A tre anni di distanza da quello scrigno di perle, di dolore maturo e di conforto, che fu Una Somma Di Piccole Cose, Fabi si rimette in gioco con un nuovo album. Ed ecco qui Tradizione E Tradimento, da pochi giorni disponibile nella sua interezza per il nostro ascolto. I fan lo aspettavano con trepidazione, incuriositi e già deliziati da quei primi due singoli buttati lì, i non amanti e detrattori anche. Perché quando un cantautore di questo spessore (uno dei pochissimi ormai, ahimè, in Italia) partorisce un nuova fatica le aspettative sono alte e siamo tutti lì pronti a dire “capolavoro!”, “niente di nuovo!” “non amo questa sua evoluzione!”.
Il titolo dell’album è fortemente emblematico di tutta questa questione. Ha voluto dirci: “Sì, sono sempre io. La mia anima acustica, le mie cicatrici, il mio vissuto, la mia attenzione per il mondo circostante. Ma tutto ciò ve lo rendo in una veste nuova, sono più arrabbiato ma più sereno, riflessivo ma propositivo, penso e lotto”. E questo mood è ravvisabile sia nelle soluzioni più squisitamente musicali, con l’impostazione acustica e minimal folk che si apre e fonde con un uso sapiente dell’elettronica, sia nelle liriche ora pervase da una maggiore forza d’animo. Nove brani che cercano e trovano un equilibrio fra ciò che si era e ciò che si è diventati, tutto rimanda alla continua tensione e necessità di portare avanti e al contempo cambiare. Melodie sussurrate, rassicuranti e confortanti. Momenti di maggiore pathos e rabbia con un climax che poi esplode in sentenze lapidarie, con le quali è difficile non essere d’accordo. “La felicità è un attimo di distrazione”, dice in Scotta. Il brano che apre il disco ne è, a mio parere, più emblematico della title track. Il pianoforte ci accompagna in una riflessione agrodolce sulla vita e sull’arte, su come tutto ciò che sia infuocato e doloroso sia poi così fortemente vitale da salvarci. “L’arte non è una posa, ma è resistenza alla mano che ti affoga”.
Splendida e di impatto anche Io Sono L’Altro. Una poesia incalzata da un elettro pop coinvolgente ma delicato che invita a mettersi nei panni dell’altro, inteso nell’accezione basilare di “altro da me”, di colui che semplicemente ha una vita diversa dalla nostra, altri dolori, altre gioie, altre prospettive e che, per questo, non riusciamo a comprendere. Intima e dolcissima è Nel Blu, dove si parla dell’amore, di come sia difficile e meraviglioso quando nasce un sentimento nuovo. Delle paure, dei segni degli amori precedenti, di come il passato pesi sulla nostra attitudine a lasciarci andare ancora. Della possibilità di farcela, di liberarci dalle zavorre che ci trattengono a terra e di tornare a volare. Per quanto possa essere questo un tema trito e ritrito nella letteratura cantautorale il tocco di Fabi lo veste di una saggezza e leggerezza nuove e fiduciose.
Attualissima, anzi direi fondante dell’ordine mondiale attuale, è Migrazioni. 2 minuti e 18 secondi di pura verità. “Non siamo certo i primi perché accade da millenni, dalla notte verso il giorno, dal freddo verso il caldo, per il cibo e per la pace, per i figli, per la specie. E’ sopravvivere, è tutto qui.”
Un album cantautorale vero, che parla di me, di te, di lui, del mondo. Senza urlare, senza mettersi in posa, senza ammiccare e pretendere di piacere a tutti i costi. Grazie Niccolò, ad maiora.