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REVIEWSLE RECENSIONI
08/03/2023
Russkaja
Turbo Polka Party
Settimo album per l'ensemble austriaca Russkaja, che rilascia un bizzarro e alcolicissimo album, in cui confluiscono rock, metal, musica tradizionale russa, suggestioni mediorientali, ska, reggae e, ovviamente, polka.

Prendete i Gogol Bordello, togliete l'attitudine punk, aggiungete una punta di metal, e avrete i Russkaja, ensemble di origine austriaca, ma di composizione multietnica, dal momento che i membri della band provengono anche da Germania, Italia, Ucraina e, ovviamente, Russia.

Il gruppo, ha da poco pubblicato il suo settimo album in studio, il cui titolo è tutto un programma, ed esprime molto bene il contenuto di una scaletta votata al casino e al divertimento: Turbo Polka Party. Un frullatore impazzito in cui confluiscono rock, metal, musica tradizionale russa, suggestioni mediorientali, ska, reggae e, ovviamente, una versione scatenatissima della polka, il tutto declinato attraverso la sguaiata allegria di una sbornia festaiola.

Una metal patchanka cazzara quanto si vuole, ma che, visti i tempi che corrono, possiede l’indubbio merito di suggerire un messaggio pacifista, dimostrando che, grazie al collante della musica, una convivenza pacifica è possibile, anche tra popoli che la folle logica della politica mette uno contro l’altro.  In tal senso, l’iniziale "No Borders", è un vero inno pacifista, che mette subito le cose in chiaro: “No Borders, no war, we’re equal, all the same, no nations, no fighting”. E poco importa che il messaggio sia basico ai limiti del puerile, ciò che conta è che venga recepito, cantato a squarciagola, mentre si balla in un contesto giocoso.

E’ proprio questo il leit motiv di un disco caciarone e sferragliante, che insuffla energia e positività, e a cui, a meno che la contaminazione non sia nelle vostre corde, è praticamente impossibile resistere.

"Russky Style" parte in derapata, spingendo rapidissima su chitarra elettrica e fiati, su cui si innestano ritmiche ska e suggestioni folk russe, "Shapka" è groove metal dalle suggestioni mediorientali e ska, ed è incredibile come due suoni completamente agli antipodi riescano a convivere in un equilibrio tanto suggestivo.

Tutto è spinto all’eccesso, al parossismo, tutto è inconsueto e bizzarro, ma la band se ne frega, e anche se il gioco, alla lunga, si fa prevedibile, poco importa, perché si finisce risucchiati in un gorgo folle, in cui ciò che conta è ballare, saltare e pogare, finchè gambe e cervicale reggono.

Provate, allora, a restare fermi durante la bicchierata di "Pashli", che spinge l’immaginazione verso una balera di quart’ordine di qualche sperduta zona della Russia rurale, o durante lo ska gigione di "New Life", o provate a resistere, se siete capaci, al divertissement della versione più tamarra del secolo di "Last Christmas" degli Wham, perfetta da ascoltare il prossimo Natale, quando il livello alcolico della festa porterà inevitabilmente a un sudatissimo trenino.

Per non farsi mancare proprio nulla, poi, l’ensemble austriaca apre anche a suggestioni sudamericane in "Baila e Senales", e irruvidisce la proposta con il riff metallaro di Vozduck e con la sfrenata corsa a rotta di collo di "Turbo Polka", sballottando l’ascoltatore da una parte all’altra del globo, in una baldoria che sembra non avere fine.

Improbabili e sopra le righe, le undici tracce in scaletta maramaldeggiano per quaranta minuti di autentica bisboccia, durante i quali è probabile ubriacarsi per gli effluvi della vodka di cui trasuda a ogni singola nota di Turbo Polka Party. I Russkaja sono una band completamente fuori di testa, sappiatelo, e se questo è il tiro di un album in studio, figurarsi cosa può succedere su un palco. Per cui, se dovessero passare dalle nostre parti, fatevi il pieno d’alcol e andateli a vedere. Se siete un po' matti, è l'esperienza che fa per voi.