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REVIEWSLE RECENSIONI
23/04/2018
Ginger Bender
Tieni Accesa La Luce
Un melange sfacciatamente vivace, che le Ginger Bender interpretano senza dare punti di riferimento, ma attraversando i generi guidate solamente dal gusto per l’improvvisazione e dall’istinto che contraddistingue i musicisti di razza

Che il 2018 sia un anno particolarmente interessante per quanto riguarda le uscite discografiche italiane, soprattutto se guardiamo lontano dal circuito mainstream, è un dato di fatto che viene avvalorato, mese dopo mese, dalla pubblicazione di dischi di grande qualità. Ulteriore conferma dell’assunto di cui sopra è l’uscita di Tieni Accesa La Luce, album d’esordio delle Ginger Bender, duo al femminile composto da Alessandra Toma e Jeanne Hadley.

Un debutto sulla lunga distanza, questo, che fin dal primo ascolto cattura l’attenzione per la coloratissima gamma di canoni espressivi utilizzati, per la freschezza delle soluzioni melodiche e per le indubbia capacità tecniche di queste due ragazze dal pedigree nobilissimo. Alessandra e Jeanne, infatti, si sono conosciute durante i loro studi jazz all’Accademia Internazionale Della Musica di Milano, hanno studiato percussioni africane presso il Maestro Lorenzo Gasperoni (produttore artistico del progetto) e hanno coltivano la comune passione per l’arte di strada, viaggiando in lungo e in largo per l’Europa (Grecia, Spagna, Finlandia), dove hanno esplorato nuove sonorità e si sono esibite con numerosi musicisti locali.

Tutte esperienze che sono confluite in Tieni Accesa La Luce, un caleidoscopio sonoro ricco e variegato che amalgama con originalità jazz, blues, funky, afro beat e quella tradizione musicale italiana anni ’30 e ’40, legata al cosi detto periodo dei “telefoni bianchi”. Un melange sfacciatamente vivace, che le Ginger Bender interpretano senza dare punti di riferimento, ma attraversando i generi guidate solamente dal gusto per l’improvvisazione e dall’istinto che contraddistingue i musicisti di razza (uno sguardo ai video postati su youtube dà la dimensione di quanto possano essere coinvolgenti le loro performance live).

Ritmiche complesse e mai lineari innescano l’interplay fra due splendide voci, mentre le chitarre “black addicted” sciorinano riff uncinanti in equilibrio fra funk e blues. Questo il mood prevalente delle otto canzoni in scaletta, levigate dalla sapiente produzione di Paolo Mei, che si ascoltano tutte d’un fiato, per mezz’ora di musica che soddisfa i palati degli ascoltatori più esigenti, quelli, cioè, che preferiscono deviare dalla main street, per cercare percorsi alternativi, meno battuti, ma decisamente più ricchi di suggestioni.

Non c’è un solo filler in Tieni Accesa La Luce, e tutte gli otto brani che lo compongono, se lo spazio lo consentisse, meriterebbero una citazione, a partire dall’iniziale Cumbia Negra, singolo che apre il disco sfoggiando una variopinta veste sudamericana sotto la quale si nascondono efficaci liriche dai connotati antimilitaristi.

Difficile, però, non menzionare almeno Che Mi Importa, libera reinterpretazione di quella Che Mi Importa Del Mondo scritta da Luis Bacalov e portata al successo da Rita Pavone nel 1964, le spezie reggae che insaporiscono la dolce melodia mediterranea di Mentre Dormivo e la strepitosa This Song, autentico gioiello che riscrive in quattro eccitanti minuti un piccolo abbecedario di black music, in cui vengono magistralmente sintetizzati funky, jazz, gospel e tecnica scat. Una canzone maiuscola che sigilla un disco inusuale e divertente, in cui ogni singola nota rifugge le consuete logiche, per mettersi al servizio di una brillante libertà espressiva. Fidatevi: ve ne innamorerete, come me ne sono innamorato io.