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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
04/02/2019
Le interviste di Loudd
Umberto Ti.
In bilico tra pop italiano, canzone d'autore e sonorità alternative, Umberto Ti. ci consegna un album maturo, diverso dal solito. Questa è la sua "Alaska".

Sono molti gli elementi interessanti di questo album, realizzato con la produzione artistica di Giuliano Dottori, noto per i suoi lavori solisti e per gli ottimi dischi con gli Amor Fou. Come prima cosa, complimenti per il tuo nuovo disco, davvero curato e particolare. Nei testi ho trovato un'attitudine pop, ma allo stesso tempo bilanciata da scelte mai scontate... come nasce questo equilibrio?

Sono contento che ti sia piaciuto il mio nuovo album Alaska. Questo equilibrio credo nasca dell'ascolto che ho fatto in passato di molta musica cantautorale, da Leonard Cohen fino a Elliott Smith, molto vicina alla poesia. Poi con gli anni mi sono avvicinato anche ad altri generi, ad un rock più internazionale, da Neil Young fino ai The Verve. Diciamo che ho avuto molte influenze ma sempre con un filo conduttore, quello della poesia.

 

In questo momento l'indie italiano sta vivendo una stagione molto florida, ti riconosci in questo filone musicale? Come lo valuti?

Mah, non so se il mio genere si possa definire indie, ci sono molte contaminazioni, mi piace intrecciare il cantato quasi recitato con il rock, guardo più ad un sound americano che viene dagli anni 70, al folk. Sono legato alle origini del cantautorato italiano, cerco a mio modesto modo, di portarlo avanti con rispetto ed eleganza.

 

Diverse canzoni hanno uno sguardo malinconico, raccontano eventi trascorsi, a volte sembra di avvertire una sorta di nostalgia per un tempo che fu...

Ogni canzone porta dentro di sé un vissuto, ogni esperienza che racconto mi riporta a quel determinato momento, ma cerco di portare al pubblico una storia nella quale possa chiudere gli occhi e ritrovarsi, i ricordi sono sempre nostalgici perché ci parlano di momenti che passano, ma belli o brutti ci insegnano qualcosa.

 

L'Amore, con la A maiuscola è un altro tema ricorrente, sempre con un tocco conflittuale...

L'amore forse è una via per poter arrivare a raccontare anche altre cose. Sì, è vero, nelle mie canzoni parlo molto delle relazioni umane, ma è anche il modo di raccontare uno stato d'animo, un conflitto interiore che magari ognuno di noi porta dentro. Posso definire le situazioni che racconto come una battaglia sociale con cui ogni giorno, dobbiamo fare i conti.

 

Non sei il primo ad avere intitolato una canzone "Kids", mi viene in mente il brano di Robbie Williams e Kylie Minogue. Scelta consapevole?

 Sinceramente non ci avevo pensato! Ho intitolato questa canzone Kids perché avevo visto un film uscito nel 1997, che racconta le scorribande di alcuni adolescenti residenti nei bassifondi di New York. Quando vidi la prima volta questa pellicola ne restai colpito, ma non avrei mai pensato che molti anni dopo potesse influenzare così tanto questa mia canzone. Avevo un ritornello in testa, un immaginario che poi si sviluppò sopra la trama di questa pellicola.

 

Mi ha colpito anche "Bugie", se non sbaglio il primo singolo, un brano con una vena più da cantautore.

Sì, “Bugie” è il primo singolo estratto da Alaska, è un brano un po' ermetico, una ballata acustica piena di sottofondi fatti di feedback, chitarre slide e shoegaze. Ho voluto dargli un taglio psichedelico vicino ai My Bloody Valentine.

 

"Principianti" la vedo invece più pop e ancora più pop "Solo Un Uomo" o "Motel" in cui sembra che lasci andare questa vena, e giochi anche la carta della melodia e dei ritornelli...

Sono brani molto intensi, “Principianti” ha una melodia dritta, “Solo un Uomo” è più un folk mentre “Motel” è una ballad dove la tensione emotiva è sorretta da un feedback continuo di chitarra elettrica.

 

Proporrai dal vivo questo repertorio? Con che formazione?

Certo che sì! Tutte queste canzoni le proporrò ai miei nuovi live, presto pubblicherò le date, accompagnato dall'amico Leonardo e la sua chitarra elettrica!