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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
20/06/2024
Live Report
Turnstile, 19/06/2024, Magnolia, Milano
Al Magnolia i Turnstile offrono una prova muscolare, tecnicamente ineccepibile, capaci di occupare il palco con una personalità da veterani. Insomma, a fronte di un presente talvolta divisivo, il futuro è dalla loro parte.

Come Brendan Yates ha ricordato sul finire del concerto, quella dell''altra sera al Magnolia è stata solo la seconda volta in assoluto che i Turnstile hanno suonato in Italia. Il debutto era avvenuto lo scorso anno all’AMA Music Festival di Romano d'Ezzelino (VI), e tutti sappiamo com’è andata a finire. Dovevano limitarsi ad aprire per il ben più noto Salmo, poi questi per motivi di salute aveva annullato la seconda parte del suo tour estivo (compresa la data all’AMA), e i Turnstile si erano ritrovati improvvisamente a fare da headliner a un festival dove il pubblico non aveva acquista il biglietto per vedere loro (e infatti nei giorni precedenti era partita la rivendita selvaggia dei ticket). Con un po’ di furbizia gli organizzatori se l’erano cavata (pit aperto a tutti, per lo scorno di chi aveva pagato un sovrapprezzo) e i Turnstile erano stati accolti da un pubblico caloroso che ha tributato loro il giusto riconoscimento, ricambiato con un concerto all’altezza delle aspettative.

 

A detta di molti, sarebbe stato difficile rivedere i Turnstile in Italia a stretto giro, dal momento che – si sussurra – il loro cachet è così lievitato che ben pochi promoter possono permettersi di ingaggiarli. E invece eccoli qui, un martedì sera qualsiasi di giugno a Milano, al Magnolia, accolti dal pubblico delle grandi occasioni. Oltre alle varie delegazioni in rappresentanza della scena punk e hardcore lombarda (davvero tantissimi i volti noti), il pubblico che accoglie i Turnstile è variegato, un vero e proprio spaccato antropologico comprendente tre generazioni. Si va dai giovani della Generazione Z, con le loro magliette oversize di band che non hanno anagraficamente mai potuto vedere all’apice della loro forma (tipo il tale con la t-shirt vintage dei Pearl Jam di No Code), passando per i molti Millennial, che nei Turnstile hanno trovato i suoni che hanno iniziato ad amare con i Refused e i Snapcase (di cui all’inizio erano più di una copia carbone), finendo con quelli della Generazione X che invece è proprio negli anni Novanta che hanno iniziato a seguire la musica, con l’effetto che molti di loro, lì per non perdersi il trend del momento, sembravano il signor Burns in quel celebre meme «Olà direttore» tratto dalla puntata Chi ha sparato al Signor Burns? dei Simpson. E va benissimo così.

 

Aprono gli inglesi Ditz, protagonisti di una performance rocciosa, che da un lato ricorda nei suoni e nelle intenzioni gli Idles (a cui spesso sono stati accostati) e dall’altra certe asperità dei primi Iceage (di cui tra l’altro il cantante indossa una t-shirt). Le chitarre angolari post-punk e una sezione ritmica Motorik sono la cosa più interessante di un gruppo che è la seconda volta che vediamo dal vivo.

Li avevamo infatti già incrociati in apertura agli Idles a inizio marzo, e se in quel caso l’accoppiata era stata straniante perché ci era sembrato di vedere sostanzialmente lo stesso concerto due volte, stavolta l’idea di farli suonare in apertura ai Turnstile si rivela azzeccata, dal momento che così si possono vedere all’opera due band dall’attitudine molto differente. Grazie alle acrobazie del cantante – già al primo pezzo è in mezzo al pit, a metà concerto è in cima al tetto del Magnolia – quella dei Ditz è una performance convincente, quarantacinque minuti di ottimo post-punk in attesa del piatto forte della serata.

 

Veloce cambio palco e i Turnstile sono on stage alle 21:45 precise, introdotti in maniera surreale dalle note di “El Sondito” della Hechizeros Band, una cumbia divertente che scalda il pubblico al punto giusto. La band fa il suo ingresso su una base elettronica, indirizza ai presenti un breve cenno di saluto e parte in quarta con una versione devastante di “T.L.C. (Turnstile Love Connection)”, dall’instant classic Glow On – un disco uscito ormai quasi tre anni fa che non ha però ancora stancato gli ascoltatori, dal momento che ogni canzone (e a fine serata saranno ben 11 su 15) viene accolta con un boato incredibile (sarà interessante capire, a questo punto, quale riscontro avrà la nuova musica del gruppo).

 

Per tutta l’ora (scarsa) del concerto, i cinque di Baltimora offrono una prova muscolare, tecnicamente ineccepibile – al contrario dei suoni del Magnolia, va detto – capaci di occupare il palco con una personalità da veterani. Mattatori della serata, senza dubbio il cantante Brendan Yates, a torso nudo dopo una manciata di pezzi, e il bassista Franz Lyons. Solidissima la prova di Pat McCrory e Meg Mills alle chitarre, mentre il batterista Daniel Fang (a torso nudo anche lui) in più di un’occasione ha giocato a fare il novello Travis Barker.

 

Tutto sommato, quella dei Turnstile è una proposta musicale molto anni Novanta, che mette d’accordo tanto i quarantenni quanto i ventenni. I primi, sicuramente si sentono a casa quando riconoscono nel loro suond accenni a band come Refused, Suicidal Tendencies e Jane’s Addiction (la vocalità di Brendan Yates – anche grazie a forte utilizzo dell’eco – è davvero molto simile a quella di Perry Farrell); i secondi riconoscono in loro un’affinità nell’approccio generale alla vita, che sia il modo di vestire, i temi trattati nei testi e una certa trasversalità (come se tutto fosse un eterno tempo presente) nell’approcciarsi alla musica.

 

Alla fine, la resa live dei pezzi di Glow On è estremamente fedele. In qualche momento è vero che alcune raffinatezze della produzione di Mike Elizondo vanno inevitabilmente a perdersi (il break in chiava salsa di “Don’t Play”, alcuni lick di chitarra in “Blackout”), ma ci pensa il pubblico, che supplisce a quello che manca cantandolo all'unisono. Come detto, alla fine i Turnstile – nonostante non abbiano un repertorio sterminato dal quale pescare e abbiano scelto di non suonare praticamente nulla dai primi due album (i comunque ottimi Nonstop Feeling e Time & Space, di cui eseguono solo una manciata di pezzi, evidentemente sentono di non essere più la band che li aveva incisi) – portano a casa egregiamente un’ora di concerto. Magari c’è qualche interludio strumentale di troppo, in special modo nella prima parte (non è possibile suonare il primo pezzo e fermarsi per un minuto abbondante), così come l’assolo di batteria di Daniel Fang è sì ottimamente eseguito, ma ha il sapore fin troppo palese del riempitivo.

 

Dopo 19 pezzi e nessun bis (ma qualcuno se li aspettava?), lasciamo il Magnolia con ancora nelle orecchie il feedback dell'ultima canzone, “Holiday”. La sensazione è quella di aver assistito sì a un grande concerto, ma di una band che non parla a Millennial e Gen X, che si sono trovati di fronte a una proposta musicale che avrebbero nella teoria tutti i motivi per amare, ma per la quale non è ancora scoccata la scintilla – al contrario dei Gen Z, con i quali c'è affinità totale. Ma non è colpa dei Turnstile, già padroni della propria arte e ormai lanciati verso una grande carriera, musicalmente esuberanti come un temporale di fine estate che con un fulmine colpisce la rete elettrica di casa, ma che lascia misericordiosamente le luci ancora tutte accese.