione e insufflare adrenalina nel lettore fino alle ultime pagine, in cui, altro merito dello scrittore, nulla è come si poteva prevedere nel corso della lettura.
Anche se vette come La Verità Sul Caso Harry Quebert non sono mai più state raggiunte (per quanto Alaska Sanders ci fosse andato molto vicino), Dicker continua ad affascinare i propri lettori con uno stile, piaccia o meno, ben definito e immediatamente riconoscibile, e con quell’innato talento che gli permette di costruire thriller palpitanti, che hanno l’indubbio merito di divertire con leggerezza e, nello specifico, anche un filo di prurigine.
Se cercate in un romanzo qualcosa di più di questo, è meglio passare oltre, perché qui non troverete nulla che si avvicini a quella che siamo soliti definire “alta” letteratura. Se, invece, il vostro obbiettivo è quello di passare qualche ora di piacevole svago, muovendovi tra la Costa Azzurra e Ginevra, Un Animale Selvaggio non vi deluderà. Perché Dicker, pur con tutti i suoi limiti, sa tenere in pugno il lettore con facilità disarmante. In questo, vi assicuro, è un vero maestro.