Sono trascorsi più di quarant’anni dalla pubblicazione di Tour De Force – Live, ma è come se fosse passato giusto il tempo di bere un bicchier d’acqua, tanto risulta fresco e dissetante per il palato degli appassionati musicofili, strenuamente alla ricerca di buone vibrazioni da cui ricevere emozione ed ispirazione. Pertanto chi non avesse mai sentito parlare o ascoltato Al Di Meola rimarrà senza dubbio sbalordito dalla sua tecnica fluida e dall’impeccabile destrezza ad alta velocità.
Dopo essersi fatto le ossa appena ventenne con i Return to Forever, la leggendaria formazione del mitico Chick Corea, l’artista del New Jersey con origini italiane si mette in proprio nel 1976 e si fa largo nella scena fusion con una serie di album azzeccati come il sophomore Elegant Gypsy (1977), piccolo gioiellino ove accanto ai virtuosismi jazz emerge un’inaspettata anima rock, e il trascinante Casino dell’anno successivo, influenzato dalla musica egiziana. Tour De Force attinge dalle composizioni presenti in questi lavori e aggiunge alcuni inediti, grazie alla penna affilata di un mago delle tastiere come Jan Hammer, celebre per le collaborazioni con Jeff Beck e parte integrante di queste incisioni dal vivo. L’autore e produttore ceco-americano ha già fatto una comparsata in Splendido Hotel (1980), quarta opera di Al, suonando un delizioso solo di Moog nella sognante "Al Di's Dream Theme", e ora, per la prima volta, al pari degli altri suoi compagni di viaggio, è pronto per esibirsi davanti a un nutrito e affascinato pubblico.
Il Tower Theatre di Philadelphia il 4 febbraio del 1982 accoglie calorosamente Di Meola e band: lo si percepisce dai fragorosi applausi, per il continuo entusiasmo a supporto della formazione, che vanta un batterista del calibro di Steve Gadd, uno dei più grandi dietro alle pelli, con la capacità sconfinata di attraversare qualsiasi genere e vivere tale attitudine con anima e cuore, e il “Maestro” del basso Anthony Jackson, la fonte del ritmo. Le percussioni assortite del vulcanico Mingo Lewis e le tastiere soffuse di Victor Godsey completano l’organico, addizionato da piccole sovraincisioni in studio al fine di dare maggior risalto alle atmosfere ritmiche e sonore dai multistrumentisti Philippe Saisse e Sammy Figueroa.
"Dal tango alle isole come Cuba e Porto Rico a tutta l'altra parte del latino europeo, come il flamenco. E poi c'è anche il Sudamerica, come il Brasile, che è diverso notte e giorno dal tango argentino; non c'è alcuna relazione. Ma è comunque una forma di musica latina. Tutti questi sotto-idiomi sotto il titolo di musica latina sono sempre entrati in gran parte del mio stile di scrittura, insieme ad alcune influenze mediorientali, poiché amo alcuni fraseggi e scale di quest’ultimo tipo".
Date a Di Meola una chitarra, possibilmente una Les Paul, e vi mostrerà tutto quanto sopra raccontato! Specialmente l’opener "Elegant Gypsy Suite", dal basso prorompente con sfumature funky, e l’ammaliante "Egyptian Danza" denotano le influenze citate e dimostrano il virtuosismo di un artista che non si limita a suonare e comporre in studio sfruttando le sue incredibili doti, ma anzi esse si evidenziano ancor maggiormente durante i concerti, con performance eccellenti e palpitanti, specchio del suo estro. Sono due canzoni ben rappresentative dell’atmosfera dei concerti di quel periodo, alimentate da un ritmo trascinante e un’improvvisazione mai fine a se stessa, ispirata a declinare la bellezza dell’arte.
"Race With The Devil On Spanish Highway", emozionante come assistere a una gara combattuta fino all’ultimo minuto, è un’altra gemma di tecnica sopraffina e mostra come la velocità nel maneggiare l’adorata sei corde possa contribuire in modo fenomenale alla struttura del brano. Lasciano senza fiato, soprattutto, i segmenti suonati in modo complesso con straordinaria semplicità, seguiti da un lavoro armonioso tra chitarra e basso. Jan Hammer contribuisce con le sue tastiere dinamiche ad accentuare la solennità dell’esecuzione, mentre Steve Gadd, al solito, inventa ritmi di batteria imprevedibili attraverso i suoi tom e rullanti.
"Nena", morbida ballata in odor di Joao Gilberto e "Advantage", piacevole escursione dagli assolati territori jazz fusion verso una rigenerante oasi rock, sono due inediti che aggiungono innovazione, elettricità e intensità a un disco concepito come ensemble, pubblicato appena dopo un progetto diverso, l’epico e totalmente acustico "Friday Night in San Francisco", che vede Al Di Meola in partnership con i giganti Paco De Lucía e John McLaughlin. E proprio il concetto di gruppo, il fatto di aver inciso i primi album tra i Settanta e gli Ottanta con musicisti incredibilmente legati al progetto dell’autore, rappresenta un obiettivo raggiunto, base e garanzia di un futuro radioso, come realmente avvenuto e raccontato con entusiasmo quarant’anni dopo da questo indiscusso re della chitarra.
"Sono molto orgoglioso dei compagni di viaggio avuti nel mondo della mia musica: la carriera ha subito un’impennata perché ho preso delle ottime decisioni molto presto. Se avessi commesso degli errori nelle mie scelte, forse non avrei potuto cementare la mia reputazione di chitarrista, invece ho usato i migliori. Steve Gadd era il top. Ho avuto in studio pure Jaco Pastorius, un altro pezzo da novanta. E poi Stanley Clarke, Chick Corea, Jan Hammer e Anthony Jackson, il bassista con il plettro, sono star indiscusse. Potevo scrivere o, se dal vivo, suonare qualsiasi cosa e, magia, grazie alla loro esperienza, competenza e feeling, sapevo che avrebbero apportato qualcosa di proprio al mio paesaggio sonoro. Non sarebbe stato solo quello che avevo composto io. E questi sono i tipi di artisti che mi colpiscono di più".
Ascoltate "Cruisin’", la finale delle sei maestose canzoni incluse nell’opera e capirete senza bisogno di alcun’altra spiegazione le parole di questo Maestro che, circondato dalle persone giuste, dà il meglio di se stesso e consente ai suoi “sidemen” di brillare. Ogni istante di questo brano, realizzato alcuni mesi dopo anche in studio per il suo quinto lavoro, ispirato dal flamenco, "Electric Rendezvous", invita a vivere uno stato d’animo diverso, sia per la varietà ritmica, sia per la varietà dei colori del suono che gli strumenti propongono.
Dopo Tour De Force ? Live, infatti Di Meola continua il suo percorso sempre all’insegna della contaminazione, specializzandosi principalmente in campo acustico, dall’esplorazione brasiliana di Soaring Through a Dream e Cielo e Terra, entrambi del 1985, al romanticismo globale con richiamo al tango di Astor Piazzolla in World Sinfonia (1991). Piace ricordarlo pure nella splendida performance in trio ancora con De Lucía e MacLaughlin al Pavarotti & Friends For War Child (1996) e per Consequence of Chaos, disco incisivo e pieno di special guests di dieci anni dopo, fino ai recenti All Your Life (A Tribute to the Beatles) e Across the Universe (2020), ove rende omaggio ai Fab Four dimostrando una spiccata sensibilità e originalità interpretativa.
Profondamente innamorato della musica di ogni genere, appassionato ricercatore di armonie, Al Di Meola è un artista profondo, che non si è mai accontentato dello stereotipo. Tuttora nel pieno della carriera, prosegue un’intensa attività dal vivo che tra maggio e giugno toccherà, oltre all’amata Italia e gli States, anche Germania e Romania. La dimensione live rimane la prediletta per ascoltare la raffinatezza delle sue canzoni, per sentire e percepire che al loro interno c’è ancora il soffio della vita. Magico.