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REVIEWSLE RECENSIONI
21/10/2017
Miraculous Mule
Two Tonne Testimony
I Miraculous Mule guidano una macchina da guerra dall’alto potenziale hard rock, accessoriata, però, con optionals blues, soul, gospel e con un tettuccio apribile vista space rock in chiave psichedelica

Poco conosciuti e apprezzati dalle nostre parti, ma con un discreto seguito di aficionados nel resto d’Europa (Francia Belgio, Olanda e Germania), i londinesi Miraculous Mule sono in circolazione dal 2011 e hanno all’attivo già quattro dischi in studio, compreso quello di cui stiamo scrivendo ora. Power trio, come quelli che andavano tanto in voga sul finire degli anni ’60, il combo britannico è stato fondato dal chitarrista e songwriter Michael J. Sheehy, già membro dei Dream City Film Club, band di culto degli anni ’90, dal batterista Ian Burns e dal cantante e bassista Patrick McCarthy. Quattro dischi, dicevamo, di cui gli ultimi due usciti via Bronzerat Records, la mitica etichetta dei Jon Spencer Blues Explotion, e una proposta musicale possente, priva di fronzoli, lontana anni luce dalle mode dello star system. I Miraculous Mule guidano una macchina da guerra dall’alto potenziale hard rock, accessoriata, però, con optionals blues, soul, gospel e con un tettuccio apribile vista space rock in chiave psichedelica. Potrebbero ricordare in qualche modo gli americani Radio Moscow o i Rival Sons, se non fosse che la loro proposta è meno monolitica, più varia, con linee melodiche più definite e minor attenzione passatista al classic rock. Ascoltate, ad esempio, Sound Of The Summer, il primo singolo tratto dal disco, un r’n’b scorticato da un basso e da una chitarra distortissimi, ma con un ritornello uncinante dall’alto appeal radiofonico. Il mood del disco, pur mantenendo una solida coerenza di intenti, varia, quindi, di canzone in canzone: l’incipit Holy Fever, con quel basso pompato e distorto, è un cazzotto sullo zigomo tirato con ferocia quasi punk, lo sferragliante interplay fra basso e chitarra fanno di Shave ‘Em Dry un hard funky dagli echi hendrixiani, il passo monolitico di Where Monsters Lead è una chiamata alle armi contro le politiche di destra americane e inglesi (Trump e Farage nel mirino), The Fear è un gospel maciullato da tenaglie psych rock, We Now About Cha, con le sue ruvide accelerazioni, riporta in vita i Motorhead del compianto Lemmy, mentre la chiosa di Blues Uzi (Reprisal) sigilla sontuosamente la scaletta con quasi sette minuti che frullano cantato rap, gospel, psichedelia e sanguigno rock blues. Two Tonne Testimony è un disco viscerale, a tratti abrasivo, suonato con la manopola dei volumi e delle distorsioni posizionata sul massimo, ma in grado anche di soddisfare i palati che apprezzano qualche deviazione rispetto alle coordinate di genere. Un vero sollucchero per gli amanti del rock più duro.