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MAKING MOVIESAL CINEMA
True detective - stagione 1
Nic Pizzolatto
2014  (Now Tv)
POLIZIESCO NOIR THRILLER
9,5/10
all MAKING MOVIES
13/04/2022
Nic Pizzolatto
True detective - stagione 1
La prima stagione di True detective è stata una tra le opere seriali che in misura maggiore ha suscitato entusiasmi mettendo d'accordo pubblico e critica. Che sia una tra le migliori serie (o meglio, stagioni) del decennio è fuor di dubbio. L'esordio di True detective, serie ideata e scritta da Nic Pizzolatto, ha davvero pochissimi rivali.

Prendendo in esame tempi più o meno recenti, la prima stagione di True detective è stata una tra le opere seriali che in misura maggiore ha suscitato entusiasmi mettendo d'accordo pubblico e critica, spettatori adoranti pronti a stracciarsi le vesti per l'annata d'esordio e critici più equilibrati ma dai giudizi altrettanto lusinghieri. Che sia una tra le migliori serie (o meglio, stagioni) del decennio è fuor di dubbio, che si vada a piazzare su un'ipotetico podio tra le migliaia di ore di fiction prodotte per il piccolo schermo dipende anche dai gusti, per chi scrive l'esordio di True detective, serie ideata e scritta da Nic Pizzolatto, ha davvero pochissimi rivali. Siamo di fronte a uno di quei casi in cui è giustificata la definizione di cinema trasportato sugli schermi televisivi, la produzione di questa serie non ha infatti nulla da invidiare a quella messa in atto per opere cinematografiche pensate per il circuito delle sale, il canale HBO trova anche il jolly con la regia ispirata e talentuosa di Cary Joji Fukunaga che dona alla narrazione non una ma parecchie marce in più, tanto che il regista californiano arriverà poi a dirigere uno degli episodi del brand di James Bond. La sensazione è quella di assistere a un poliziesco compatto e coerente dalla durata di circa otto ore, una narrazione giocata su più tempi, che attraversa i decenni, che unisce al mestiere di Pizzolatto e al suo amore per il genere una linea di novità data in particolare dall'utilizzo delle location, di quella Louisiana delle paludi tanto soleggiata quanto oscura finora probabilmente mai utilizzata a dovere fino in fondo. E se il trend che sta portando i grossi calibri del cinema in forze alla serialità televisiva è ormai più che consolidato, qui ci sono due veri mostri alle prese con interpretazioni tra le loro migliori in assoluto, la coppia di detective formata da Woody Harrelson e Matthew McConaughey, capace di competere un po' con chiunque, si ritaglia un posto d'onore nella storia del poliziesco.

 

Louisiana, 2012. Due agenti della Polizia di Stato (Michael Potts e Tony Kittles) stanno cercando di ricostruire un caso che risale al 1995, per farlo convocano in separata sede i due detective che seguirono l'indagine a quel tempo: il detective Martin Hart (Woody Harrelson) e il detective Rustin "Rust" Cohle (Matthew McCounaghey). Un pezzo alla volta i due ex partner raccontano ciò a cui si trovarono di fronte in quell'ormai lontano 1995: il corpo della giovane Dora Lange, assassinata e violentata, viene ritrovato in una piantagione della Louisiana sotto la chioma di un albero solitario. Il cadavere è sistemato in una posizione rituale, delle corna di cervo sono state collocate sulla testa della vittima, sulla schiena di Dora è stato segnato uno strano simbolo, piccole sculture in legno dal sapore ancestrale sono presenti vicino al luogo del delitto, per il detective Cohle tutto lascia pensare a un omicida seriale. Le indagini saranno affidate ai due detective, per mantenerle vive i due dovranno lottare con le pressioni del comandante Quesada (Kevin Dunn) e della task force voluta dal reverendo Tuttle (J. O. Sanders). Rust e Martin non si conoscono da molto, il primo è un cervello fino, lo chiamano l'esattore per l'abitudine di girare sempre con una cartellina per gli appunti, un tipo strano che non ripone grandi aspettative nella vita e nella razza umana, è un pensatore dei massimi sistemi, un nichilista ex alcolizzato, molto rude e diretto nelle sue affermazioni e nel rapporto con gli altri. Martin è il classico piacione, aperto, simpatico, tutto chiesa, famiglia e bandiera, uomo in gamba ma dalla tenuta morale ambigua, soprattutto nei confronti della bella moglie Maggie (Michelle Monaghan) che tradisce a più riprese. I due formano una coppia che sul lavoro funziona bene, Rust pensa, trova collegamenti, Martin copre le sue cattive maniere, tiene i contatti, compila le scartoffie, entrambi agiscono senza timori. Il caso in cui sono coinvolti però è più grande di quel che sembra in principio, tanto da provocare strascichi ancora molti anni dopo la sua chiusura.

 

La regia di Cary Joji Fukunaga lavora molto bene sul paesaggio, vero passo in più che la serie vanta nei confronti di altre, veniamo immersi nelle paludi assolate della Louisiana, nel bayou, tra il verde e l'acqua, in uno scenario aperto che il regista, aiutato dalla fotografia, riesce a rendere sempre pericoloso e inquietante nonostante la luce, abitato da un'umanità marginale capace delle peggiori brutture. Si è molto parlato dell'apertura della quarta puntata, vero saggio di regia, prova di talento e bravura, un pianosequenza riuscitissimo che unisce tecnica e tensione narrativa. La struttura della sceneggiatura è un altro grande punto di forza di questa stagione di True detective, i rimandi tra gli eventi del '95 e quelli del 2012, passando per un nodo focale nel 2002, vanno a costruire una narrazione avvolgente dalla quale si fa fatica a staccarsi. Non ci sono mai scarti improvvisi nella sceneggiatura, facili escamotage, tutto è studiato in fase di scrittura per girare al meglio, compresa la costruzione dei due superbi personaggi interpretati da due grandissimi attori. Il Rust di McConaughey è indubbiamente un protagonista originale, la frase pronunciata da Marty, "cacare su ogni momento di decenza è una cosa di cui non puoi fare a meno?", è emblematica della caratura dell'uomo: sfatto, pessimista, diretto, onesto fino alla maleducazione ma sempre sincero, convinto della circolarità della vita, di questo inferno terreno che si ripeterà ancora e ancora e ancora, disilluso sugli aspetti positivi di un'esistenza insopportabile (Rust ha i suoi buoni motivi per vederla così), è all'apparenza contraltare del più solare e gigione compagno, il Marty di Woody Harrelson è la personificazione dell'idea dell'american way, ma il nucleo familiare tanto caro agli stati del sud fa in fretta ad esplodere, grazie anche alle grazie della stupenda Alexandra Daddario. Tra tutti i pregi che si possono trovare alla serie ciò che realmente incanta è la narrazione, né più né meno, quando una storia è narrata bene, strutturata con questa cura, anche tutti gli altri aspetti, sempre ottimi, brillano di una luce più luminosa. Una delle serie (stagioni) imprescindibili nel suo decennio, essendo True detective antologica ogni annata fa poi storia a sé.