«Mio nonno suonava il violino durante la Prima Guerra Mondiale nelle trincee quando combatteva contro i tedeschi. Fu catturato e scomparve, dato per morto, ma tornò sei mesi dopo. Aveva perso la voce a causa del gas “mostarda”, ma sapeva ancora utilizzare il violino e lo suonava per farmi addormentare dopo cena, quando ero nel mio lettino. Ho ereditato il suo strumento e l’ho usato nelle orchestre della scuola. Poi sono andato all'università e ho studiato belle arti a Oxford: insieme ad alcuni miei amici musicisti sono andato in giro per l’Europa durante le vacanze. Naturalmente ho portato con me il violino del nonno, ma ci ho messo sopra un plettro e l’ho dipinto di viola».
L’incredibile storia di Ed Alleyne-Johnson nasce da quei gesti rivoluzionari, colorare di viola il suo violino e servirsi di un plettro per disegnare insolite armonie. Una carriera straordinaria, iniziata e continuata come busker, ovvero artista di strada, che l’ha condotto alla militanza nei New Model Army e a un’attività solista di grandissimo livello, con il bellissimo Ultraviolet indimenticabile fiore all’occhiello.
Nato a Liverpool nel 1959, Ed è un bambino quando i Beatles diventano improvvisamente famosi e, oltre a rappresentare una costante ispirazione durante la sua gioventù, ne è in qualche modo collegato. Suo zio, infatti, alloggia dalla zia Mimi di John Lennon quando sta facendo tirocinio da insegnante, mentre il padre è professore di Paul McCartney e George Harrison al Liverpool Institute. Quando la Beatlemania esplode, proprio suo papà gli costruisce una chitarra giocattolo, una replica della Rickenbacker di Lennon, un manico di legno con un corpo di compensato. Non solo Fab Four, comunque, tra le influenze, ma anche i Fairport Convention di Richard Thompson, il kraut rock dei Can e il rock psichedelico dei Pink Floyd.
Dopo aver suonato in alcune band studentesche di Oxford, Alleyne-Johnson inizia a fare l’artista di strada, fino alla coincidenza, al colpo di fortuna che gli cambia l’esistenza. Siamo nel 1989, i New Model Army stanno registrando il nuovo album Thunder and Consolation nello studio di Richard Branson, appena fuori Oxford, e lo storico produttore Tom Dowd necessita di un vero violino per uno dei brani. Un membro dello staff suggerisce di ingaggiare un busker visto in città, Ed. Il risultato è eccezionale: “Vagabonds” (anche il titolo sembra uno scherzo del destino per il buon Alleyne!) diventa il singolo principale dell’album, ricevendo apprezzamenti per la svolta folk del gruppo.
I New Model Army sono talmente soddisfatti del nuovo sound da invitarlo in tour. Scorrono due anni indimenticabili con la ciliegina sulla torta della data a Berlino, con loro headliner e Iggy Pop a fungere da opening act. Come membro della formazione l’istrionico artista offre il suo contributo in ben cinque album (tre in studio e due dal vivo), pubblicati tra il 1989 e il 1995. Inoltre non si limita a suonare con la band in tournée, ma spesso apre direttamente quegli show come supporto con un personale set da solista che comprende una sua composizione, “Purple Electric Violin Concerto”. Le cose si evolvono velocemente, e prima delle date americane del 1991 il Nostro si costruisce un nuovo violino elettrico a cinque corde (lo suona con un archetto in pelle) abbinato a un pick-up midi, che consente di donare innumerevoli sfumature sonore ai brani creati ad hoc. E qui scocca la scintilla, poiché decide di incidere dal vivo, senza nessun tipo di overdubbing, la sua prima opera, chiamata proprio Purple Electric Violin Concerto (1992). Segue una promozione del lavoro nei negozi di dischi del Regno Unito e il contratto con una casa discografica.
Ultraviolet nasce per merito di tutte queste circostanze e ottiene un forte riscontro nazionale a partire dal 1994, anno della sua pubblicazione. L’originalità della musica e del messaggio arrivano fin oltremanica, rendendo giustizia a un concept album strumentale davvero speciale, nel quale ogni canzone è abbinata a un colore. Sono ovviamente rappresentati, in perfetto ordine, i sette dell’arcobaleno, visti in analogia con il numero di note in una scala musicale. Vengono in più aggiunti il bianco, “White”, il quale figura in entrata nella prima traccia “Intro”, e in uscita alla decima, “Outro”. Non può mancare, poi, il tocco finale dell’artista che in nona posizione inserisce il brano che dà il nome all’album, “Ultraviolet”. Se da un lato si recepisce un’acuta genialità nell’impostazione, dall’altro il lavoro potrebbe sembrare di primo acchito ridondante e noioso, ma in verità già dal primo ascolto si rimane incantati dalla magia di un’ambientazione da favola e di un sound unico, amplificato in modo affascinante e che, a seconda della tematica di colorazione affrontata, assume una particolare melodia garantendo un’esperienza di ascolto difficile da dimenticare.
Ogni composizione è strettamente eseguita dal vivo, come nella precedente opera, con il violino a cinque corde in primo piano e l’uso di digital delays e di effetti tramite pedali che si combinano anche con la voce. Si passa dalla iconica e potente “Red” alla struggente cavalcata “Orange”, forse il pezzo migliore del lotto, in un’atmosfera folk progressive di rara intensità ed emozione.
Ed Alleyne-Johnson dimostra che la singola canzone può incarnare qualunque sensazione, dalla tristezza alla felicità, dalla rabbia allo stupore; ci si sente avvolti da una forte commozione, è un qualcosa di onirico, visionario, come percepire, con la musica, la bellezza dell’arrivo di un’aurora, tutto per merito dell’archetto che con dolcezza e sapienza scorre metodicamente avanti e indietro sulle corde, dipingendo di nuovi colori tutto attorno.
La bellissima copertina rappresenta con grande efficacia l’esperienza vissuta grazie a questo Trovatore del ventesimo secolo. I pensieri, le cose visibili ai sensi sembrano cancellate mentre ci si abbandona a “Yellow”, “Green” e “Blue”. Permane un clima di rilassamento e pace, anche se le composizioni a tratti sono energiche e stratificate per merito degli effetti della pedaliera, utilizzata con grazia e cura per attivare e disattivare la distorsione nel momento preciso, in quell’istante che fa sobbalzare il cuore di chi ascolta. Succede lo stesso in “Indigo” e “Violet”, mentre “Ultraviolet” sembra volere ancora di più, con quella sua tensione quasi a superare l’orizzonte dell’arcobaleno per raggiungere altri e sconosciuti paesaggi sonori.
La carriera artistica di Alleyne-Johnson, il Jimi Hendrix del violino, prosegue con alcuni album di pregevole fattura, su tutti Arpeggio (2011), perfetta sintesi di cover e brani autografi, e con un’intensa attività live, spesso da busker, in nome di quella gioia che scaturisce nel vagabondare di piazza in piazza e offrire musica ai passanti. Sicuramente Ultraviolet rimane il suo disco del cuore, di una bellezza che è un accordo consonante, una armonia perfetta che mette in sintonia l’Uomo e la Natura per una meravigliosa quanto ideale convivenza, nel segno della luce e dei suoi colori.