Non so quanti di voi abbiano visto la serie Lost. Per chi come il sottoscritto ha atteso l’ultima puntata dell’ultima stagione come poche altre cose al mondo, sa che una volta arrivati alla fine inizia la fase della disintossicazione, o se vogliamo vederla in positivo, dell’ossigenazione, un po’ come si fa col vino tra l’apertura e il primo sorso. All’improvviso però, dopo poco venne fuori che c’era un nuovo mini episodio extra, una sorta di spoiler non richiesto rispetto a ciò che la storia ci aveva fornito magari solo nell’immaginazione, ma che avevamo capito di doverlo far bastare, semmai immaginare. Uscì quindi The Man in Charge, che mi emozionò meno, forse non ero pronto, ma fu ugualmente di livello e significativo. Il sapore delle riprese era quello, insomma non era propriamente uno scarto, semmai un regalo inaspettato.
Il ruolo che do all’EP di Marissa Nadler è un po’ il medesimo di ciò che fu per me The Man in Charge. Quando ho letto dell’EP e l’ho ascoltato l’ho immediatamente paragonato al fresco album uscito a fine 2021 The Path Of The Clouds, e ho immaginato che sarebbe stato ugualmente bello ascoltare materiale nuovo, quasi dimenticato da quelle registrazioni fortunate e toccate dalla bontà creativa. Ho immaginato l’emozione nuovamente a disposizione e che valesse la pena di prendermi questo dono, così come deve esser valsa la pena di spedire fuori del materiale a così poco tempo da una fresca uscita. Sensazioni azzeccate.
È un EP, certo, ma non stiamo comunque parlando di un’uscita minore. Siamo di fronte a tre originali e due cover. “Guns on the Sundeck”, che apre l’EP, ci getta in un ambiente nebuloso per quanto riguarda gli accordi di pad e i cori che sostengono l’armonia, ma allo stesso tempo solido se pensiamo al synth che rende stabile l’equilibrio sulle basse, e graffiante se invece isoliamo quella che è l’ipotetica base di partenza, quella chitarra acustica e voce che farebbe suonare Marissa un po’ meno originale ma altrettanto talentuosa.
Sorprende l’originalità degli arrangiamenti, specialmente gli interventi di chitarra elettrica, dosati e calibrati col contagocce sia nello spazio che nei modi e nel suono, estremo e sorprendente.
La successiva “All of the Eclipses” vede la partecipazione di Amber Webber dei Black Mountains, e l’intreccio delle due voci è tanto naturale quanto delicato e poetico. La canzone, stavolta sostenuta da un chiaro arpeggio chitarristico sradicato da qualche ispirato momento Floydiano di Gilmour a Pompei, ha un’evoluzione leggermente più classica, complice anche l’entrata della leggerissima batteria che continua ad aleggiare nella mente una volta finita e il coro isolato che ci saluta, tanto che alla fine la ascolto due volte di fila. Mi riporta, per certi versi incomprensibilmente, in quel mood meraviglioso che si respira in una canzone soul retta col massimo impegno, mestiere e soprattutto cuore. Bellissima.
“Some Secret Existence” è una ragnatela, un raggio di sole di elementi flebili e ad un passo dal frammentarsi per diventare aria; voci, chitarra acustica, ancora voci e ancora chitarre, sbavature comprese che rendono tutto poeticamente unico.
“Saunders Ferry Lane” è un tributo a Sammi Smith, country girl californiana degli anni Settanta. Curiosamente parte con un netto rimando, scuro e marcato, a “Comfortably Numb”, a quella tipica marcia.
La voce di Marissa, ancora meravigliosa, rende emozionante il momento, tributo o originale che sia, e lo trasforma in proprio, più nell’interpretazione vocale, che nella base strumentale, che si evolve in maniera coinvolgente ma parte leggermente col fiato corto, portando l’ascoltatore un po' in un altro mood.
L’ultima canzone dell’EP è ancora una cover ed ancora presa dagli anni Settanta, stavolta dal cilindro degli Alessi Brothers: “Seabird”. Autentici padroni del cosiddetto soft pop, sono pienamente alla portata di Marissa, tanto che non deve far altro che interpretare il brano ed appoggiarsi a degli arrangiamenti efficaci, che in questo caso si siedono su un territorio più vicino all’originale, con sound country appena sfiorato.
The Wrath Of The Clouds è un EP che rende giustizia a quanto di bello pubblicato qualche mese fa con l’album The Path Of The Clouds, accentuandone la bellezza. Uno scatto fotografico, un fermo immagine che necessitava di essere sottolineato, con a corollario le due cover che lasciano chiaro spazio all’ispirazione dei brani originali, legando così ogni traccia ancor più stretta l’una all’altra, rese ormai parte di un unico mondo.