Non è un'altra stupida commedia americana.
Lo può sembrare, può sembrarlo soprattutto per la non troppa originalità della trama.
C'è un ragazzo, a suo modo timido, tranquillo, studioso, bravo. Ci sono i suoi amici, amici da sempre, c'è la loro routine, i passaggi per andare a scuola, le colazioni fuori, le feste, lo spettacolo da organizzare, le prime cotte.
C'è la sua famiglia, perfetta nelle sue imperfezioni, le serate assieme davanti alla TV, la sorella con la passione per la cucina, il cane che dorme sul letto.
E c'è, ovviamente, il primo amore con i primi dolori, con cui fare i conti. La paura di rivelarlo questo amore, la paura di scottarsi e di scottare chi sta a fianco, di cambiare. E così ci sono tiepidi raggiri, equivoci, ci sono confessioni sullo schermo di un computer, ci sono bulli che prendono in giro e amici che si offendono.
Insomma, c'è tutto quello che c'è da aspettarsi da una commedia romantica e teen americana.
Ma c'è qualcosa di diverso, c'è qualcosa di fondamentalmente rivoluzionario in Tuo, Simon: c'è che non ci sono un lui e una lei che si conoscono in anonimato, che parlano e chattano e confessano i loro segreti con la paura di vederli rivelati e di incontrarsi di persona, c'è che c'è un lui, al quale Simon scrive, un lui che in fondo sempre ricerca, con cui deve fare i conti.
Il segreto di Simon, tenuto ben chiuso dentro di sé, è che è gay.
E quello che è diverso da tutti gli altri film, è che qui il vero conflitto non si ha con l'esterno, non ci sono genitori pronti ad ogni soluzione pur di cambiarlo, non ci sono bulli pronti ad ogni violenza (o meglio, ci sono, ma sono così idioti, come idioti vengono trattati, che feriscono superficialmente, grazie a un'insegnate, a una scuola finalmente comprensivi). È quindi Simon il nemico principale di se stesso, è lui che non sa bene come accettarsi, come volersi bene, e saranno genitori aperti che in fondo già sapevano, sarà Blue al di là di uno schermo, di una tastiera, a dargli forza.
Una piccola rivoluzione in un'epoca che ha bisogno di queste rivoluzioni, di racconti positivi e di ostacoli superabili, di protagonisti diversi, di famiglie unite, di amici, per quanto un po' egoisti, capaci di capire e di stare accanto.
Le barriere si infrangono anche con il pubblico, e ci si ritrova senza fare distinzioni di genere, ad avere per tutto il tempo il sorriso stampato nel volto, con qualche richiamo a quella splendida commedia che fu 500 giorni insieme (tra la musica vintage che Simon ascolta su vinile tutta da copiare, al breve momento musical-impacciato), e a quelle commedie à la John Hughes che han reso immortale il genere, qui come una sua naturale evoluzione e adattamento.
Certo, qualche forzatura c'è, regge poco il ricatto al quale Simon è sottoposto, regge poco pure l'arrabbiatura eccessiva dei suoi amici, ma poco importa.
Nel mentre, quel Nick Robinson che già in The King of Summer si era adocchiato, cresce un gran bene, Katherine Langford fatica e faticherà ad uscire dai panni di Hannah Baker di Tredici e Jennifer Gardner madre comprensiva si fa però rubare la scena da un padre più strano, ma pure più naturale.
Insomma, Tuo, Simon non è un'altra stupida commedia americana, è una commedia che affrontando tabù e aggirando cliché, fa bene a quell'America di oggi, fa bene al cuore, al mondo intero.