E’ l’approccio svincolato, libero da schemi, lontano dal prevedibile l’elemento che caratterizza maggiormente Three Little Words, terzo album solista della canadese Dominique Fils-Aimè. Un disco che non è scevro da difetti, certo, ma che conquista grazie a uno stile unico, a trame che, pur nella loro accessibilità, risultano complesse e stratificate, a una visone d’insieme che sintetizza generi contigui, ma diversi, con una naturalezza e una classe di livello superiore.
Three Little Words completa la trilogia di dischi con cui la cantante di Montreal esplora le radici e la cultura della musica afroamericana. Dopo il debutto orientato al blues, Nameless (2018), e il seguito orientato al jazz degli anni '60, Stay Tuned! (2019), questo nuovo lavoro funge da crogiolo dei generi e dei suoni esplorati in precedenza, ma con il soul al centro della scena.
L’album è una sorta di macchina del tempo con cui la Fils-Aimè esplora, onora e omaggia il passato della musica nera, pur mantenendo lo sguardo rivolto al futuro, sia nei suoni scintillanti che plasmano generi dalle radici lontane (il soul, ovviamente, ma anche il blues e il Doo Wop), sia nei testi, impegnati e politicizzati (il singolo Love Take Over è un inno che celebra la femminilità nera e l’indipendenza della donna), ma pronti ad aprirsi alla speranza che il mondo, così com’è ora, possa, un giorno, cambiare (la zuccherina delicatezza di While We Wait).
C’è tanta bellezza in questo disco ammaliante e seducente, che, però, talvolta, perde di forza espressiva, invischiandosi in arrangiamenti un po' troppo patinati e in una forma che ammicca al mainstream, confezionando con accuratezza canzoni che forse avrebbero guadagnato maggiormente da un approccio meno levigato.
Per converso, la voce incredibile della Fils-Aimè catalizza l’attenzione, rendendo marginale ogni altra considerazione: un timbro profondo e fumoso, che evoca quello di Nina Simone e che accarezza ogni singola canzone, rendendola calda e appassionata.
La resa finale, a prescindere da quanto detto poco sopra, è quella di un’intrigante miscela di suoni e di emozioni (ascoltate l’equilibrio fra armonie e percussioni della title track), che pur con le loro peculiarità riescono a fondersi in un lavoro coeso e omogeneo. Una convincente cover del super classico Stand By Me chiude una scaletta di canzoni brevi e apparentemente pacate, ma, sotto la superficie, ribollenti di vita e di passione. Peccato: un tocco di genuinità in più avrebbe portato Three Little Words a lambire vette eccelse. Il disco resta, a ogni modo, l’ottima chiosa di una trilogia che vi consiglio vivamente di recuperare.