«Come definiresti il tuo romanzo d’esordio Tiger Blues? Che cosa può aspettarsi il lettore?».
Tiger Blues è un romanzo a metà strada tra racconto di formazione e favola moderna. Il tema principale è il conflitto tra razionalità e passione che ciascun essere umano porta dentro di sé per tutta la vita. Sentivo fortemente di proporre al pubblico un soggetto del genere in quanto credo che ci riguardi un po’ tutti. Siamo sempre in bilico in un mondo che ci chiede ogni giorno di essere all’altezza del nostro ruolo nella società e delle nostre responsabilità. Ci impegniamo, ubbidiamo e diamo il meglio del nostro tempo perché tutto rimanga in apparente equilibrio. Non possiamo e neanche vogliamo deludere gli altri. Spesso però finiamo per deludere noi stessi. In Tiger Blues si parla di sfide, di musica, profonda amicizia, ricerca di amore, doveri, responsabilità, incontri e solitudine, successo e miseria.
«Ti ricordi qual è stato lo spunto iniziale che ti ha convinto a scrivere la storia di Jim Beam?».
Scrivere è una passione che coltivo sin da quando ero ragazzo. Non è stato un impegno sempre costante. Crescendo ho dovuto rinunciare a tante cose. Soprattutto scrivere e suonare per concentrarmi su obiettivi più concreti che mi avrebbero appunto assicurato un futuro. Poi verso i 40 anni (non sono così vecchio poi …) ho sentito il bisogno di rinnovarmi, di riportare la mia esistenza su un binario che da tanto tempo avevo abbandonato. Piano piano mi sono riaffacciato alla finestra della mia vita ed è cominciato dunque un periodo di intensa riflessione. Ricordo di quel particolare momento i sogni notturni. Ero tormentato da una figura femminile sconosciuta, da eventi catastrofici. Vivevo nei sogni, in modo forse anche più realistico, quel senso di impotenza e prigionia nel quale mi ero da tempo cacciato. E proprio un sogno mi ha dato lo stimolo per partire con questo romanzo. Da lì è cominciato tutto.
«A proposito del protagonista di Tiger Blues, Jim Beam, quanto di te è presente nel personaggio? E che messaggio hai voluto consegnare al lettore attraverso la sua toccante storia?».
Penso sia impossibile, o almeno per me lo è, non riflettere una parte di sé in ciò che si scrive. Ricordo un’intervista di tanto tanto tempo fa. Una volta chiesero a Fellini quanto di autobiografico ci fosse nei suoi film, lui rispose che era capace di essere autobiografico anche quando parlava di una sogliola. Ecco, penso che questo valga anche per me.
«Perché hai deciso di scrivere sotto pseudonimo? Qual è l’origine del nome che hai scelto?».
Ho deciso di dedicare Tiger Blues a Brian Jones il chitarrista dei Rolling Stones deceduto nel 1969. Era il mio mito quando ero ragazzo. Musicista, polistrumentista, fondatore della rock band più bella del mondo (dopo i Beatles naturalmente …). L’ho sempre sentito vicino a me. Mi ha sempre ispirato. Il suo ricordo mi dà ogni giorno una forte spinta creativa in tutto quello che faccio. Questo libro sento di averlo scritto con lui a fianco. Lo pseudonimo recupera quindi, in parte il suo nome.
«Tiger Blues è quel tipo di romanzo che si presterebbe bene a una trasposizione cinematografica. Hai avuto proposte in merito?».
E’ un soggetto sicuramente adatto al cinema e perché no ad un cartone animato. Tutto questo non è casuale. Sinceramente quando penso ad un soggetto, ad una trama, devo avere in mente un’immagine precisa dei volti di cui voglio parlare, voglio sentire dentro la loro voce, come ridono, come piangono … se piangono naturalmente. Man mano che la storia si espande, vedo come proiettato nella mente i momenti salienti della narrazione. Mi rivedo seduto al cinema, da solo, di fronte allo schermo che proietta la storia. Da lì capisco se ci siamo o meno. C’è però un momento che per me è fondamentale nel capire se vale la pena cominciare oppure no: la copertina. Proprio perché devo tuffarmi in un mondo di immagini, voci e suoni, se non ho chiara la copertina del libro neanche comincio a scrivere. Inizio solo quando il soggetto della copertina mi è estremamente chiaro. Dovete immaginare lo stupore che provo quando l’illustratore centra esattamente il bersaglio. E’ lui – mi dico- E’ lui!!! Un sogno diventa realtà.
«In Tiger Blues la musica non è solo un piacevole sottofondo, ma è radicata profondamente nella trama. Vuoi parlarci della tua passione per la musica, e di come essa ha inciso sul tuo romanzo?».
Come accennavo prima, per scrivere ho bisogno di mille suggestioni, attingo ai miei sogni, mi sforzo di visualizzare le immagini di cui ho bisogno e poi ho bisogno di una colonna sonora che mi accompagni lungo il viaggio per dare ritmo alle parole. Ascolto spesso i miei dischi preferiti mentre scrivo e se materialmente non posso metterli su allora li penso e con la mente riascolto album interi. La playlist è lunga … Riguardo ai miei gusti musicali amo molto il genere rock e, allo stesso modo, la musica classica con la quale sono praticamente cresciuto. Mozart e Paganini i miei punti di riferimento.
«Pensi che Jim Beam tornerà a stuzzicare la tua penna? Hai in mente un seguito della sua storia?».
Penso proprio di sì! C’è ancora molto da raccontare. Ci siamo appena addentrati nel mondo di Cottonfarm e Nu Mai Tai. C’è ancora tanto da scrivere a da scoprire. Però voglio far rispettare una regola. I personaggi dei miei romanzi (o aspiranti tali) devono essere disciplinati e fare la fila come gli altri. Tratto tutti allo stesso modo e con un po’ di pazienza sarà di nuovo il turno di Jim Beam, Amarula, Sally Love, Ben Nevis etc. Per ora ho in mente altro. Sto facendo un altro casting nella mia testa. Cerco personaggi folli, alcuni disciplinati, altri provenienti dalla middle-class inglese, un’orchestra, una dama d’altri tempi in cerca di giovani spasimanti, un cavallo con le piume e forse anche un uomo di chiesa. Offro un biglietto di sola andata verso un mondo fatto di lettere, spartiti, musica ed una splendida solitudine come mai l’avete provata. Datemi solo un po' di tempo … manca ancora qualche nota qua e là.