“TYRON” si presenta diviso in due metà: la prima, con tutti i titoli in capslock, nella quale si riprende l’anima più grime vista nell’esordio “Nothing great about britain” e la seconda in cui in maiuscolo non c’è nemmeno la lettera iniziale dei brani e in cui si dà spazio a un mood più chill che si snoda in interessanti suoni decisamente pop.
Il disco si apre con “45 SMOKE”, intro dalla durata minore ai due minuti in cui Slowthai inizia subito a rappare con cattiveria su uno strumentale coinvolgente per poi spostarsi su un ritornello volutamente ripetitivo e chiudere con una strofa dalle sfumature allucinate. La successiva “CANCELLED”, con il compatriota Skepta, risulta meno particolare ma centra in pieno l’obiettivo di fare una hit molto rap. Lo stesso vale per “MAZZA”, con Asap Rocky, dove il tema delle droghe crea un viaggio allucinato in cui anche l’ospite è in particolare forma e che viene ben declinato anche nel video di accompagnamento.
Seguono “VEX” “WOT” E “DEAD” che creano un trittico in cui è veramente difficile skipparne anche una sola. Tre brani arrabbiati al punto giusto in cui colpisce particolarmente il lavoro di mixaggio e cura grazie al quale la base e la voce spesso si mischiano in un unico corpo nei ritornelli mentre riescono a lasciare più spazio alle parole nelle strofe. La prima parte si conclude su “PLAY WITH FIRE”, la più tranquilla delle prime sette che è dunque precisamente posizionata per fare da ponte tra queste due anime.
“i tried” apre a questo nuovo capitolo. Il brano inizia con un coro di giovani voci e con una strumentale magistrale che diventa il punto di forza di questa canzone nella quale Slowthai si racconta con semplicità, riuscendo a tenere alta l’attenzione dell’ascoltatore con il suo flow. Continua il crescendo grazie a “focus” che segue l’idea della precedente e fa arrivare “terms” con Dominic Fike e Denzel Curry. Le tre voci si mischiano in una collaborazione ottima in cui Dominic Fike crea una melodia funzionante per il ritornello, mentre Denzel Curry lo introduce con un bridge più cupo e a Slowthai vengono lasciate entrambe le strofe.
Anche la collaborazione in “push” con Deb Never funziona parecchio bene, il brano è forse il più malinconico dell’intero progetto e in buona parte ciò si deve alla voce di Deb Never, cui è affidato il ritornello accompagnato esclusivamente dalla chitarra che riesce a rendere il brano molto semplice quanto bello. Finalmente si arriva a “nhs”, uscita a novembre come singolo, il brano che ho apprezzato maggiormente di tutto il progetto: una canzone in cui il rapper si apre ad un’analisi più profonda di ciò che ha vissuto, a partire dalla pandemia (nhs infatti sta per national health service, a cui è dedicato questo brano). Una scrittura lucida nella quale si alternano temi sociali e più personali con una serie di domande semplici ed efficaci che rendono il brano ancor più magico.
Ci si avvia verso la conclusione ma prima si passa per “feel away”: singolo uscito a settembre in collaborazione con James Blake e Mount Kimbie, un brano semplice e che tiene la stessa linea di questa parte del disco, arricchito dall’importanza e dalla bravura dell’ospite. Con “adhd” si chiude un album che spalanca possibilità di carriera molto interessanti per Slowthai. Con “TYRON” ha fatto un passo importante iniziando un naturale percorso in cui non è più solo la grime a caratterizzarlo ma anche suoni più pop in cui si trova perfettamente a suo agio grazie anche all’altissimo livello di tutte le produzioni.