Il tempo che passa.
Le decisioni prese che non sembrano più così giuste.
L'ostinazione ad andare avanti.
I rimorsi che non possono che essere rimuginati in solitudine, nel silenzio.
Sono le cose che fanno più male.
L'orgoglio, il rimpianto.
Si parte da un passato lontano, fatto di distese verdi immense, di libertà pur sotto i controlli militari di Taiwan, che se sei un bambino non capisci.
Ma quel verde lo si abbandona a favore della città.
Dove c'è lavoro, ma dove ci sono anche meno soldi.
Si vive lo stesso, si sta stretti in una casa dove c'è comunque amore e si cresce con la voglia di rifarsi, di rivalersi, sognando quell'America lontana che promette grandi cose, che regala grande musica.
Di mezzo, l'amore.
Di mezzo, sempre lei: Yuah-Lee compagna di avventure fra quelle risaie d'infanzia, ora fidanzata a cui non si mostra la povertà, con cui ridere, amarsi, scherzare, scappare da ristoranti troppo pretenziosi.
Ma il tarlo è lì, e continua a rodere Pin-Jui.
Che vuole di più, sogna l'America.
Ha il modo di arrivarci, sposando non Yuah-Lee, ma la figlia del capo della fabbrica.
Anche se la scintilla non c'è, se l'amore tra i troppi silenzi, la troppa ostinazione, non si fa spazio.
Partono loro allora, in avanscoperta.
E loro soli rimarranno, in un'America tutt'altro che ospitale, in cui sentirsi ancora più soli, in cui spezzarsi la schiena per riuscire davvero a farcela.
Nascono i figli, passano gli anni, la scelta non è mai sembrata giusta, non lo è stata probabilmente, non quando tutto crolla, e niente ha più senso.
La felicità, cos'era?
Era cantare Otis Redding in riva al fiume.
Era scappare dai ristoranti.
Era in una leggerezza che non si è più trovata.
E ora?
Ora qualcosa, qualcuno, vuole fare breccia in quei silenzi, vuole saperne di più, di quel passato.
Capire, non ripetere lo stesso errore.
Scoprire quelle radici che sembrano non esserci mai state e che sono appena state tolte.
Il passato con cui fare pace.
Quel padre che si vuole conoscere e capire.
Quell'amore mai dimenticato, metro di paragone per tutto.
Sono i racconti dei genitori che si fatica a chiedere.
Sono i racconti di immigrazione a cui non si pensa.
Sono le fatiche, i sogni, le speranze, accantonate a favore della famiglia, e che ora la famiglia giustifica.
La penna è quella del co-creatore di Master of None e Little America Alan Yang, e si sente.
Si sente la poesia dei piccoli gesti, la bellezza delle piccole cose, che siano dischi in vinile, piatti da lavare, tazze di the da bere assieme.
Si vede la bellezza di case, di arredi, di tocchi di colore, di una Taiwan come di una New York.
In una nostalgia, una malinconia, che segna una vita intera.
E non si può che piangere, in continuazione, per le scelte fatte, per quelle accettate, per quelle con cui finalmente si fa pace.